Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3388 del 11/11/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3388 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ISMAILOVIC SUZANA N. IL 05/10/1966
SEJDIC JASMIN N. IL 22/02/1961
STIZANIN BOGOLJIUBG N. IL 02/02/1973
BERISA ASLAM N. IL 25/04/1958
avverso la sentenza n. 1071/2012 CORTE APPELLO di ROMA, del
28/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/11/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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che ha concluso per e
(

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 11/11/2014

45202/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 28 novembre 2012 la Corte d’appello di Roma, a seguito di appello
proposto tra gli altri da Berisa Aslan, Ismailovic Suzana, Sejdic Jasmin e Stizanin Bogoljiubg
avverso sentenza del 5 luglio 2011 del Tribunale di Roma – che aveva condannato: Sejdic
Jasmin alla pena di quindici anni e otto mesi di reclusione per i reati, avvinti da continuazione,

(di cui agli articoli 81, 110 c.p. e 73 d.p.r. 309/1990, con riconoscimento dell’attenuante di cui
al quinto comma del citato articolo 73), D 43 (di cui agli articoli 81, 110 c.p., 73, primo
comma, e 80, secondo comma, d.p.r. 309/1990, ritenuta l’ipotesi del tentativo), E (di cui
all’articolo 74, commi 1, 2, 3 e 5, d.p.r. 309/1990, ma escluse le contestate aggravanti) ed E 1
(di cui agli articoli 81, 110 c.p., 73, commi 1 e 6, e 80, comma 2, d.p.r. 309/1990); Berisa
Aslan alla pena di 17 anni di reclusione per i reati, avvinti da continuazione, di cui ai capi El,
E2 (di cui agli articoli 81, 110 c.p., 73, commi 1 e 6, e 80, comma 2, d.p.r. 309/1990), E4 (di
cui agli articoli 81, 110 c.p., 73, comma 1, d.p.r. 309/1990); Ismailovic Suzana alla pena di 15
anni di reclusione per i reati, avvinti da continuazione, di cui ai capi E (escluse le contestate
aggravanti), E3 (di cui agli articoli 112 c.p., 73, comma 1, e 80, comma 2, d.p.r. 309/1990) ed
E4; Stizanin Bogoljiubg alla pena di 15 anni di reclusione per i reati, avvinti da continuazione,
di cui ai capi E (escluse le contestate aggravanti), E2 ed E3 -, in parziale riforma, assolveva
Sejdic Jasnnin dai reati di cui ai capi D 42, E, E1, Berisa Aslan dai reati di cui ai capi E, E1, E2,
Isnnailovic Suzana dal reato di cui al capo E e Stizanin Bogoljiubg dai reati di cui ai capi E ed
E2, e, a tutti concesse le attenuanti generiche, per Sejdic Jasmin prevalente sull’aggravante
del numero di persone di cui al capo C, escluse tutte le altre aggravanti, riduceva la pena a
otto anni e quattro mesi di reclusione per Sejdic Jasmin, due anni, sei mesi di reclusione e C
21.000 di multa per Berisa Aslan, quattro anni e sei mesi di reclusione e C 20.000 di multa per
Ismailovic Suzana e quattro anni di reclusione e C 18.000 di multa per Stizanin Bogoljiubg.
2. Ha presentato il difensore un unico ricorso per tutti gli imputati, alle cui diverse posizioni
sono specificamente dedicati i vari motivi.
Il primo motivo riguarda la posizione di Sejdic Jasmin, denunciando vizio motivazionale
perché non sussisterebbe adeguata motivazione in ordine alla responsabilità del suddetto per
l’imputazione di cui al capo C.
Il secondo e il terzo motivo riguardano le posizioni di Ismailovic Suzana e di Stizanin
Bogoljiubg: il secondo motivo denuncia violazione dell’articolo 73 d.p.r. 309/1990 e correlato
vizio motivazionale quanto all’imputazione di cui al capo E 3; il terzo motivo presenta analoghe
doglianze per il capo E4, esclusivamente attinente a Ismailovic Suzana, sostenendo che in esso
l’imputata sarebbe stata soltanto connivente.

di cui ai capi d’imputazione C (di cui all’articolo 74, commi 1, 2, 3 e 4, d.p.r. 309/1990), D 42

Il quarto motivo riguarda la posizione di Berisa Aslan e denuncia vizio motivazionale in
relazione agli articoli 62 bis e 133 c.p. per avere il giudice d’appello, pur avendo riconosciuta
l’attenuante di cui al quinto comma dell’articolo 73 d.p.r. 309/1990, posto immotivatamente
come pena base una pena non distante dal massimo edittale.

