Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34072 del 27/06/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 34072 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CHIRICO NICOLA RINUNCIANTE N. IL 17/02/1968
avverso l’ordinanza n. 167/2014 TRIB. LIBERTA’ di LECCE, del
07/03/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA
4e/sentite le conclusioni del PG Dott. A-1 A-19-UL o
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051-QAUSIA-A.-

Data Udienza: 27/06/2014

Ritenuto in fatto
1.Con ordinanza resa in data 7 marzo 2014 il Tribunale di Lecce confermava
l’ordinanza del 28/1/2014, con la quale il G.I.P. del Tribunale di Brindisi aveva
applicato nei confronti di Nicola Chirico la misura della custodia cautelare in carcere
in quanto gravemente indiziato di omìcìdio pluriaggravato e di porto in luogo pubblico
di armi aggravato, commessi in Ostuni la notte tra 1’8/11/2007 ed il 9/11/2007.
1.1 A fondamento della decisione il Tribunale evidenziava l’acquisizione di un
compendio indiziario grave e significativo: ricostruiti gli esiti degli accertamenti
condotti durante le indagini preliminari, partiti dai rinvenimento in una strada

qualsiasi oggetto, del pregiudicato Cosimo Semeraro con numerose ferite in diverse
parti del corpo, inferte con oggetti contundenti ed armi da fuoco, ed in fondo alla
stessa strada della sua vettura, completamente bruciata, circostanze ritenute
indicative di un agguato perpetrato con professionalità e con l’intento di non lasciare
tracce, che potessero condurre all’individuazione dei responsabili, l’ordinanza
esponeva come altamente probabile l’utilizzo nell’azione omicidiaria di guanti di
plastica da parte di più esecutori, la riconducibilità ad uno di essi del frammento di
guanto, rinvenuto alle ore 11.00 del mattino seguente a pochi metri dal corpo
esamine della vittima, il distacco di tale lembo nel corso della violenta aggressione in
modo non notato dal possessore del guanto per la concitazione del momento e l’ora
notturna. Da tali premesse il Tribunale riteneva improbabile un inquinamento della
scena del crimine, stante la prossimità degli accertamenti medico-legali rispetto al
delitto, avvenuto tra le ore 23.00 dell’8 novembre e le ore 01.00 del 9 novembre e
particolarmente significativo l’avvenuto accertamento della piena compatibilità tra il
profilo genetico dell’indagato, prelevato da alcune tazzine da caffè consumate in un
locale pubblico dopo che lo stesso era stato individuato quale autore di una violenta
rapina commessa nella zona nell’aprile 2012, e quello estrapolato dalle tracce
biologiche rinvenute sul frammento di guanto e, in mistura con il profilo genetico
della vittima, sui pantaloni da questa indossati al momento della morte.
Ad avviso del Tribunale, l’individuazione nel Chirico di uno dei soggetti
partecipanti all’agguato mortale era giustificata:
-dalla pluralità di risultati ottenuti in termini di certezza su due distinti reperti,
rinvenuti subito dopo l’omicidio;
-dalla loro utilizzabilità, nonostante l’irripetibilità dell’indagine, in ragione
dell’avvenuto prelievo e successiva comparazione in un momento nel quale il Chirico
non era ancora indagato e si stava procedendo a carico di ignoti, il che aveva
impedito di attivare le garanzie difensive;
-dalla non plausibile spiegazione di tale corrispondenza con la collocazione casuale

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del DNA dell’indagato sui reperti in un momento diverso dall’aggressione, o per
effetto dell’attività deliberata di terzi, posto che l’interesse investigativo per la sua
persona era emerso in modo fortuito cinque anni dopo e che, se taluno avesse inte
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ponderale privata sterrata in c.da “Foggia nuova” di Ostuni del cadavere, privato di

seminare indizi a suo carico, l’avrebbe fatto in modo più diretto, significativo e di
immediata percezione;
-dall’assenza di spiegazioni alternative, non fornite dall’indagato, il quale si era
avvalso della facoltà di non rispondere.
Inoltre, riteneva che non esplicasse rilievo decisivo il mancato accertamento del
movente, ben potendo ipotizzarsi che l’indagato fosse stato soltanto incaricato da

terzi di uccidere in assenza di ragioni personali per farlo, cosa non improbabile stante
Il certo coinvolgimento della vittima nel traffico di droga per il rinvenimento,
occultato presso un box auto dell’abitazione di un cugino, del quantitativo di due
chilogrammi di cocaina.

