Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33875 del 26/03/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 33875 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: LEO GUGLIELMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da o nell’interesse di

Gasparro omenico, nato a Milazzo il 24/09/1955
Efivoi NE

Boustiha annin Yolande, nata a Le Kouif (Francia) il 6/10/1950

avverso la sentenza della Corte di appello di Messina n. 488 del 22/04/2013

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta in pubblica udienza dal consigliere Guglielmo Leo;
udito il Procuratore generale, in persona del sostituto dott. Alfredo Pompeo
Viola, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;
udito il Difensore dei ricorrenti, avv. Giuseppa Rivoli, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. È impugnata la sentenza della Corte d’appello di Messina in data 22/04/2013,
con la quale – salva una riduzione di pena per entrambi gli interessati – è stata
confermata la decisione di condanna assunta dal Giudice per le indagini

Data Udienza: 26/03/2014

preliminari del locale Tribunale nei confronti di Domenico Gasparro e Jeannine
Boustiha.
Entrambi sono imputati d’aver trasportato due panetti di cocaina del peso
lordo di oltre due chilogrammi (1.581 grammi netti, per oltre 10.500 dosi
medie), ed il solo Gasparro è imputato anche della detenzione illegale di alcune
armi, rinvenute in uno sgabuzzino contiguo all’abitazione di Messina nella quale
la coppia viveva all’epoca dei fatti.
Lo stupefacente era occultato sotto i sedili posteriori reclinati dell’auto

sbarco a Messina dal traghetto proveniente dalla Calabria. L’imputato avrebbe
poi affermato – oltreché l’estraneità ai fatti della compagna, presente al suo
fianco nella vettura – che si era prestato a ritirare lo stupefacente a Roma per
portarlo in Sicilia, dietro compenso di 2.000,00 euro. La Bousthia aveva invece
dichiarato d’essere partita da Messina, la mattina del 19 luglio, con il compagno,
per raggiungere Ostia, da dove la coppia sarebbe ripartita quasi subito, dopo una
breve separazione durante la quale la donna si era occupata di far passeggiare i
suoi cani. Non avrebbe fatto domande sulle ragioni della trasferta.
Proprio a proposito della Bousthia si diffonde in modo particolare l’impugnata
sentenza, ponendo in rilievo come la ricorrente non abbia fornito alcuna logica
spiegazione della trasferta, come non sia plausibile che non avesse notato i due
voluminosi involucri caricati in macchina, come vi sia contraddizione tra le
dichiarazioni dei due imputati circa il luogo esattamente raggiunto nel Lazio
(Ostia secondo la donna, un locale di Roma secondo l’uomo).
Quanto al Gasparro, ed alla sua tesi secondo la quale le numerose armi
sequestrate sarebbero state da lui legittimamente acquistate in Svizzera, la
Corte ha osservato che, a prescindere dalla sua credibilità, tale assunto sarebbe
irrilevante, non escludendo il dolo l’ignoranza sui precetti concernenti l’obbligo di
denuncia del possesso di armi sul territorio nazionale.
Infine, i Giudici dell’appello hanno ritenuto che la mera contestualità dei delitti
non avrebbe giustificato il riconoscimento del vincolo della continuazione tra i
reati in materia di armi e quello concernente gli stupefacenti.

2. Con un primo motivo di ricorso il Difensore del Gasparro denuncia violazione
della legge penale sostanziale (art. 73 del d.P.R. n. 309/1990) e vizio di
motivazione, in relazione alla ritenuta destinazione commerciale dello
stupefacente in sequestro, che la Corte territoriale avrebbe illegittimamente
ritenuto e motivato sul solo dato ponderale.
Con un secondo motivo viene dedotta una violazione della legge penale
sostanziale, con riguardo all’art. 47 cod. pen. ed alla fattispecie incriminatricf in