3. Il ricorso è fondato limitatamente alla posizione di Berisa Aslan, per gli altri ricorrenti
risultando infondato.
3.1 H primo motivo, relativo alla posizione di Sejdic Jasmin, lamenta vizio motivazionale in
relazione all’articolo 74 d.p.r. 309/1990. Non sarebbe, infatti, realmente motivata
l’affermazione di responsabilità dell’imputato. Il motivo si sviluppa con una serie di
argomentazioni direttamente fattuali, che prospettano una versione alternativa degli esiti
probatori, per concludere che “non vi è agli atti, né nelle telefonate intercettate, né tantomeno
nelle dichiarazioni rese dai testi, prova certa di un inserimento continuativo del Seidic nella
presunta organizzazione né che tale organizzazione in realtà esistesse”. Premesso allora che il
giudice di legittimità non può verificare la cognizione di merito se non attraverso vizio
motivazionale, deve darsi atto che la sentenza impugnata presenta un apparato motivazionale
congruo e privo di manifesta illogicità a proposito del ruolo del suddetto imputato nella
associazione criminale di cui al capo C. Confutando, infatti, la doglianza della mancanza di
prova dell’inserimento di Sejdic Jasmin nella suddetta associazione, doglianza già presentata
nell’atto d’appello, la corte territoriale ben spiega le ragioni per cui disattende la
prospettazione dell’appellante e per cui condivide invece quanto ritenuto dal giudice di primo
grado, evidenziando sia il contenuto delle dichiarazioni rese da “osservatori diretti” della illecita
attività quali Sejdic Nermina e Sgrò Stefania, nonché da un corriere della associazione, Budeci
Ekrem, sia l’apporto delle intercettazioni telefoniche, nonché dei sequestri di stupefacenti, di
vetture e di documenti comprovanti l’esistenza del sodalizio, in quest’ambito risultando
emergente la posizione di corriere dell’imputato, con particolare riguardo alle dichiarazioni
della Sgrò, di Simoni Gilberto e di Zahirovic Ahmet, riscontrate poi dal fatto che, momento
dell’arresto, l’imputato fu trovato in possesso di 2,050 chili di cocaina nascosta tra le ruote di
un’auto, e ciò a conclusione di una operazione della polizia giudiziaria avviata a seguito di
intercettazioni telefoniche da cui era risultata una imminente importazione di cocaina dalla
Spagna, nonché da ulteriori telefonate intervenute con l’imputato in cui l’oggetto della
conversazione era proprio lo stupefacente. In conclusione, il primo motivo risulta privo di
fondamento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3.2 Il secondo motivo, relativo alle posizioni di Ismailovic Suzana e di Stizanin Bogoljiubg per
l’imputazione di cui al capo E3, rubricato come vizio motivazionale e violazione dell’articolo 73
d.p.r. 309/1990, consiste in sostanza anch’esso, come il motivo precedente, nella esposizione in questo caso assai più ampia – di dati fattuali, per ricostruire una versione alternativa degli
esiti probatori. E anche in questo caso, la motivazione della sentenza non presenta vizi
riconducibili all’articolo 606, primo comma, lettera e, c.p.p., nè tantomeno travisamenti, come
pure cerca di prospettare (adducendo, in realtà, come già rilevato, una mera versione

