Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34033 del 24/04/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 34033 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FORLINI GIOVANNI N. IL 16/06/1961
avverso la sentenza n. 149/2012 CORTE MILITARE APPELLO di
ROMA, del 02/07/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/04/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MONICA BONI
Udito il Procuratore Gsnerale in persona del Dott. 4,u,\It Uhnt:0_ 4=eut.t.ati
che ha concluso per p /U , J10 oteR /ù ge

Udito, per la arte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv. t

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ita-2,

Data Udienza: 24/04/2014

Ritenuto in fatto

1.Con sentenza resa il 2 luglio 2013 la Corte militare di Appello riformava
parzialmente la pronuncia del 9 luglio 2012, con la quale il Tribunale militare di
Verona aveva dichiarato l’imputato Giovanni Forlini responsabile del reato ascrittogli
di “concorso in abbandono di posto o violata consegna” (artt. 110 cod. pen., 120,
commi 1 e 2, 47 n. 2 c.p.m.p.), contestatogli perché, nella qualità di maresciallo

“Piemonte” in Moncalieri, comandato di servizio di ordine pubblico presso la Reggia
di Venaria Reale in occasione di un concerto musicale, abbandonava il posto
assegnato con ordine di servizio nr. 48/7 del 12 luglio 2010 (ingresso di via Don
Sapino della Reggia) per trasportare all’interno dell’area del concerto, in almeno
due occasioni, alcune persone prive di biglietto o comunque violava la consegna,
non svolgendo il previsto servizio di ordine pubblico nel periodo di tempo utilizzato
per gli spostamenti col mezzo di servizio e lo aveva condannato alla pena di mesi
quattro di reclusione con i doppi benefici di legge e la pena accessoria della
rimozione dal grado. La Corte di Appello eliminava, invece, detta sanzione e
confermava nel resto l’impugnata sentenza, rilevando la superfluità della
rinnovazione dell’istruttoria chiesta dalla difesa in ragione della prova documentale
circa la consegna ricevuta dall’imputato e l’indiscussa acquisizione di elementi sul
comportamento dallo stesso tenuto; nel merito, ribadiva che la perentorietà della
consegna, indicativa dell’ingresso di via Don Sapino non come punto di adunata, ma
di svolgimento del servizio di ordine pubblico, non gli avrebbe consentito di
trasferirsi in luogo diverso dal posto assegnato, anche se da tale diversa posizione
lo avesse potuto controllare e se tale modalità costituisse quella migliore di
espletamento del servizio, l’irrilevanza della chiamata telefonica effettuata al centro
operativo e della condotta tenuta dopo il richiamo del cap. Capriolo, essendo in
contestazione quella antecedente.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato a
mezzo del difensore, il quale ha dedotto:
a) violazione di legge in relazione alle norme di cui agli artt. 54 e 79 r.d. 14.6.1932
n. 1169, agli artt. 216 e 217 regolamento generale dell’arma dei Carabinieri, all’art.
120 c.p.m.p., agli artt. 114,115 e 116 legge nr. 121/81. La Corte di appello non
aveva considerato che la consegna impartita al ricorrente non era costituita
dall’ordine di servizio del 12 luglio, quanto piuttosto dagli atti precedenti del
Questore e del Comando Provinciale Carabinieri di Torino, quest’ultimo dipendente
funzionalmente per l’impiego dal primo, sicchè l’unico ordine impartito dal
comandante del battaglione o della compagnia era quello di recarsi nel luogo
dell’adunata e la località Venaria, ingresso Don Sapino, costituiva soltanto il luogo

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aiutante dei Carabinieri in servizio presso il primo battaglione Carabinieri

di adunata delle forze impiegate nel servizio di ordine pubblico, mentre nel resto
era il comandante della compagnia Carabinieri di Venaria Reale a dover impartire
un ordine di servizio, ma questi per sua ammissione si era presentato ore dopo
l’arrivo dei militari al comando del ricorrente, il quale aveva disposto i propri uomini
in modo da controllare gli ingressi in concomitanza con l’afflusso degli spettatori e,
prima di spostarsi, aveva avvertito telefonicamente il centro operativo alla ricerca
del proprio superiore. Erroneamente

