Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34046 del 16/04/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 34046 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: ROCCHI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LUCISANO GIUSEPPE N. IL 24/01/1983
LUCISANO ANGELA N. IL 08/05/1986
avverso l’ordinanza n. 43/2012 CORTE ASSISE APPELLO di
REGGIO CALABRIA, del 19/06/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI;
lette/yrfite le conclusioni del PG Dott. t\hThf 75-1.,\

Uditi difensor vv.;

Data Udienza: 16/04/2014

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di assise di appello di Reggio Calabria, in funzione di giudice
dell’esecuzione, con ordinanza del 19/6/2013 respingeva l’opposizione proposta
da Lucisano Giuseppe e Lucisano Angela, quale terza interessata, avverso il
provvedimento con cui era stato disposto il sequestro preventivo e la contestuale
confisca, ex art. 321 cod. proc. pen. e 12 sexies d.l. 306 del 1992 di tre polizze
vita stipulate nel 2003 e nel 2005 e intestate rispettivamente a Lucisano
La Corte territoriale respingeva la doglianza fondata sulla asserita
incompetenza a provvedere del giudice dell’esecuzione, ribadita anche dalle
Sezioni Unite di questa Corte; rilevava che Lucisano Giuseppe era stato
condannato in via definitiva per associazione per delinquere finalizzata al
narcotraffico, reati in materia di armi ed altro, commessi nel 2005, reati per i
quali è prevista la speciale confisca ex art. 12 sexies d.l. 306 del 1992;
osservava che i redditi dichiarati dal nucleo familiare non giustificavano gli
investimenti effettuati dallo stesso nucleo, poiché tale nucleo non aveva alcuna
capacità di produrre risparmio, essendo il reddito prodotto insufficiente al
fabbisogno di tutti i componenti; riteneva che la documentazione prodotta in
sede di opposizione – ivi compreso il certificato di liquidazione di danni per un
sinistro stradale – non fornisse una giustificazione credibile della provenienza del
denaro, in particolare dell’elargizione da parte del padre Lucisano Leone,
deceduto nel 2005 (la Corte sottolineava che due delle tre polizze erano state
stipulate sei mesi dopo la sua morte); ribadiva la irrilevanza del requisito della
pertinenzialità del bene rispetto al singolo reato per cui si è proceduto;
concludeva nel senso che l’investimento nei prodotti assicurativi doveva ritenersi
frutto del reimpiego di risorse accumulate illecitamente, tenuto conto della
vicenda giudiziaria di cui Lucisano si era reso protagonista e della natura dei
reati per i quali aveva riportato condanna.
2.

Ricorrono per cassazione Lucisano Giuseppe e Lucisano Angela,

deducendo violazione di legge e vizio di motivazione.
La Corte territoriale aveva solo apparentemente valutato le argomentazioni
difensive, in realtà ignorandole: eppure era stata dimostrata la solida
capacità reddituale di Lucisano Leone, padre dei ricorrenti; era stata prodotta
certificazione di liquidazione dei danni da incidente stradale in favore del
condannato ed era stata illustrata la riconduzione dei cespiti sequestrati alla
disponibilità di Lucisano leone, da destinare equamente ai figli che, dopo la
morte del padre, avevano provveduto a versarli per l’emissione delle polizze
2

Giuseppe, Lucisano Angela e Martelli Maria.

assicurative. Le autovetture acquistate nel 2001 e nel 2003 menzionate
nell’ordinanza impugnata erano state pagate ratealmente e ciò era possibile
proprio per la capacità di Lucisano Leone di produrre risparmio, disponendo egli
di regolare lavoro.
Non era casuale che i premi investiti dai figli dopo la morte di Lucisano
Leone fossero di pari entità.
La capacità reddituale della famiglia Lucisano, nel periodo preso in
considerazione, ammontava ad euro 200.000, cosicché gli investimenti erano

I ricorrenti deducono, altresì, l’assenza di motivazione con riferimento alla
posizione della terza interessata, mancando l’indicazione di seri indizi dai quali
affermare con certezza che essa si fosse prestata alla titolarità apparente dei
cespiti sequestrati al solo fine di favorirne la effettiva disponibilità in capo al
condannato.
I ricorrenti concludono per l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza
impugnata.