gravi delitti contro la persona, desunto dalle modalità professionali e feroci
dell’azione criminosa e dalla negativa personalità del Chirico, rivelata dai precedenti
penali, gravi e specifici, e da quelli giudiziari, per cui, nonostante la distanza
temporale dai fatti, l’unica misura adeguata era reputata quella in esecuzione.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’indagato a
mezzo del suo difensore dì fiducia, il quale ne ha chiesto l’annullamento per
violazione e/o erronea interpretazione di norma processuale in relazione agli artt.
273, 292 cod.proc.pen. e per mancanza, contraddittorietà e/o illogicità di
motivazione. Il Tribunale non aveva dato conto delle ragioni per le quali aveva
ritenuto non meritevoli di accoglimento le specifiche argomentazioni difensive,
sviluppate con l’atto di riesame e nella memoria, contenente motivi nuovi, a
contestazione della gravità indiziaria, ma si era limitato a ripetere in modo acritico
quanto esposto nell’ordinanza genetica, a sua volta redatta sulla scorta della richiesta
di applicazione della misura, presentata dal P.M. In particolare:
-non aveva rilevato che a carico del ricorrente erano state acquisite soltanto mere
ipotesi investigative, non riscontrate da alcun elemento di prova;
-i dati ricavati dalle analisi biologiche non erano significativi, in quanto, in assenza di
testimoni o di altri fonti di prove diverse, non poteva escludersi che il frammento di
guanto fosse stato lasciato in quel luogo in altro momento a causa di un passaggio
casuale anche da parte dei ricorrente, senza che egli avesse preso parte
all’aggressione, anche perché il ritrovamento era avvenuto a diverse ore di distanza
dalla morte e la posizione del frammento era a cinque metri dai corpo;
-con riferimento all’altro reperto, costituito dai pantaloni jeans indossati dal
Semeraro, la presenza del profilo genetico era stato valorizzato in modo illogico sulla
base di un criterio quantistico, per cui il dubbio era stato escluso per la presenza di
due tracce biologiche senza che nessun elemento consentisse di escludere che tali
tracce fossero state lasciate in un momento diverso ed avulso dall’omicidio e
l’esclusione di tale evenienza era stata affermata in modo apodittico;
-il rilievo sull’esercizio da parte dell’indagato della facoltà di non rispondere era in
contrasto con le garanzie difensive, riconosciuta all’indagato/imputato in qualsiasi

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In punto di esigenze cautelari, ravvisava l’elevato pericolo di reiterazione di

stato e grado del procedimento, mentre spetta all’accusa indicare gli elementi
probatori a carico;
-l’assenza di movente era stata sottovalutata e colmata con osservazioni ipotetiche
sul conferimento del mandato omicidiario, da parte di terzi, possibilità non riscontrata
da alcun elemento di prova;
-la ritenuta utilizzabilità dei risultati degli accertamenti genetici non aveva
considerato che, all’atto del prelievo delle tazzine da caffè utilizzate dal ricorrente,
l’accertamento mirava ad individuare eventuali responsabilità penali non di ignote,
ma del Chirico, le cui prerogative difensive erano state violate.
Pertanto, il ricorrente concludeva che quella avanzata dal Tribunale era soltanto

novembre 2007, in assenza di alcuna prova, nemmeno indiziaria che collegasse il
Chirico all’omicidio.