è stato ritenuto che egli non avesse avuto la

possibilità di spostarsi di pochi metri per andare alla ricerca del comandante e

Capriolo, si sono confusi i concetti di posto e di consegna, senza considerare che
l’abbandono di posto è una fattispecie qualificata della violazione di consegna e che
nel caso sino agli ordini dettati dal predetto capitano non era stata impartita alcuna
consegna ed il ricorrente era sempre rimasto all’interno della Reggia di Venaria in
prossimità del parcheggio Juvarra, per cui l’essersi allontanato di pochi metri
dall’ingresso su via Don Sapino per cercare il comandante o salutare la propria figlia
non assume alcun rilievo e non costituisce abbandono del posto.
b) Violazione di legge in riferimento agli artt. 190, 190-bis e 495 cod. proc. pen.,
degli artt. 24 e 111 Cost., dell’art. 6 paragrafo 3 CEDU per il diniego di rinnovazione
dell’istruttoria dibattimentale, frutto della negazione del contraddittorio e del diritto
di difesa, mentre i testi indicati nell’apposita e tempestiva lista avrebbero dovuto
dimostrare la verificazione di situazioni contingenti, quali l’assenza del capitano e le
sue protratte ricerche mediante comunicazioni via radio e chiamate al centro
operativo, nonché la pressione della folla degli avventori sulla zona di controllo dei
biglietti, tali da giustificare lo spostamento del ricorrente in altra posizione.
c) Nullità della sentenza ed erroneità dei criteri di valutazione del materiale
probatorio e vizio di motivazione circa l’utilizzo probatorio delle testimonianze rese
dal cap. Capriolo, dal maggiore Salvini e dal capitano Porta, dei quali il primo non
aveva rilevato alcuna irregolarità nella prestazione del servizio da parte di esso
ricorrente, mentre l’iniziativa l’aveva assunta il cap. Porta che però non aveva
consegnato personalmente il foglio definito ordine di servizio che in realtà era il
luogo di adunata. In modo erroneo anche i giudici di appello hanno ritenuto che il
ricorrente si fosse spostato per consentire ad alcuni civili di fare ingresso nell’area
recintata del concerto in modo gratuito o più agevolmente, senza però che egli,
nessuno dei suoi sottoposti o dei mezzi d’istituto fossero usciti dall’area della
manifestazione, per cui l’accusa era stata ritenuta provata sulla base di fumose ed
inattendibili dichiarazioni, riportate diffusamente, mentre alcuna attenzione era
stata dedicata alle prove a discarico.

Considerato in diritto

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l’irrilevanza dell’ottemperanza agli ordini impartitigli, quando presentatosi, dal cap.

Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
1.Per ragioni di ordine logico, prima ancora che giuridico e per il suo rilievo
potenzialmente dirimente, va affrontato in via preliminare il secondo motivo di
gravame.
1.1 La sentenza impugnata ha respinto le istanze di parziaie rinnovazione
dell’istruttoria, già avanzate dalla difesa, ritenendo che le testimonianze richieste
non fossero idonee ad apportare al processo informazioni rilevanti per la decisione

in ragione della natura dell’addebito mosso all’imputato, del fatto che la consegna
impartitagli era attestata da documenti già acquisiti al processo e di sicura
provenienza, di cui la prospettazione difensiva contestava soltanto il contenuto ed il
valore giuridico e della non controversa ricostruzione degli spostamenti effettuati
dall’imputato, essendo piuttosto divergente tra le parti l’indicazione delle ragioni
giustificative. Ha completato l’analisi della questione con il rilievo dell’ininfluenza
delle spiegazioni fornite dal ricorrente ed eventualmente confermabili attraverso le
testimonianze richieste per l’assorbente rilievo della impossibilità giuridica per
l’imputato di disattendere la consegna e scegliere modalità difformi di esecuzione
del servizio, anche in ragione del fatto che le presunte esigenze di trasferimento
non integravano eventi del tutto eccezionali e di particoiare allarme, nemmeno
dedotti e non ravvisabili in quelle situazioni “contingenti” indicate anche in ricorso.
1.2 E’ dunque evidente che difettano i profili di decisività, ma anche di
semplice rilevanza, delle prove non ammesse, dal momento che dalla loro
assunzione, secondo la valutazione effettuatane dai giudici di merito in modo logico
e ben argomentato, non avrebbe potuto discendere un diverso esito decisorio del
processo, condizionato dalla questione di diritto circa l’individuazione della
consegna e della sua efficacia vincolante per il militare che ne sia destinatario.
1.3 In punto di diritto è opportuno ricordare che la norma di cui all’art. 603
cod.proc.pen. in tema di rinnovazione dell’istruttoria in appello contiene previsioni
differenziate, a seconda che si tratti di prove preesistenti o concomitanti al giudizio
di primo grado, ovvero di prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio.
1.3.1 Nel primo caso, il giudice d’appello deve disporre la rinnovazione
dell’istruttoria dibattimentale solo se ritiene di non essere in grado di decidere allo
stato degli atti. Questa disciplina si fonda sul principio di presunzione relativa di
esaustività e completezza dell’indagine istruttoria condotta

