Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3404 del 13/11/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3404 Anno 2015
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da : Natoli Angelo, n. a Lampedusa e Linosa il 24/03/1966;

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Palermo in data 31/10/2013;

udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale M. Fraticelli, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Natoli Angelo ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello di
Palermo di conferma della sentenza del Tribunale di Agrigento di condanna per i
reati di cui agli artt. 44, lett. c) (capo a), 93 e 95 (capo b), 94 e 95 (capo c) del
d.P.R. n. 380 del 2001 e 181 del d.lgs. n. 42 del 2004 (capo d) in relazione alla
realizzazione di un immobile di 71 mq. e di un altro piccolo manufatto di circa 8
mq.

Data Udienza: 13/11/2014

2.

Con un primo motivo, lamentando violazione di legge e manifesta e

contraddittoria motivazione, dopo avere premesso che all’udienza del 30/6/2010
il P.M. aveva proceduto a correggere la data del capo b) della rubrica dal
20/01/2008 al 13/11/2008 facendo riferimento alla contestazione, quale fatto
nuovo, del reato di cui agli artt. 55 e 1161 c.n. (per avere realizzato le opere
entro la zona di 150 metri dal demanio marittimo), deduce che, essendovi stata

dovuto dichiarare, quale data del commesso reato, quella originaria del
20/01/2008; non avendolo fatto, la Corte d’Appello avrebbe dovuto
preliminarmente disporre la restituzione o trasmissione degli atti al Tribunale di
Agrigento per la rinnovazione del procedimento di primo grado.

3. Con un secondo motivo deduce la nullità della sentenza stante la mancata
citazione in giudizio come persone offese del Comune di Lannpedusa e Linosa e
dell’Ufficio del Genio civile di Agrigento.

4.

Con un terzo motivo lamenta poi come insieme a Natoli Angelo sia stata

imputata anche la sorella Natoli Nunziata, esclusiva proprietaria dell’edificio,
senza che nulla possa giustificare la personale responsabilità di Angelo e
ribadisce come la prescrizione, già maturata prima, dovesse essere dichiarata
dalla Corte d’Appello.

CONSIDERATO IN DIRITTO

5. Il primo motivo è manifestamente infondato.
La Corte territoriale ha infatti puntualmente motivato in ordine alla
individuazione della data di consumazione del reato, specificando che
l’accertamento dei lavori avvenne, quando gli stessi erano ancora in corso, alla
data del 13/11/2008 e che la correzione della data relativamente al capo b)
dell’imputazione fu effettuata proprio perché era stata erroneamente riportata
quella del 20/01/2008 in luogo, appunto, di quella del 13/11/2008 correttamente
indicata negli altri capi d’imputazione (ciò risultando, del resto, anche dal
frontespizio della sentenza di primo grado).

6. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile ex art. 606, comma 3, c.p.p.,
perché proposto, in questa sede, per la prima volta; in ogni caso, non può non
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assoluzione già in primo grado da tale ulteriore reato, il Tribunale avrebbe

constatarsi la mancanza di interesse alla proposizione del motivo : questa Corte
ha infatti già affermato che la nullità derivante dall’omessa citazione della
persona offesa non può essere eccepita dall’imputato, poiché egli manca di
interesse all’osservanza della disposizione violata, il cui unico scopo è quello di
consentire l’eventuale costituzione di parte civile al destinatario della citazione

7.

Il terzo motivo appare, infine, del tutto generico venendo rivendicata

l’estraneità ai fatti sulla base di una mancanza di interesse all’esecuzione delle
opere, senza che venga correlativamente censurata, in alcuna sua parte, la
sentenza impugnata; né può rilevare, stante l’inammissibilità dei motivi di
ricorso sin qui considerati, che preclude l’instaurazione del rapporto processuale
(cfr. Sez. U., n. n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266), la prescrizione dei
reati, in realtà maturata, considerato il

dies a quo

di cui sopra, solo

successivamente alla sentenza impugnata, ovvero, tenuto conto della
sospensione per astensione del Difensore dall’udienza del 22/03/2011, in data
14/01/2014.

8. In definitiva, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di
euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma, il 13 novembre 2014.

(cfr., Sez. 2, n. 12765 del 11/03/2011, Shehi, Rv. 250051).

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