Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33876 del 18/06/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 33876 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: FIDELBO GIORGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Vincenzo Mazzara, nato ad Erice (TP) 1’11.11.1971
avverso la sentenza del 30 gennaio 2013 emessa dalla Corte d’appello di
Palermo;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere Giorgio Fidelbo;
udito il sostituto procuratore generale Maria Giuseppina Fodaroni, che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1. Sull’impugnazione del pubblico ministero la Corte d’appello di Palermo,
in riforma della sentenza assolutoria di primo grado, emessa il 20 dicembre
2011 in sede di giudizio abbreviato, ha ritenuto Vincenzo Mazzara

Data Udienza: 18/06/2014

responsabile del reato di cui all’art. 334 comma 2 c.p., condannandolo alla
pena di due mesi di reclusione ed euro 80 1 00,di multa.
All’imputato era stato contestato il reato di cui al citato art. 334 comma 2

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c.p., perché, avendo in custodia il ciclomotore Atala tg. 3G3SF di sua
proprietà, sottoposto a sequestro amministrativo, lo sottraeva dal luogo in cui
era custodito.

costituisse reato, richiamando la giurisprudenza della Corte di cassazione
secondo cui deve escludersi il reato di cui all’art. 334 c.p. in favore dell’illecito
amministrativo previsto dall’art. 213 comma 4 d.lgs. n. 285 del 1991, in
quanto disposizione speciale.
La Corte d’appello, invece, ha riformato tale decisione rilevando che la
giurisprudenza cui ha fatto riferimento il giudice di primo grado trova
applicazione alle sole ipotesi di chi utilizzi, circolando, un veicolo sottoposto a
sequestro amministrativo, fattispecie diversa dal caso in esame, in cui lo
stesso imputato ha dichiarato che il mezzo sarebbe stato sottratto ad opera di
ignoti, ammettendo di non aver denunciato il furto.

2. L’imputato, tramite il suo difensore di fiducia, ha proposto ricorso per
cassazione.
Con il primo motivo assume la violazione dell’art. 581 c.p.p., sostenendo
che la Corte d’appello avrebbe dovuto dichiarare inammissibile l’appello del
pubblico ministero, in quanto l’atto era privo degli estremi identificativi del
provvedimento impugnato e dell’indicazione specifica degli elementi di fatto e
di diritto alla base 0motivi.
Con il secondo motivo deduce il vizio di motivazione della sentenza
impugnata. In questo motivo il ricorrente ha rappresentato che il ciclomotore
era stato collocato in luogo aperto al pubblico e che solo dopo due anni e dieci
mesi l’autorità amministrativa competente ha proceduto alla confisca non
rinvenendo il mezzo, che nel frattempo era stato trafugato e assume che di
tale situazione non può ritenersi responsabile non potendosi pretendere un
obbligo di custodia su un bene esposto al pubblico per quasi tre anni.

3.

Il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi

proposti.

2

Il Tribunale di Trapani ha assolto l’imputato ritenendo che il fatto non

3.1. Quanto al primo motivo deve escludersi l’inammissibilità dell’appello
con riferimento alla dedotta mancata indicazione degli estremi identificativi
del provvedimento impugnato dal momento che la sentenza oggetto del
gravame risulta perfettamente identificata. D’altra parte, si ritiene che il
formalismo cui sono ispirate le norme in materia d’impugnazione non vada
favor

impugnationis, sicché per stabilirne l’ammissibilità, l’atto d’impugnazione deve
essere valutato nel suo complesso, perché solo attraverso un esame unitario è
possibile verificare la completezza del suo contenuto e, quindi, la sua idoneità
a dare impulso al grado successivo di giudizio.
Discorso analogo deve essere fatto con riferimento alla denunciata carenza
delle specifiche ragioni a base dell’appello: anche in questo caso i motivi a
sostegno dell’impugnazione risultavano da una complessiva valutazione
dell’atto.

3.2. Il secondo motivo introduce solo valutazioni ed elementi di fatto, come
tali estranei al giudizio di legittimità.

4. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso, con la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore
della cassa delle ammende, che si ritiene equo determinare in euro 1..000,00.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.
Così deciso il 18 giugno 2014

Il Consilire estensore

Preside te

inutilmente esasperato, altrimenti verrebbe mortificato il principio del

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