nel grado precedente,

ed è oggetto di valutazione discrezionale del giudice d’appello, non rimessa alla
disponibilità delle parti processuali, sulle quali grava soltanto l’onere di allegazione,
ossia di indicazione dei mezzi di prova da assumere e della loro necessità; la
rinnovazione del dibattimento in appello è dunque delineata come istituto di
carattere eccezionale, al quale può farsi ricorso esclusivamente quando iliudi
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y

ritenga, nell’ambito dei suoi poteri di apprezzamento discrezionale, di non potere
decidere sulla base degli elementi già acquisiti. Pertanto, quando le richieste della
parti siano respinte, la motivazione potrà anche essere implicita e desumibile dalla
struttura argomentativa della sentenza d’appello, con la quale si evidenzia la
sussistenza di elementi sufficienti all’affermazione o alla negazione di responsabilità
dell’imputato, richiedendosi una puntuale giustificazione, invece, nel caso di
ammissione della prove che non siano nuove o sopravvenute (Cass. sez. 2, n.

02/12/2009, Sergio e altri, rv. 245996; sez. 5, n. 15320 del 10/12/2009, Pacini, rv.
246859; sez. 5, n. 1075 del 1’1/2/2000, ric. Lavista, riv. 215772; sez. 2, n. 8106
del 7/7/2000,ric. Accettala, riv. 216532; Sez. 5, 8.8.2000, n. 08891, ric. Callegari,
riv. 217209).
1.3.2 Nel diverso caso di prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di
primo grado, il giudice deve procedere alla rinnovazione dell’istruttoria, fermi
restando i limiti di cui all’art. 495 cod. proc. pen., comma 1, riguardanti il diritto
alla prova ed i requisiti della stessa.
Orbene, nel caso in esame, da un lato il giudice di merito ha dimostrato in
positivo, con spiegazione immune da vizi logici e giuridici, la concludenza delle
prove già acquisite e, dall’altro il ricorrente non ha dimostrato l’esistenza, nel
percorso motivazionale posto a base della decisione impugnata, di

lacune o

manifeste illogicità su punti di decisiva rilevanza, le quali avrebbero potuto essere
evitate qualora si fosse provveduto all’assunzione dei testi dallo stesso indicati, le
cui informazioni avrebbero potuto svalutare il peso del materiale probatorio raccolto
e valutato.
2. Quanto al merito dell’imputazione, l’impugnazione prospetta fondate
censure, già esaminate dalla Corte di merito, ma non adeguatamente e
correttamente risolte.
2.1 In particolare, detta Corte ha ritenuto di disattendere la tesi difensiva che
pretende di interpretare l’ordine, impartito al m.11o Forlini per iscritto e
contrassegnato dal nr. 48/7 con nota del 12 luglio 2010, recapitatagli in busta
chiusa, del seguente tenore “O.P. concerto Gigi D’Alessio 19,00/fine Venaria (TO)
c/o Reggia di Venaria Reale (ingresso via Don Sapino)” quale mera indicazione del
luogo di adunata del contingente di dieci carabinieri, dallo stesso imputato
comandato per svolgere il servizio di ordine pubblico, richiesto e disposto dal
Questore di Torino. Al riguardo ha rilevato che tale autorità è estranea alla
gerarchia militare e che la sua ordinanza ha ispirato la precisa consegna impartita
all’imputato dai militari a lui sovraordinati senza che gli fosse stato consentito
discostarsi da tali precise indicazioni. In tal modo i giudici di appello non hanno

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31065 del 10/05/2012, Lo Bianco e altri, rv. 253526; sez. 4, n. 47095 del

affrontato, né propriamente inteso la specifica questione, sollevata dalla difesa,
circa la competenza ad emettere l’ordine di servizio nel caso specifico.
2.2 Invero, che il Questore non appartenga alla struttura militare costituisce
argomento irrilevante, dal momento che a norma dell’art. 14 della legge nr. 121 del
1981 rappresenta l’autorità di pubblica sicurezza in ambito provinciale e che ad
esso sono conferiti i poteri di direzione, responsabilità e di coordinamento a livello
tecnico operativo dei servizi di ordine e sicurezza pubblica e dell’impiego in essi