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condotta da Gasparro, assoggettata a controllo, all’alba del 20/07/2012, dopo lo

materia di armi. L’illegittimità sarebbe un «elemento normativo del fatto», e
dunque l’errore sulla medesima escluderebbe il dolo. In effetti, l’errore del
Gasparro sarebbe caduto su una norma extrapenale, e rileverebbe appunto a
norma dell’art. 47 cod. pen. Inoltre, la Corte territoriale non avrebbe valutato
una possibile qualificazione dei fatti a norma dell’art. 697 cod. pen.
Con un terzo motivo si denuncia violazione di legge, anche in relazione all’art.
192 cod. proc. pen., e vizio di motivazione, relativamente alla decisione della
Corte messinese di non riconoscere attenuanti generiche in favore del Gasparro

armi). Sarebbero stati ipotizzati contatti non provati con la criminalità
organizzata, e non sarebbe stato correttamente apprezzato il comportamento del
Gasparro, definito “collaborativo” in quanto avrebbe egli stesso mostrato le armi
ai militari operanti.
Con un quarto motivo si denuncia violazione di legge in merito al mancato
riconoscimento della continuazione tra i reati, posto che la stessa Corte avrebbe
considerato il Gasparro quale persona inserita in un contesto criminale di livello,
e si sarebbe dunque contraddetta assumendo che non fosse programmata,
anche solo eventualmente, la concomitante detenzione di armi e droga.

3.

Il 5/08/2013 anche Gasparro ha proposto personalmente ricorso,

riproducendo per altro, anche testualmente, le doglianze già espresse nel ricorso
del suo Difensore.

4. Nell’interesse di Jeannine Boustiha si deduce violazione di legge (art. 110 cod.
pen. in relazione agli artt. 192 e 546, comma 1, lettera e) cod. proc. pen.),
nonché vizio di motivazione, con riguardo alla ritenuta responsabilità concorsuale
della ricorrente per il fatto ascritto al suo convivente.
La Corte territoriale avrebbe ipotizzato la consapevolezza della donna, circa la
presenza della droga in auto, solo per l’inverosimiglianza della soluzione opposta,
senza alcuna concreta specificazione di un siffatto ragionamento astratto.
Avrebbe trascurato che il reclinamento dei sedili era normale, data la presenza
di cani a bordo dell’auto, e che anche una “gita fuori porta” poteva considerarsi
credibile, dato il periodo estivo. Avrebbe trascurato la mancanza di prove della
presenza della imputata al momento della consegna dello stupefacente. Avrebbe
trascurato le dichiarazioni liberatorie del Gasparro.
In ogni caso, anche dando per ammessa l’ipotizzata consapevolezza, la Corte
avrebbe completamente omesso di indicare il contributo causale che l’interessata
avrebbe recato al fatto concorsuale ipotizzato dall’accusa. Nella specie, in realtà,
potrebbe al più ricorrere un caso di connivenza non punibile.
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(cui è contestata la recidiva reiterata, specifica per il delitto concernente le

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono inammissibili, in quanto manifestamente infondati e, in larga
parte, proposti per motivi non consentiti dalla legge, cioè pertinenti al merito
della decisione assunta dalla Corte territoriale. Dalla dichiarazione di
inammissibilità consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese

ammende, che la Corte, valutate le circostanze del caso concreto, stima di
quantificare in 1.000,00 euro per ciascuno degli stessi ricorrenti.

2.