capo di imputazione per i due imputati ricorrenti il giudice d’appello con quanto evidenziato
nella sentenza di primo grado, si osserva che la corte territoriale ha offerto una motivazione
sintetica ma chiara, sottolineando in particolare il significato della telefonata dell’Il giugno
2005 in cui entrambi gli imputati ricorrenti hanno interloquito relativamente appunto al fatto
contestato. Il secondo motivo, in conclusione, deve essere anch’esso respinto.
3.3 II terzo motivo, che riguarda la posizione della Ismailovic in relazione al capo di
imputazione E4, mira a dimostrare, ancora una volta sul piano direttamente fattuale, la
versione alternativa dei fatti della difesa, e cioè che l’imputata era una mera connivente del
marito Berísa nel reato in questione. E ancora una volta deve ricordarsi che non può essere
richiesta al giudice di legittimità una verifica diretta degli esiti probatori; d’altronde, pure in
relazione a questo capo d’imputazione, la motivazione della sentenza impugnata non presenta
manifesta illogicità né comunque può dirsi apparente o insufficiente, tenendo conto, altresì,
dell’integrazione che al riguardo gode come proveniente dalla motivazione del giudice di primo
grado, conforme sul punto (sulla integrazione reciproca delle sentenze di merito in caso di
conformità qualora siano stati adottati, come nel caso di specie, criteri valutativi omogenei v.
Cass. sez. III, 16 luglio 2013 n.44418; Cass. sez. III, 1 dicembre 2011-12 aprile 2012 n.
13926; Cass. sez. II, 10 gennaio 2007 n. 5606; Cass. sez. III, 1 febbraio 2002, n. 10163;
Cass. sez. I, 20 giugno 2000 n. 8868). Pure il terzo motivo deve, in conclusione, disattendersi.
3.4 II quarto motivo, relativo alla posizione del Berisa, concerne la carenza di motivazione in
ordine alla determinazione dosimetrica in quanto, pur avendo riconosciuto al suddetto, oltre
alle attenuanti generiche, l’attenuante speciale di cui al quinto comma dell’articolo 73 d.p.r.
309/1990, la corte territoriale “fissa, del tutto immotivatamente, la pena nei limiti pressoché
massimi dell’editto con l’aumento per la ritenuta continuazione”, attraverso la determinazione
della pena base “in limiti prossimi ai limiti edittali” predisponendo l’elemento dosimetrico su cui
attuare le successive diminuzioni.
In effetti, in relazione al suddetto imputato la sentenza impugnata, ritenuta applicabile quella
che all’epoca era una attenuante a effetto speciale prevista dal quinto comma dell’articolo 73
d.p.r. 309/1990 per avere l’imputato “eseguito ripetute cessioni di modeste quantità di
stupefacenti ai clienti italiani”, determina come pena base 45 mesi di reclusione e C 30.000 di
multa, che riduce poi per l’applicazione delle attenuanti generiche a 30 mesi di reclusione e C
21.000 di multa. All’epoca in cui fu pronunciata la sentenza il minimo edittale in relazione al

alternativa) il motivo in esame. A parte la condivisione che accomuna riguardo al suddetto

quinto comma dell’articolo 73 era un anno di reclusione e C 3000 di multa, mentre il massimo
era sei anni di reclusione e C 26.000 di multa. È dunque evidente che la corte territoriale si è
collocata tendenzialmente in direzione della sanzione massima. Essa però non ha dato alcuna
spiegazione di questa scelta, contravvenendo così all’obbligo motivazionale, che per di più si
intensifica in caso di allontanamento dal minimo o anche soltanto dalla media misura della
pena edittale (v. da ultimo, Cass. sez. III, 25 marzo 2014 n.26340; Cass. sez. IV, 18 giugno
2013 n. 27959; Cass. sez. H, 8 maggio 2013 n. 28852; Cass. sez. IV, 20 marzo 2013 n.

fondata, per cui la sentenza deve essere annullata con rinvio per quanto concerne il
trattamento sanzionatorio. Peraltro, deve altresì rilevarsi, d’ufficio in applicazione dell’articolo
129, primo comma,c.p.p., che i reati del capo di imputazione E 4 per cui è stato condannato
l’imputato sono stati commessi dall’aprile 2005 alla fine del 2007, per cui una parte di essi,
cioè quelli che sono stati commessi fino al 10 maggio 2007, si sono nelle more estinti per
maturata prescrizione. Per essi, pertanto, la sentenza deve essere annullata senza rinvio.
Riguardo, infine, alla posizione degli altri imputati, il ricorso va rigettato, con la conseguente
loro condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Berisa Aslarft limitatamente ai fatti
commessi fino al 10 maggio 2007 trattandosi di reati estinti per prescrizione. Annulla la
sentenza medesima nei confronti del Berisa limitatamente al trattamento sanzionatorio per i
reati residui con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Roma. Rigetta il ricorso per gli
altri ricorrenti, che condanna al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma 1’11 novembre 2014

Il Consigliere Estensore

Il Presidente

21294; Cass. sez. II, 26 giugno 2009 n. 36245). La doglianza del ricorrente risulta pertanto

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