Questore si era limitato a richiedere l’impiego di dieci carabinieri presso la Reggia di
Venaria in occasione della manifestazione canora ed a prevedere che il drappello
fosse a disposizione del Comandante della Compagnia Carabinieri di Venaria Reale,
a ciò delegato; l’attuazione concreta e l’organizzazione del servizio era avvenuta
mediante l’indicazione da parte del Comando Provinciale Carabinieri di Torino che il
luogo di adunata era Venaria, giardini reali presso la Reggia con ingresso di via Don
Sapino al fine di realizzare un presidio di ordine pubblico, mentre il successivo
ordine nr. 48/7 emanato dal Comandante della prima compagnia del primo
Battaglione Carabinieri Piemonte del 12 luglio 2011 non avrebbe potuto impartire
disposizioni tassative e vincolanti, costituenti la consegna del militare destinatario,
in quanto non a ciò competente.
2.3 Invero, secondo quanto previsto dall’art. 216 del regolamento generale
dell’Arma dei Carabinieri, ultimo comma, che ribadisce la ripartizione delle
attribuzioni tra funzionari di pubblica sicurezza ed appartenenti all’Arma, qualora i
primi non abbiano diramato specifiche indicazioni su organizzazione e modalità
attuative dei servizi, spetta agli ufficiali o sottufficiali dei Carabinieri, comandanti
territoriali, provvedervi secondo il grado e le previsioni delle leggi di pubblica
sicurezza, mentre l’art. 217 dello stesso regolamento stabilisce che in caso di
riunioni o manifestazioni pubbliche, dirette da ufficiali o sottufficiali, comandanti
territoriali, spetti a costoro formare drappelli, posti al comando di sottufficiali o
graduati, per impiegarli nel modo ritenuto più idoneo in relazione alle finalità del
servizio secondo compiti assegnati a ciascun militare mediante “precise consegne”.
Ebbene, nel caso specifico, all’ufficiale Comandante territoriale, ossia al capitano
Capriolo, posto al comando della Compagnia di Venaria Reale, non soltanto
competevano funzioni di pubblica sicurezza, delegate espressamente dal Questore
con la sua ordinanza dell’Il luglio 2010, ma altresì la specificazione delle concrete
modalità di espletamento del servizio, costituenti la “consegna” da rispettare, cosa
cui non aveva effettuato, né per iscritto con un atto formale e nemmeno
verbalmente, dal momento che alle ore 19.00 quando il contingente comandato dal
m.11o Forlini si era attestato nei pressi dell’ingresso alla Reggia da via Don Sapino
egli era assente e tale sarebbe rimasto a lungo, sebbene l’imputato avesse tenta

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della forza pubblica e delle altre forze a sua disposizione. Nel caso specifico il

di contattare la centrale operativa per conferire con il predetto capitano, comparso
soltanto a distanza di un’ora o più per sua stessa ammissione.
2.4 Pertanto, deve convenirsi con la difesa che l’ordine nr. 48/7, impartito dal
Comandante dell’unità da cui dipendeva l’imputato poteva solamente stabilire la
il

partecipazione dello stesso al servizio, attribuirgli l’incarico di comandare

contingente e determinare il luogo della sua adunata, mentre poi in concreto
sarebbe spettato all’ufficiale comandante territoriale stabilire come svolgere il

nella situazione specifica. Ne discende che l’eventuale violazione del provvedimento
ed il temporaneo trasferimento dal luogo di adunata non assume rilievo al fine di
integrare la fattispecie di violata consegna o abbandono del posto, assegnato in
modo vincolante mediante un ordine di servizio valido e cogente, anche tenuto
conto del fatto che il percorso seguito dall’imputato con la vettura di servizio si era
limitato, secondo quanto risulta dalle sentenze di merito, a poche decine di metri,
non aveva comportato l’abbandono dell’area, né compromesso in alcun modo lo
svolgimento del servizio di ordine pubblico. Inoltre, anche sotto il profilo soggettivo
rileva che l’imputato prima di effettuare qualsiasi spostamento avesse cercato di
mettersi in contatto col comandante territoriale, senza esservi riuscito e che quando
costui era comparso sulla scena ed aveva ordinato di assestarsi presso l’ingresso di
via Don Sapino, impartendo in tal modo specifiche e chiare prescrizioni

per

l’adempimento del servizio, l’imputato vi avesse prontamente ottemperato.
La sentenza impugnata non ha tenuto conto dei superiori elementi, emergenti
dagli atti e della normativa riguardante il riparto di competenze in materia di
pubblica sicurezza; va dunque annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.

P. Q. M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
Così deciso in Roma, il 24 aprile 2014.

servizio stesso e, in sua assenza, allo stesso imputato, militare di grado più elevato

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