Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33887 del 15/05/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 33887 Anno 2014
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: BARBARISI MAURIZIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CANNAVACCIUOLO TOMMASO N. IL 20/01/1963
avverso la sentenza n. 8797/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
04/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MAURIZIO
BARBARISI;

Data Udienza: 15/05/2014

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Settima Sezione penale

Osserva
1. — Con sentenza emessa in data 4 dicembre 2012, la Corte di Appello di Napoli confermava la sentenza 27 febbraio 2012 del Tribunale di Santa Maria Capua
Vetere, sezione distaccata di Aversa, che aveva dichiarato Cannavacciuolo Tommaso responsabile del reato di cui all’art. 9, comma secondo L. 1423/56 condannandolo alla pena di giustizia.

ricorso per cassazione Cannavacciuolo Tommaso chiedendone l’annullamento.
3. — Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.
3.1 — Si osserva che il ricorso si sviluppa in modo generico, assertivo e non
concreto limitandosi a enunciare ragioni gravatorie, con cui si prospettano non meglio chiarite violazioni di legge e ai principi in tema di motivazione sia in punto di
pena che nel merito.
3.2. — Il provvedimento impugnato, peraltro, dando conto in modo analitico

2

delle ragioni della propria decisione, ha correttamente esaminato tutti gli elementi
risultanti dagli atti, con motivazione congrua, adeguata e priva di erronee applicazioni della legge penale e processuale e come tale non censurabile in questa sede di
legittimità. In particolare sono stati evidenziati dal giudice i profili di responsabilità
del prefato, analiticamente individuandoli nel contesto di prova resosi disponibile in
giudizio (non trascurando peraltro la puntuale confutazione delle argomentazioni difensive oggetto di appello, peraltro stringatamente reiterate dal Cannavacciuolo in
ricorso senza il necessario vaglio critico) dandone esaustiva ragione con argomentazioni immuni da vizi logici e giuridici.
Anche i profili attinenti al trattamento sanzionatorío sono stati delibati dal giudice del merito in modo esaustivo oltre che logico e non contradditorio dando conto
delle ragioni per la negatoría delle attenuanti generiche e comunque della non meritevolezza di una ulteriore riduzione di pena.
4. — Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità
(Corte Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento a favore della Cassa delle Am-

Udienza in c.c.: 15 maggio 2014 — Cannavacciuolo Tommaso — RG: 17521/13, RU: 2;

I

2. — Avverso il citato provvedimento ha personalmente interposto tempestivo

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Settima Sezione penale

(mille), ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
Ed è appena il caso di rammentare infine che, ai sensi dell’art. 581 comma 1,
lett. c) cod. proc. pen., l’impugnazione deve (inderogabilmente) enunciare, tra gli
altri, “i motivi, con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di
fatto che sorreggono ogni richiesta”. L’art. 591 comma 1, lett. c) cod. proc. pen.,
commina la sanzione dell’inammissibilità dell’impugnazione quando venga violato,
tra gli altri, il disposto dell’art. 581 cod. proc. pen. Come costantemente affermato
da questa Corte (ex ceteris, Cass., Sez. 6, 30 ottobre 2008, n. 47414, rv. 242129,
Arruzzoli e altri; n. 4641 del 1992, rv. 190733; n. 8596 del 2001, rv. 219087; n.
8863 del 2003, rv. 224115), in materia di impugnazioni, l’indicazione di motivi generici nel ricorso, in violazione dell’art. 581 lett. c) cod. proc. pen., costituisce di
per sé motivo di inammissibilità del proposto gravame.
4. — Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità
(Corte Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in C 1.000,00
(mille), ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.

per questi motivi
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di C 1.000,00 (mille) in favore della
Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 15 maggio 2014

olgliere tensore

Il Presidente

I

mende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in C 1.000,00

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