3. Il Procuratore Generale, nella requisitoria scritta, conclude per il rigetto
del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere rigettato.
La Corte territoriale ha preso in considerazione tutti gli elementi che la
difesa, in sede di opposizione, aveva evidenziato: il certificato di liquidazione del
risarcimento dei danni a favore di Lucisano Giuseppe (di importo modesto) e i
redditi di tutti i componenti della famiglia nel periodo preso in considerazione.

In ricorso – così come avevano fatto in sede di opposizione – i ricorrenti
evocano la somma di euro 200.000, che costituirebbe il reddito complessivo
del nucleo familiare: ma, a ben vedere, si tratta dalla sommatoria dei redditi
dichiarati da tutti i componenti del nucleo familiare dal 1997 al 2010.
Tale cifra risulta del tutto inutile ai fini della valutazione richiesta dall’art.
12 sexies d.l. 306 del 1992: come affermato da questa Corte, infatti, al fine di
disporre la confisca conseguente a condanna per uno dei reati indicati nell’art.
12 sexies, d.l. 8 giugno 1992 n. 306, è necessario, da un lato, che, ai fini
della “sproporzione”, i termini di raffronto dello squilibrio, oggetto di rigoroso
accertamento nella stima dei valori economici in gioco, siano fissati nel reddito
dichiarato o nelle attività economiche non al momento della misura rispetto

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leciti e proporzionali.

a tutti i beni presenti, ma nel momento dei singoli acquisti rispetto al valore
dei beni di volta in volta acquisiti, e, dall’altro, che la “giustificazione” credibile
consista nella prova della positiva liceità della loro provenienza e non in quella
negativa della loro non provenienza dal reato per cui è stata inflitta condanna
(Sez. U, n. 920 del 17/12/2003 – dep. 19/01/2004, Montella, Rv. 226491).
Il giudice ha applicato correttamente questo principio, facendo riferimento
alla nota della D.I.A. del 22/6/2012 che, tenendo conto dei flussi di reddito di
ciascun componente del nucleo familiare – ivi compreso il defunto Lucisano
conseguente impossibilità di produrre risparmio.
In effetti, occorreva verificare se al momento dell’acquisto delle due polizze
assicurative (9/9/2005), le somme utilizzate dai due ricorrenti fossero attribuibili
al reddito in precedenza dichiarato dai componenti del nucleo e al conseguente
risparmio: e la Corte territoriale ha ritenuto, con motivazione niente affatto
illogica, che tale attribuzione non fosse possibile.
La contestazione proposta in ricorso risulta così del tutto generica: si
ribadisce che il reddito regolare di Lucisano Leone era in grado di produrre
risparmio, ma non si contesta nemmeno il contenuto della nota della D.I.A. su
cui la Corte territoriale ha fondato la sua valutazione.
Anche la censura concernente l’omessa motivazione in ordine alla posizione
di Lucisano Angela è infondata: come emerge dalla lettura del provvedimento
impugnato, ella era convivente con il padre, la madre e il fratello Lucisano
Giuseppe fino al 2008 e aveva iniziato a produrre redditi propri solo nel 2004:
non vi era, quindi, alcun dubbio che la somma investita di euro 8.630 il 9/9/2005
non provenisse dal suoreddito personale.
Del resto, è la stessa ricorrente a sostenere che tale somma proveniva dal
defunto padre: ma, appunto, la motivazione dell’ordinanza impugnata afferma
l’incapacità di Lucisano Leone di produrre risparmio, tenuto conto dei suoi redditi
e di quelli degli altri componenti del nucleo familiare, e ne deduce la mancanza di
giustificazione delle somme investite.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna

i ricorrenti al pagamento delle spese

processuali.
Così deciso il 16 aprile 2014

DEPOSITATA

Leone – ne aveva dimostrato l’insufficienza al fabbisogno del nucleo stesso e la

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