L’infondatezza è conclamata quanto alle censure difensive concernenti

l’intervenuta condanna di Gasparro per l’illecita detenzione ed il trasporto della
sostanza stupefacente.
2.1. Si è voluto addirittura far questione sulla destinazione commerciale della
cocaina, come se il Giudice avesse trascurato o scartato incautamente
l’eventualità che il ricorrente detenesse oltre diecimila dosi singole di cocaina per
il proprio personale consumo. Non è vero affatto – ad ogni modo – che la Corte
territoriale si sia fondata sul «solo dato ponderale» (ampiamente sufficiente) per
enunciare il proprio assunto. Si è notato in aggiunta – al fianco del dato
costituito dall’enorme valore commerciale della cocaina sequestrata – come lo
stesso Gasparro avesse riferito d’avere accettato un incarico da corriere,
circostanza che naturalmente confberebbe con la pretesa destinazione della
droga all’interessato. Dietro l’esile copertura d’un preteso vizio motivazionale, si
tratta di una censura in fatto, e particolarmente temeraria.
2.2. Rilievi analoghi, anche in punto di temerarietà dell’impugnazione,
possono svolgersi relativamente al delitto di illegale detenzione di armi.
Gasparro – soggetto pluripregiudicato, anche per violazione della legge sulle
armi – deteneva consapevolmente una specie di arsenale (un fucile a pompa,
due revolver, decine di munizioni), ed ha sostenuto di avere importato le armi
dalla Svizzera, ignorando che avrebbe avuto l’obbligo di denunciarne il possesso.
L’idea che un narcotrafficante di rilievo, già condannato per delitti concernenti le
armi, potesse davvero considerare lecita la condotta indicata parrebbe
francamente improponibile, pur essendo stata proposta. Nondimeno, la Corte
territoriale ha preso in specifica considerazione la tesi difensiva, notando come,
sul piano oggettivo, la tesi stessa non varrebbe ad escludere la detenzione in
assenza della dovuta denuncia del possesso (e della importazione) all’autorità
competente. Sul piano soggettivo, l’ipotetico errore sulla disciplina che regola la
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processuali ed anche di una somma ulteriore, in favore della Cassa delle

detenzione di armi da fuoco sarebbe stato comunque inescusabile, e dunque
irrilevante nella prospettiva dell’art. 5 cod. pen., poiché tale disciplina integra il
precetto penale, cioè ne costituisce il presupposto fondante, e non può dunque
ricondursi alla previsione del comma 3 dell’art. 47 cod. pen. (Sez. 1, Sentenza
n. 10805 del 10/06/1986, rv. 173937; Sez. 1, Sentenza n. 9442 del
20/06/1986, rv. 173743).
Quanto alla prospettata qualificazione dei fatti ex art. 697 cod. pen., si tratta
di una tesi così palesemente priva di fondamento, quanto alle armi da fuoco, la

che l’omessa considerazione ad opera della Corte territoriale non assume alcun
rilievo in punto di adeguatezza della motivazione.
2.3. Esprime un giudizio di fatto, ampiamente e congruamente motivato, la
decisione della Corte territoriale di non applicare attenuanti generiche in favore
del Gasparro. Il preteso «atteggiamento collaborativo» dell’imputato sarebbe
consistito nell’indicare agli operanti il luogo di custodia della droga prima, e delle
armi poi, prima che le stesse fossero rinvenute. Per altro dalla sentenza di prime
cure, richiamata nel provvedimento impugnato, si trae conferma che la droga
era semplicemente appoggiata sotto i sedili ribaltati dell’auto, e che le armi si
trovavano in uno sgabuzzino di pertinenza dell’abitazione dell’imputato, cosicché
sarebbero state ineluttabilmente trovate in esito a perquisizione. Nel processo,
Gasparro ha semplicemente ammesso che trasportava la cocaina, tacendo o
mentendo su ogni possibile ed ulteriore aspetto dei suoi traffici. L’uso sintetico
del termine «elusivo», a proposito del suo atteggiamento, è sufficiente a
giustificare la valutazione negativa dei Giudici di merito.
Per altro verso, le caratteristiche dei fatti hanno correttamente indotto ad
affermare la contiguità dell’interessato ad ambiti di criminalità organizzata (i soli
in grado di gestire traffici di droga ed armi al livello in questione), pur senza
specifiche informazioni, ed a porne in evidenza la pericolosità, confermata come pure la Corte ricorda – dalle recidiva specifica e reiterata.
2.4. Come accennato, ed anche per effetto della scelta processuale di
Gasparro, i Giudici di merito non hanno potuto valutare informazioni di qualche
dettaglio sul contesto in cui si collocano, rispettivamente, la detenzione della
droga e quella delle armi. È dunque perfettamente congrua la scelta di non
riconoscere la pertinenza dei fatti contestati ad un disegno criminoso
antecedente ed unitario, del quale non v’è traccia da un punto di vista logico e
storico, e che avrebbe potuto fondarsi solo su di una generica illazione, come
quella che sostiene, appunto, la censura difensiva al proposito.

