Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34055 del 13/06/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 34055 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
NICODEMO GAETANO N. IL 10/05/1966
avverso l’ordinanza n. 2128/2012 TRIBUNALE di SALERNO, del
30/10/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;
1 ne/sci:gite le conclusioni del PG Dott. Vu;

celt’fvdo Q.ÒJv’,A0)w /aula/A-fui

Uditi di nsor

Avv.;

Akm

Data Udienza: 13/06/2014

Ritenuto in fatto
1.Con ordinanza resa il 30 ottobre 2013 il Tribunale di Salerno ricusava di
sollevare conflitto positivo di competenza a giudicare nei confronti dell’imputato
Gaetano Nicodemo per i reati contestatigli nel procedimento nr. 9926/2011 r.g.n.r.,
ritenendo insussistente una situazione dì conflitto con altra autorità giudiziaria e
disponendo procedersi oltre nella trattazione del procedimento, in quanto presso lo
stesso Tribunale in composizione monocratica era pendente il giudizio nr.

rientranti nell’imputazione elevata nel proprio procedimento.
2. Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione l’imputato
a mezzo del suo difensore, il quale ne ha dedotto l’abnormità per avere il Tribunale
negato il conflitto, pure ipotizzabile anche in caso di contrasto emerso nell’ambito
dello stesso Tribunale tra collegio e giudice monocratico, a fronte di una situazione
di stasi processuale, riconducibile alle ipotesi dei casi analoghi di cui all’art. 28 cod.
proc. pen., comma 2. Inoltre, il ricorrente ha ricordato che la giurisprudenza di
legittimità riconosce l’ammissibilità del conflitto anche in caso di continenza, ossia
di regiudicande solo parzialmente identiche perché una più ampia, comprensiva
anche di quella pendente innanzi ad altro giudice, in modo tale da far concentrare
la competenza in capo all’autorità giudiziaria chiamata a pronunciarsi sul fatto di
maggiore ampiezza. Ad una tale pronuncia il ricorrente era interessato per non
dover sostenere gli oneri di difesa in due distinti procedimenti per i medesimi fatti
illeciti con la conduzione della medesima istruttoria e dispendio conseguente di
attività processuale, mentre il Tribunale non avrebbe potuto pronunciarsi sulla
fondatezza o meno della denuncia di conflitto, compito riservato alla Corte di
Cassazione, alla quale avrebbe dovuto limitarsi a trasmettere gli atti.
3.

Con requisitoria scritta depositata il 19 febbraio 2014 il Procuratore

Generale presso la Corte di Cassazione, dr. Vincenzo Geraci, ha chiesto dichiararsi
inammissibile il ricorso, in quanto proposto avverso provvedimento emesso
nell’esercizio dei poteri cognitivi del giudice e non determinante l’arresto del corso
del procedimento, mentre l’eventuale sua illegittimità dovrà trovare rimedio
mediante l’esperimento degli ordinari mezzi d’impugnazione.

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile.
1. E’ configurabile una situazione di conflitto di competenza, rilevante secondo
quanto prescritto dall’art. 28 cod.proc.pen., comma 1, lett. b) nel caso in cui due
diverse autorità giudiziarie abbiano espresso volontà contrastanti in ordine al
medesimo procedimento a carico di imputato chiamato a rispondere dello stess
1

3548/2012 r.g.n.r., avente ad oggetto alcuni episodi di truffa, solo parzialmente

reato, nel senso che esse abbiano contemporaneamente preso o rifiutato di
prenderne cognizione. Presupposto necessario di un procedimento incidentale di
conflitto è la situazione di contrasto, che cagiona un arresto del corso del
procedimento, risolvibile soltanto con l’intervento della Corte regolatrice.
1.1 Da tali premesse discende che soltanto il giudice può sollevare conflitto,
mentre alle parti è consentito denunciare con apposito atto la situazione di
contrasto che sia già emersa dagli atti e quindi che sia reale ed effettiva, non