Considerato in diritto

Il ricorso è infondato e va dunque respinto.
1.In primo luogo va dichiarato inefficace l’atto di rinuncia al ricorso, proveniente
dai difensori deli’indagato, non muniti di procura speciale, in assenza di sottoscrizione
da parte di questi (Cass. sez. 1, n. 29202 del 23/05/2013, Maida, rv. 256792; sez. 5,
n. 4429 del 27/11/2009, Mbaye, rv. 246152; sez. 1, n. 44612 del 16/10/2008, Frioni
e altri, rv. 241569). Pertanto, la dichiarazione di rinuncia non esime dall’esaminare il
merito dell’impugnazione.
2.L’iniziativa impugnatoria assunta dall’indagato s’impegna nel contestare la
carenza e la manifesta illogicità motivazionale in cui sarebbe incorsa l’ordinanza
impugnata in punto di gravità indiziaria, ma si limita a prospettare censure che,
seppur redatte con innegabile abilità, si risolvono, di volta in volta, o in motivi
infondati, oppure richiedenti la rivisitazione dell’analisi delle risultanze investigative
da parte di questa Corte, che, come è noto, invece, non può mai sovrapporre il
proprio giudizio a quello dei giudici di merito, ma soltanto riscontrarne la manifesta
illogicità, se realmente sussistente.
2.1 La decisione assunta dal Tribunale ritiene altamente probabile che il Chirico
abbia preso parte all’esecuzione dell’omicidio di Cosimo Semeraro, -ricostruito nella
sua materialità quanto a tempi, luogo e modalità di consumazione sulla base dei dati
degli accertamenti condotti dalla polizia giudiziaria e da quelli medico-legali-, in forza
dell’accertata completa identità tra il suo profilo genetico e quello estrapolato dalle
tracce biologiche presenti sui due reperti, costituiti dal frammento di guanto,
rinvenuto sul luogo di consumazione del delitto e dai pantaloni della vittima.
2.2 Al riguardo, si ritiene di dover disattendere le censure formulate in punto di
inutilizzabilità dei risultati degli accertamenti biologici: il ricorrente ribadisce la
lesione dei propri diritti difensivi, in quanto l’avvenuta distruzione dei reperti biologici
nel corso delle operazioni compiute dal R.I.S. dei Carabinieri impediva la possibilità /
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una delle possibili ricostruzioni di quanto avvenuto nella notte tra 1’8 ed il 9

chiedere ed espletare perizia nelle forme dell’incidente probatorio, creando una
difficoltà insuperabile alla difesa, mentre la comparazione con il profilo genetico del
ricorrente era avvenuta in un momento nel quale egli era già indagato.
2.2.1 In primo luogo, va richiamata la distinzione, presente nella giurisprudenza
di questa Corte (Cass. sez. 6, n. 10350 del 6/2/2013, Granella, rv. 254589; sez. 2,
n. 2087 del 10/01/2012, Bardhaj e altri, rv. 251775; sez. 2, n. 34149 del
10/7/2009, Chiesa ed altri rv. 244950; sez. 1, nr. 14852 dei 31/1/2007, Piras ed
altri, rv. 237359) tra rilievi ed accertamenti, consistendo i primi nell’attività esecutiva
di raccolta di dati pertinenti al reato, i secondi nel loro studio e nella loro valutazione
secondo criteri tecnico – scientifici; soltanto rispetto a questi ultimi viene in rilievo e

suscettibili di modificazione, sia perché determinanti la distruzione del reperto, in
ogni caso impedendo la ripetizione futura dell’indagine.
Nel caso in esame le operazioni di estrazione del profilo genetico dal materiale
organico rilevato sui reperti, attività richiedente cognizioni specifiche, ha dato luogo
ad accertamento tecnico irripetibile ai sensi dell’art. 360 cod. proc. pen. per
l’intervenuta distruzione delle tracce biologiche, ma senza che all’atto del
compimento di detta attività fosse stato possibile attivare le garanzie difensive per
essere state all’epoca le investigazioni condotte a carico di ignoti in un momento
storico nel quale non erano emersi indizi di reità a carico di alcuno, nemmeno del
Chirico, il che ha determinato un impedimento assoluto a procedervi nel
contraddittorio con la difesa e la legittima utilizzazione probatoria nei confronti di chi
soltanto dopo molti anni ha assunto la qualità di indagato (Cass. sez. 4, n. 36280 del
21/06/2012, Forlani e altri, rv. 253564; sez. 2, n. 45929 del 24/11/2011, Cocuzza,
rv. 251373; sez. 2, n. 37708 del 24/09/2008, Vastante, rv. 242094).
2.2.2 Quanto alle modalità di acquisizione degli oggetti, dai quali in separato
procedimento penale era stato prelevato il dna dell’indagato dai residui organici in
essi presenti, tale attività rientra nell’acquisizione di cose pertinenti al reato, è priva
di qualsiasi profilo di invasività nella sfera privata del soggetto perché verte su
oggetti da esso separati ed è preliminare alla conduzione di accertamenti tecnici,
sicchè il suo compimento non impone il rispetto delle garanzie difensive, che, invece,
devono essere osservate per le successive operazioni di comparazione quando

