Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3400 del 13/11/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3400 Anno 2015
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da : Pitini Stefano, n. a Enna il 03/01/1974;

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Caltanissetta in data 23/05/2013;

udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale M. Fraticelli, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Pitini Stefano ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello di
Caltanissetta di conferma della sentenza del G.i.p. presso il Tribunale di Enna di
condanna dello stesso per il reato di cui all’art.73, comma 5, del d.P.R. n. 309
del 1990 per avere, in concorso con altri, acquistato, trasportato, ceduto e
detenuto sostanze stupefacenti.

Data Udienza: 13/11/2014

2. Con un unico motivo lamenta la mancanza e manifesta illogicità della
motivazione avendo il giudice di primo grado fondato il proprio convincimento su
intercettazioni la cui interpretazione era stata puntualmente contestata con l’atto
di appello; segnatamente, quanto alla intercettazione n. 298 del 21/12/2007,
lamenta che la Corte, limitatasi a copiare le affermazioni del Tribunale, non abbia
risposto alla critica dell’appellante; e quanto alla intercettazione n. 98 del

attribuendo agli interlocutori frasi da questi mai pronunciate, e in ogni caso
contestando la lettura ed il significato tratto dalla Corte. Così come contesta che,
come ha affermato la Corte, sia intervenuto l’arresto di Nicosia, ciò comprovando
la gestione di un traffico di stupefacenti di notevoli dimensioni, con plurimi
contatti non escludenti Pitini. Si deduce inoltre non avere l’ordinanza considerato
l’uso di droga da parte di Pitini che lo avrebbe portato, solo per tale motivo, a
conoscere Nicosia e D’Urso e il fatto che la addebitata partecipazione al traffico
non sarebbe compatibile con la richiesta di una minima dose di quella stessa
droga da lui venduta.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è fondato.
La sentenza impugnata, dopo avere premesso che Nicosia Santo “gestiva un
gruppo delinquenziale operante in Villarosa, dedito al trasporto ed alla
detenzione illecita di sostanze stupefacenti, tipo hashish e marijuana”, ha
ritenuto il ricorrente quale concorrente in dette condotte sulla base,
fondamentalmente, di due conversazioni telefoniche (segnatamente la n. 298 del
21/12/07 e la n. 98 del 29/12/07), spiegando che, dalla prima, risulterebbe
affidato all’imputato “il compito di controllare luoghi nevralgici per lo spaccio” e,
dalla seconda, emergerebbe il “riferimento esplicito ad una attività di supporto
logistico richiesta al Pitini”; a ciò andrebbe poi aggiunto “il rapporto
assolutamente confidenziale del Pitini con gli spacciatori Nicosia e D’Urso, di cui
l’imputato non dà spiegazione alcuna”.
Ciò posto, va precisato che, in tanto la interpretazione del contenuto delle
conversazioni telefoniche si sottrae al sindacato di questa Corte in quanto la
motivazione resa dal giudice di merito sul punto della ricostruzione dello stesso
non lasci margini di dubbio sul significato complessivo dei colloqui intercettati
(cfr., da ultimo, Sez. 6, n. 35680 del 10/06/2005, Patti, Rv. 232576); se, invece,
2

29/12/2007, si duole del fatto che la Corte ne abbia letto male il reale contenuto,

la conversazione captata non è connotata da queste caratteristiche – per
l’incompletezza dei colloqui registrati, per la cattiva qualità dell’intercettazione,
per la cripticità del linguaggio usato dagli interlocutori, per la non sicura
decifrabilità del contenuto o per altre ragioni – è il risultato della prova che
diviene meno certo, con la conseguente necessità di elementi di conferma che
possano eliminare i ragionevoli dubbi esistenti (Sez. 4, n. 21726 del 25/02/2004,

come nella specie, si tratti di conversazioni che dovrebbero fondare non già solo
un compendio indiziario idoneo a supportare misure cautelari, ma addirittura la
prova della responsabilità per il reato addebitato.
Ora, nella specie, stando alla motivazione del provvedimento (non essendo a
questa Corte consentito accedere alla lettura delle telefonate in oggetto) non
pare che il contenuto, peraltro, a quanto pare di comprendere, solo parzialmente
riprodotto dalla sentenza impugnata, di tali conversazioni debba univocamente
portare, sul piano logico, alle conclusioni assunte dalla Corte territoriale ove si
rifletta, quanto alla prima di esse, riportata a pag.4, che ivi Pitini avverte Nicosia
di dovergli urgentemente parlare e che, come risposta, il secondo avverte il
primo che, se si tratta di “cose losche”, è bene non fare capire al proprio nipote,
con cui egli è in compagnia, di cosa si tratta, e, quanto alla seconda, che Nicosia
invita Pitini a farsi una passeggiata “là sotto” e ad avvertirlo “se c’è movimento”.
Di qui la necessità, in conseguenze, dei principi appena ricordati, di ulteriori
elementi di conferma che, tuttavia, non risultano enunciati dalla sentenza
impugnata se è vero che, in particolare rispetto alla prima conversazione, viene
addebitato allo stesso imputato un incongruo onere di spiegazione del contenuto
e, in generale, viene poi menzionato, come visto, un rapporto strettamente
confidenziale con gli spacciatori Nicosia e D’Urso.
In definitiva, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra
sezione della Corte d’Appello di Caltanissetta per nuovo giudizio che colleghi
esaustivamente e logicamente tra loro il contenuto esposto in sentenza delle
conversazioni intercettate e le conclusioni in ordine alla affermazione di
responsabilità dell’imputato.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello
di Caltanissetta.
3

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Spadaro e altri, Rv. 228573); e ciò, va aggiunto, a maggior ragione laddove,

Così deciso in Roma, il 13 novembre 2014.

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