Trib. Grosseto e Pret. Grosseto in proc. Lenzi, riv. 195742). Pertanto, e
diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, quando le parti abbiano proposto
denuncia di conflitto, il giudice ricevente non è tenuto all’automatica trasmissione
degli atti alla Corte di Cassazione, ma deve verificare se il suo contenuto risponda
alla previsione di cui all’art. 28 cod.proc.pen., ossia se venga in essa rappresentato
il contrasto nelle determinazioni assunte da due giudici sulla competenza a
provvedere per avere essi realmente preso cognizione o negato di farlo in
riferimento allo stesso fatto di reato attribuito alla medesima persona.
1.2 Tale condizione non si verifica se la parte, al di là della denominazione
assegnata all’atto, non denunci un conflitto già emerso ed attuale, ma si limiti a
sollecitare il giudice perché dia luogo alla situazione di conflitto, contestando la
competenza di altro giudice (Cass. sez. 1, n. 14006 del 22/02/2007, confl. comp. in
proc. Sarcinelli e altro, rv. 236368; sez. 1, n. 4092 dell’11/1/2013, confl. comp. in
proc. Stingaciu ed altri, rv. 25489; sez. 1, n. 113 del 30/11/2012, confl. comp. in
proc. Lopez ed altri, rv. 254260). In tal caso, il giudice così sollecitato, se ritiene di
aderire alle indicazioni della parte, non può direttamente rimettere gli atti alla Corte
di Cassazione, ma deve pronunciare ordinanza ai sensi dell’art. 30 cod.proc.pen.,
comma 1, con la quale solleva formalmente il conflitto di competenza; se, al
contrario, ritenga di disattendere la sollecitazione di parte, deve considerare l’atto
alla stregua di una comune eccezione di incompetenza o di una generica richiesta,
formulata ai sensi dell’art. 121 cod.proc.pen. (sez. 1, n. 3507 del 27/9/1994, confl.
comp. Pret. e Trib. Massa in proc. Camusi, rv. 200045).
2. Tale seconda situazione si è verificata nel caso in esame, nel quale dagli
atti del procedimento -consultabili direttamente da questa Corte, stante la natura
processuale della questione sollevata col ricorso- risulta che l’imputato Nicodemo
nel procedimento nr. 9926/2011 r.g.n.r., pendente innanzi al Tribunale di Salerno
in composizione collegiale, è stato chiamato a rispondere unitamente ad altri cinque
soggetti del delitto di cui all’art. 416 cod.pen e di diverse truffe tentate e
consumate, commesse nel periodo dal 2007 al 5/2/2008, mentre nel procedimento

/

nr. 3548/2012 r.g.n.r., in corso di celebrazione innanzi allo stesso Tribunale in
composizione monocratica, gli è stato contestato il delitto di truffa continuata,4_,

2

meramente potenziale (Cass., sez. 1, nr. 4493 del 3/12/1993, confl., comp. P.M.

commessa con analoghe modalità esecutive, ossia mediante l’induzione con metodi
ingannatori degli utenti di telefoni cellulari ad effettuare chiamate generatrici di
traffico telefonico con un danno economico di 15 euro a chiamata e l’utilizzo da
parte dell’imputato di numerazioni anche diverse da quelle mediante le quali erano
state perpetrate le diverse truffe in contestazione nel procedimento penale
pendente innanzi allo stesso Tribunale collegiale. Tanto realizza una situazione di
continenza, in forza della quale i fatti di reato contestati in un processo sono

Il Tribunale con l’ordinanza impugnata, seppure, una volta ricevuta la
denuncia formulata dalla difesa dell’imputato, ha errato nell’escludere in assoluto la
configurabilità del conflitto tra collegio e giudice monocratico, che pur in astratto
può verificarsi e richiedere una regolamentazione da parte del giudice di legittimità
nei casi in cui determini una stasi procedimentale, non altrimenti risolvibile (Cass.
sez. 1, n. 45247 del 22/10/2003, Patanè, rv. 226819; sez. 1, n. 6767 del
13/12/2001, Confl. comp. in proc. Barone, rv. 220952; sez. 1, n. 17488 del
21/03/2001, Conflitto di comp. in proc. Zizolfi e altri, rv. 218776), ciò nonostante,
nel caso specifico ha reso decisione non censurabile in questa sede per varie ragioni
concorrenti.
2.1 In primo luogo, sulla scorta dei dati conoscitivi sopra esposti, il ricorrente
avrebbe potuto e dovuto rappresentare la questione del rapporto di continenza tra
le due regiudicande al giudice monocratico, al fi ne di provocarne una decisione, che
per iniziativa di questi investisse il collegio della cognizione anche dei fatti contenuti
nell’imputazione più ampia, concentrando in un unico procedimento gli addebiti
mossi all’imputato (Cass. sez. 1, n. 1512 del 11/12/2007, Confl. comp. in proc.
Capoluongo, rv. 238815; sez. 1, n. 19368 del 20/04/2012, Confl. comp. in proc.
Perrone, rv. 253342).
2.2 Non essendosi attivato in tal senso, non gli è consentito impugnare
l’ordinanza che ha affermato la competenza del Tribunale; invero, devono
richiamarsi principi ormai consolidati, secondo i quali il sistema processuale non
consente, per la regola di tassatività dei mezzi di gravame, l’immediata ricorribilità
al giudice di legittimità delle ordinanze che decidono in via incidentale sulla
competenza del giudice adito, poiché il controllo su tali decisioni deve svolgersi in
sede d’impugnazione contestualmente al riesame della sentenza che definisce il

grado nel quale sono pronunziate. Né tale limitazione può superarsi in modo
surrettizio con la denuncia di conflitto, proposta per sollecitare alla Corte Suprema
una pronuncia anticipata con effetti risolutivi di questioni afferenti la pretesa
violazione delle regole di individuazione del giudice (Cass. sez. 1, n. 26829 del
15/04/2011, Confl. comp. in proc. Consorte e altri, rv. 250873).

