Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34036 del 09/05/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 34036 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: ROCCHI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI NAPOLI
nei confronti di:
MATTIA FILIPPO N. IL 15/12/1963
avverso la sentenza n. 241/2013 GIP TRIB. MILITARE di NAPOLI, del
02/10/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI
Udito il Procuratore Generale in persona dell Dott.
che ha concluso per

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civile, l’Avv

Uditi dife sor Avv.

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Data Udienza: 09/05/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 2/10/2013, il Giudice dell’udienza preliminare del
Tribunale Militare di Napoli dichiarava non luogo a provvedere nei confronti di
Mattia Filippo, Brigadiere in servizio presso la Stazione di Caltagirone, imputato
di minaccia ad inferiore, per insussistenza del fatto.
All’imputato è contestato di avere minacciato l’appuntato scelto Pardi
Angelo con le seguenti frasi: “Ascolta un attimo sto venendo ti pesto i piedi ti sto

Il giudice ricostruiva il fatto: Madia si trovava di servizio automontato con
altro collega, mentre Pardi era l’operatore di turno della Centrale Operativa;
era emerso che egli dava indicazioni imprecise, talvolta con fare concitato o
con modalità percepite come arroganti. Le indicazioni riguardavano circostanze
di minima importanza, ma Pardi interloquiva con modi spicci con l’imputato,
rispondendogli addirittura a monosillabi, come a volerlo zittire; Mattia lo aveva
redarguito e invitato a tenere un atteggiamento più rispettoso e collaborativo.
In effetti – sulla base dell’ascolto della conversazione registrata – il Giudice
rilevava come l’atteggiamento dell’operatore della Centrale Operativa fosse
effettivamente irrispettoso, anche tenendo conto che la pattuglia era stata
fatta intervenire, nonostante il maltempo, in plurime occasioni. Si trattava, in
definitiva, di un “richiamo all’ordine”, sia pure vivace e colorito, un’intimazione
ad una leale collaborazione nell’espletamento del servizio; non si trattava
di parole di portata minacciosa e, del resto, nel prosieguo non vi erano stati
ulteriori contrasti, né l’imputato, tornato in caserma, aveva dato luogo a gesti
violenti.

2. Ricorre per cassazione il Procuratore Militare della Repubblica di Napoli,
deducendo violazione di legge e vizio della motivazione.
I rapporti di colleganza e confidenzialità tra colleghi non autorizzano,
comunque, un militare ad usare con un commilitone espressioni come quelle
pronunciate dall’imputato; si deve tenere conto anche del rapporto gerarchico;
lo stato psicologico dell’imputato poteva portare ad applicare un’attenuante, ma
non all’assoluzione; le frasi pronunciate integravano la prospettazione, sia pure
generica, di un male ingiusto e notevole, tenuto conto della qualifica di superiore
gerarchico dell’imputato. La condotta post delictum dell’imputato è circostanza
ininfluente, mentre la portata minacciosa della frase “ti pesto i piedi” sussiste
indubitabilmente.

2

dicendo … non ti devi permettere, sto arrivando in Centrale un attimo”.

Secondo il P.M., vi è spazio per un approfondimento dibattimentale alla
luce della possibilità di acquisire ulteriori informazioni sulla vicenda e sui due
protagonisti.
Il P.M. ricorrente conclude per l’annullamento con rinvio della sentenza
impugnata.

3. Il difensore dell’imputato ha depositato memoria, sottolineando,
preliminarmente che le censure sollevate dal Procuratore ricorrente attengono

derivandone l’inammissibilità del ricorso.
Il ricorrente pretende di indicare nuovi parametri e criteri di valutazione
dei fatti da preferire a quelli adottati dal G.U.P.: ma la sentenza ha una trama
argomentativa coerente e logica, immune da vizi.
In secondo luogo, il difensore sottolinea l’infondatezza del ricorso: mancava
nelle parole di Mattia la prospettazione di un male ingiusto nei confronti del
collega e la presunta persona offesa non aveva minimamente percepito alcun
pericolo potenziale: si era trattata di una battuta scherzosa tra amici, dopo
la quale i due militari avevano continuato a collaborare nel servizio, portato a
termine senza alcun intoppo.
Il difensore sottolinea, infine, che il Giudice dell’udienza preliminare non
aveva esorbitato dai propri compiti: aveva verificato la non idoneità degli
elementi acquisiti a sostenere l’accusa in giudizio e, di conseguenza, aveva
pronunciato sentenza di proscioglimento. Il parametro di riferimento era stato
esclusivamente quello della prognosi di inutilità del dibattimento.
Il difensore conclude per la declaratoria di inammissibilità o comunque per il
rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere rigettato.

Se è vero che il G.U.P. non si esprime sulla possibilità di un
approfondimento dibattimentale, il P.M. ricorrente non tiene conto di un dato
fondamentale: l’ascolto da parte del Giudice delle conversazioni tra i due militari
ed, in particolare, del passaggio che viene contestato come minaccioso.
Appare evidente che – poiché la contestazione riguarda specificamente

quella conversazione – in nessun modo l’escussione dibattimentale dei due
protagonisti dell’episodio potrebbe permettere un approfondimento, atteso che la
prova è stata valutata nella sua pienezza dal Giudice.

3

a valutazioni di merito che esulano dalla competenza della Corte di Cassazione,

Nel merito, la motivazione della sentenza impugnata è esente da manifesta
illogicità: premesso che le frasi pronunciate dall’imputato non hanno, di per
sé, portata univocamente e indiscutibilmente minacciosa, il Giudice le ha
valutate come non minacciose alla luce del complesso del rapporto che si era
instaurato durante il servizio tra operatore della Centrale Operativa e militare
in servizio sull’auto e anche del comportamento successivo, deducendo un
certo risentimento da parte del secondo per la condotta del primo e una forte
trascendessero in una minaccia.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
Così deciso il 9 maggio 2014
Il Consigliere estensore

sollecitazione ad una collaborazione migliore, senza che, peraltro, le espressioni

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