abbiano natura irripetibile. Tanto deve però essere escluso nel presente caso, dal
momento che lo studio comparativo tra il profilo genetico estrapolato dai reperti e
quello dell’imputato costituisce attività ripetibile in futuro alla presenza del difensore
e di un suo eventuale consulente, sia mediante nuovo accertamento di parte, sia
mediante perizia da svolgersi al dibattimento, non comportando consumazione dei
materiali a raffronto ed potendosene sempre acquisire dall’indagato di ulteriore,
anche in via coattiva ai sensi dell’art. 349 cod. proc. pen., comma 2-bis.
2.2.3 Va soltanto aggiunto che i giudici di merito hanno fondatamente
assegnato rilievo decisivo agli accertamenti genetici, che costituiscono prova in senso
proprio e non mero indizio, in ragione della loro capacità dimostrativa, discendente
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va apprezzato il requisito dell’irripetibilità, sia in quanto effettuati su oggetti

da elevatissime ricorrenze statistiche, tali da escludere razionalmente la possibilità di
errore identificativo, che del resto non viene nemmeno prospettata dal ricorrente
(Cass. sez. 1, n. 48349 del 30/06/2004, Rizzetto, rv. 231182; sez. 2, n. 8434 del
05/02/2013, Mariller, rv. 255257).
3. Ciò posto, il ricorrente sostiene che il rilievo assegnato dai Tribunale agii esiti
delle indagini molecolari non sarebbe oggetto di logica valutazione perché la

presenza dei frammento di guanto non era in sé significativa e il proprio profilo
genetico sui pantaloni della vittima era considerato solo sotto il profilo della
ricorrenza quantitativa della compresenza nel luogo del delitto di due tracce
biologiche che riconducevano alla sua persona. In realtà, l’esponente si limita a

ed a proporre una lettura alternativa ed in termini di mera eventualità congetturale di
tali risultanze, a suo dire altrettanto plausibilmente significative di un proprio
passaggio casuale nella zona dopo l’omicidio e di un contatto con l’ucciso al di fuori
del contesto di commissione del crimine. In tal modo però il ricorso prospetta
soltanto un’eventualità sfornita di qualsiasi riscontro concreto, non sostenuta
nemmeno nell’interrogatorio di garanzia dall’indagato personalmente ed indica
circostanze di fatto sull’ubicazione del frammento di guanto ed il suo rinvenimento
dieci ore dopo il delitto che il Tribunale ha già considerato, ritenendole in modo logico
tali da non recidere il legame con l’aggressione, tenuto conto delle sue modalità e del
luogo isolato in piena notte ove si era svolta; non spiega poi la peculiarità della
presenza sui pantaloni della “mistura” di materiale biologico, contenente mischiati tra
loro il profilo genetico della vittima e dell’indagato, sintomatico di un contatto
violento tra di loro e che oggettivamente connette la sua persona all’aggressione,
svoltasi con percosse reiterate inflitte al capo e ad altre parti del corpo quando la
vittima era ancora in posizione eretta e poi con plurimi colpi di pistola, secondo i dati
medico-legali.
Del resto nel momento in cui il ricorrente assume che quella del Tribunale è una
soltanto delle possibili ricostruzioni della vicenda e la critica come Illogica senza al
tempo stesso prospettare una spiegazione diversa in termini di certezza, corredata
da riferimenti specifici, ma da mere e vaghe possibilità di una perdita causale dei
frammento di guanto dopo l’omicidio e di un contatto altrettanto causale con il
materiale corporeo della vittima prima del delitto ed a prescindere da questo, incorre
nella sanzione dell’inammissibilità, perché non confuta i passaggi argomentativi in cui
il discorso giustificativo si articola e pretende da questa Corte un diverso
apprezzamento delle circostanze di fatto, che, come già detto, non è consentito nel
giudizio di legittimità.
Infine, anche la doglianza riguardante il mancato accertamento del movente del
delitto ha già trovato adeguata replica nell’ordinanza impugnata, che ne ha rilevato la
superfluità, posto che il Chirico poteva essersi limitato ad eseguire l’incarico a altri
impartitogli per motivazioni non a lui appartenenti in prima persona.

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criticare in modo aspecifico l’apparato argomentativo del provvedimento impugnato

Per le ragioni esposte il ricorso va respinto con la conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del presente provvedimento al
Direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Così deciso in Roma, il 27 giugno 2014.

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