3

ricompresi nell’accusa mossa in altro giudizio, che però è di contenuto più ampio.

2.3 Né tale ostacolo può ritenersi superato mediante la denuncia
dell’abnormità del provvedimento impugnato. E’ noto che quale categoria giuridica
quella dell’atto abnorme non è oggetto di previsione normativa, ma è frutto di
elaborazione giurisprudenziale, ispirata dall’intento di superare il principio della
tassatività dei mezzi di impugnazione e di individuare un rimedio, il ricorso per
cessazione, contro provvedimenti che, pur non essendo oggettivamente
impugnabili, siano inficiati da anomalie genetiche o funzionali così radicali da porsi

Sez. U, n. 11 del 09/07/1997, P.M. in proc. Quarantelli, rv. 208221; Sez. U, r,. 17
del 10/12/1997, Di Battista, rv. 209603; Sez. U, n. 26 del 24/11/1999, Magnani,
rv. 215094; Sez. U, n. 33 del 22/11/2000, P.M. in proc. Boniotti, rv. 217244; Sez.
U, n. 4 del 31/01/2001, P.M. in proc. Romano, rv. 217760; Sez. U, n. 22909 del
31/05/2005, P.M. in proc. Minervini, rv. 231163; Sez. U, n. 5307 del 20/12/2007,
P.M. in proc. Battistella, Rv. 238240). In tali situazioni il ricorso per cassazione
costituisce l’unico strumento processuale esperibile per contrastare un
provvedimento giudiziale che, per la sua singolarità, si pone al di fuori del sistema
giuridico e non è suscettibile di inquadramento nei tipici atti processuali, investendo
in questi casi l’abnormità il profilo strutturale dell’atto, oppure che, pur costituendo
in astratto manifestazione di un legittimo potere, sia pronunciato al di fuori dei casi
consentiti e delle ipotesi previste e determini una stasi irrimediabile del processo,
arrestato nel suo procedere o fatto regredire ad una fase antecedente. Si parla
allora di abnormità funzionale con riferimento agli effetti dell’atto processuale ( ex
multis: sez. 5, n. 18063 del 19/01/2010, P.G. in proc. Mazzola, rv. 247137; sez. 4,
n. 25579 del 12/05/2010, Ghiglione, rv. 247844; sez. 6, n. 22499 del 17/02/2011,
P.M. in proc. Bianchini e altri, rv. 250494).
2.4 Tanto premesso, il Collegio ritiene che il Tribunale, seppur in modo non
corretto e giuridicamente fondato, abbia certamente esercitato i poteri di cognizione
che l’ordinamento gli assegna allorchè ha affermato la propria competenza e
l’insussistenza della situazione di conflitto prospettata dalla parte in ragione della
non perfetta e completa corrispondenza dei fatti di reato, ascritti allo stesso
imputato, nei due procedimenti penali pendenti e ha ravvisato al più una situazione
di connessione qualificata per continuazione, rilevante ai sensi dell’art. 12 lett. b)
cod. proc. pen.. Inoltre, dalla decisione assunta non è derivato nemmeno l’arresto
dell’ordinario progredire del rapporto processuale, dal momento che l’istruttoria si
era già esaurita ed il giudizio era approdato alla fase della discussione, per il cui
svolgimento il Tribunale ha disposto procedersi oltre.
2.5 Non resta dunque che condividere i puntuali rilievi, sviluppati dal P.G.
nella sua requisitoria: anche qualora la statuizione sulla competenza, assunta dal
Tribunale, non fosse coerente con i parametri normativi di riferimento, ciò
4

in difformità rispetto a qualsiasi schema legale, previsto dall’ordinamento (Cass.

nonostante tale contrasto e la conseguente illegittimità della decisione non
costituiscono fondato motivo di abnormità dell’ordinanza, né fonte per l’imputato di
un pregiudizio non rimediabile, ma potrà costituire motivo di doglianza da far valere
con la proposizione dell’appello avverso la sentenza conclusiva del giudizio in quel
grado. E comunque è consentito alla difesa sollevare la situazione di `‘bis in idem”
parziale davanti al giudice monocratico o sollecitarlo a spogliarsi della competenza,
ossia provocare la pronuncia di un provvedimento, che risolva la situazione di

Per le considerazioni svolte il ricorso va dichiarato inammissibile con la
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ma, in
relazione alla peculiarità della situazione ed alle questioni proposte, non si ritiene di
dover condannare il ricorrente al versamento di alcuna somma a favore della Cassa
delle Ammende.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
Così deciso in Roma, il 13 giugno 2014
Il Consigliere estensore

Il Presidente

parziale litispendenza in atto.

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