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La

cui illecita detenzione è specificamente punita a norma della legge n. 895/1967,

3. Anche il ricorso proposto nell’interesse della Boustiha è manifestamente
infondato, e mira ad ottenere un ribaltamento del giudizio di fatto espresso dai
Giudici del merito, non consentito nella sede di legittimità.
In pratica, il Difensore considera censurabile l’accoglimento della ipotesi
accusatoria perché fondato «solo» sulla inverosimiglianza della spiegazione
difensiva circa la presenza della ricorrente sull’auto che trasportava la droga.
Giustificazione – si ricordi – fondata sull’idea che i ricorrenti si sarebbero mossi
dalla Sicilia per fare una «gita» estiva, con un obiettivo a molte centinaia di

praticamente senza soste, con immediato rientro e con una fatica certamente
notevolissima. Un improbabile fine di diporto che d’altronde era l’unico
proponibile, in alternativa al concorso nel reato, per giustificare la presenza della
Boustiha nell’ambito di una trasferta chiaramente finalizzata al trasporto della
droga.
Ora, quando dai fatti promana una prova logica, la verifica di attendibilità
degli elementi che contrastano la prova stessa esprime una corretta applicazione
del metodo legale di valutazione delle risultanze. D’altra parte la formalizzazione
del criterio fondato sull’assenza di ragionevoli dubbi, per il deliberato di
condanna, non ha mutato la natura del sindacato di legittimità sulla motivazione
della sentenza e non può, quindi, essere utilizzato per valorizzare e rendere
decisiva la duplicità di ricostruzioni alternative del medesimo fatto,
eventualmente emerse in sede di merito e segnalate dalla difesa, una volta che
tale duplicità sia stata oggetto di attenta disamina da parte del giudice
dell’appello (Sez. 5, Sentenza n. 10411 del 28/01/2013, rv. 254579)
La Corte territoriale, nel caso di specie, ha preso in specifica considerazione la
tesi difensiva della Boustiha e del suo compagno, elencando e valorizzando le
ragioni per le quali, di fronte al dato oggettivo del compossesso accertato al
momento della perquisizione, ha ritenuto improponibile l’eventualità che la
ricorrente fosse davvero ignara dello scopo del viaggio e, comunque, della
presenza della cocaina a bordo della vettura.
Non è vero neppure, e per altro verso, che la sentenza abbia omesso di
specificare il ruolo concorsuale della Boustiha. L’ha fatto, pur molto
sinteticamente, a partire dall’unica spiegazione logica dei fatti, e cioè
l’assunzione di un ruolo di agevolazione dell’impresa criminosa «nel contesto
dell’illecito e rischioso trasporto». Un ruolo logistico, dunque, ed anche una
funzione di copertura, essendo chiaro che la presenza di una coppia con cani
all’interno dell’auto avrebbe potuto abbattere il rischio di controlli casuali.
La connivenza – evocata nel ricorso difensivo – è atteggiamento riferibile al
soggetto che assista al compimento del reato senza interferire nella sua
6

e9_,

chilometri, per altro indicato contraddittoriamente (Roma od Ostia),

esecuzione, e senza recare alcun contributo causale alla lesione del bene
giuridico (ex multis, e da ultimo, Sez. 5, Sentenza n. 2805 del 22/03/2013, rv.
258953). Concetto dunque non proponibile per chi, come la Bousthia, aveva
partecipato materialmente alla trasferta, nell’accertata consapevolezza del suo
scopo, senza elementi di obiettiva e significativa distinzione di ruolo rispetto al
coi mputato.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e, ciascuno, a quello della somma di euro 1.000,00 in favore
della Cassa delle ammende.

Così deciso il 26/03/2014.

P.Q.M.

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