Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3387 del 11/11/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3387 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAVALLI SAMUELE N. IL 20/12/1986
avverso la sentenza n. 6014/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
22/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/11/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI
Udito il Procuratore Generale in nersona del Dott. C, M Azz…..Zt
che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 11/11/2014

’ 40591/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 22 ottobre 2012 la Corte d’appello di Milano ha respinto l’appello
proposto da Cavalli Samueltavverso sentenza del 20 maggio 2011 con cui il Tribunale di Milano
lo aveva condannato alla pena di un anno di reclusione e C 3000 di multa per il reato di illecita
detenzione a scopo di spaccio di stupefacente di tipo hashish, riconoscendo l’attenuante di cui

2. Ha presentato ricorso l’imputato, invocando l’articolo 606, primo comma, lettere b), c) ed
e), c.p.p. La corte territoriale sarebbe incorsa nella violazione di legge sostanziale e
processuale nonché nello stravolgimento dei fatti, con correlato vizio motivazionale, così da
non pervenire all’assoluzione dell’imputato, che avrebbe dovuto essere dichiarata perché non
sarebbe provata l’attività di spaccio, sussistendo soltanto una “codetenzione” dello
stupefacente.
In data 24 ottobre 2014 il difensore dell’imputato ha depositato motivo aggiunto di vizio
motivazionale in ordine al fine di spaccio della detenzione dello stupefacente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è parzialmente fondato.
3.1 Possono essere vagliati congiuntamente sia l’unico motivo effettivamente presente nel
ricorso, sia il motivo aggiunto, poiché entrambi vertono sulla pretesa assenza di prova della
detenzione ai fini di spaccio dello stupefacente, seppure considerata da vari punti di vista.
Il ricorso – che, si nota per inciso, si avvale in alcuni passi di un lessico scarsamente

all’articolo 73, quinto comma, d.p.r. 309/1990.

rispettoso nei confronti della corte territoriale – anzitutto adduce come vizio di motivazione
l’avere il giudice d’appello fatto riferimento, per dimostrare l’assenza di uso esclusivamente
personale della sostanza drogante, alla suddivisione dello stupefacente in dosi confezionate già
pronte per la distribuzione e al rinvenimento del bilancino di precisione tipico dell’attività di
spaccio.
Già la sentenza di primo grado – la cui motivazione può avere incidenza integrativa sulla
motivazione della sentenza di secondo, trattandosi di c.d. doppia conforme (sul noto principio
della integrazione reciproca che connette l’apparato nnotivativo delle pronunce c.d. doppie
conformi qualora siano stati adottati, come nel caso di specie, criteri valutativi omogenei v.
Cass. sez. III, 16 luglio 2013 n.44418; Cass. sez. III, 1 dicembre 2011-12 aprile 2012 .

. .2

13926; Cass. sez. II, 10 gennaio 2007 n. 5606; Cass. sez. III, 1 febbraio 2002, n. 10163;
Cass. sez. I, 20 giugno 2000 n. 8868) – aveva evidenziato che nella perquisizione domiciliare
presso l’abitazione dell’imputato erano stati trovati, “vicini tra loro, un bilancino di precisione
ed un “cutter” con lama arroventata idoneo a “tagliare” la sostanza stupefacente, oltre a un
rotolo di pellicola trasparente marca Domopak, parzialmente utilizzato”, dopo avere dato atto
che nel corso di un controllo all’imputato era stato rinvenuto hashish, di cui cinque pezzi
“singolarmente confezionati” con cellophane trasparente. Il giudice d’appello, a fronte

Cavalli per consumo personale e per dividerla con altri utenti” e non a fini di spaccio,
affermava l’infondatezza della doglianza, osservando da un lato che non era stato nemmeno
indicato alcun elemento a favore della “codetenzione” dello stupefacente, e dall’altro che, al
contrario, si dovevano riconoscere sussistenti “altri elementi – come la suddivisione dello
stupefacente in dosi confezionate e il rinvenimento di un bilancino di precisione (tipico
strumento utilizzato per l’attività di spaccio) – da cui risulta la chiara indicazione che la
sostanza stupefacente era detenuta dal Cavalli (anche) per la cessione a terze persone”
(motivazione della sentenza d’appello, pagina 3). Non si ravvisa in che cosa possa
effettivamente consistere il vizio motivazionale asserito dal ricorrente in questo passo della
sentenza impugnata. Il ricorrente, poi, censura anche il passo successivo, relativo al non avere
l’imputato – che, arrestato, si è avvalso della facoltà di non rispondere – fornito alcuna
spiegazione sullo stupefacente rinvenuto in suo possesso e quindi non aver indicato neppure
eventuali “codetentori”, la cui esistenza, rileva la corte territoriale, “non può certamente
presumersi” (motivazione, pagine 3-4). Pure questo tratto delle argomentazioni motivazionali
non presenta alcuna manifesta illogicità,. Né può ritenersi che, con i rilievi sopra riportati, la
corte sia incorsa in uno stravolgimento dei fatti processuali, come sostiene, in modo apodittico
e quindi non condivisibile, il ricorso. Questo si sviluppa, poi, in una vera e propria versione
alternativa degli esiti probatori che viene presentata come corretta a fronte di una “versione
della Corte…forzata e confusionaria”, raggiungendo così, in tale parte del ricorso, i livelli della
inammissibilità in quanto viene in questo modo richiesto al giudice di legittimità di espletare
una cognizione di merito.
I motivi aggiunti denunciano vizio motivazionale, affermando che la motivazione del fine di
spaccio fondata sul rinvenimento di un bilancino di precisione e sulla suddivisione in dosi
confezionate dello stupefacente “è del tutto insufficiente” perché la suddivisione potrebbe
giustificarsi con il recente acquisto &h:M=1~i~ e anche il bilancino si concilia con l’uso
personale. Anche questo motivo, peraltro, risulta infondato, dal momento che, come si è visto,
la corte territoriale ben motiva complessivamente sulla inesistenza della ” codetenzione”, non
limitandosi, d’altronde, ai soli dati della sussistenza del confezionamento delle dosi e del
bilancino, bensì svolgendo un ragionamento più ampio in ordine alla inesistenza di alcuna
circostanza a favore dell’utilizzo diverso dallo spaccio dello stupefacente in questione.

dell’unico motivo del gravame che sosteneva che “la sostanza stupefacente era detenuta dal

Nel caso di specie, tuttavia, il trattamento sanzionatorio è stato determinato sulla base
dell’articolo 73, quinto comma, d.p.r. 309/1990 secondo il testo anteriore sia all’articolo 2,
comma 1, lettera a), d.l. 23 dicembre 2013, n. 146, convertito con modificazioni dalla legge 21
febbraio 2014, n. 10 – normativa quest’ultima che ha sostituito alla previgente attenuante a
effetto speciale un reato autonomo (cfr. Cass. sez.VI, 26 marzo 2014 n. 14288; Cass. sez.IV,
5 marzo 2014 n. 10514; Cass. sez.IV, 28 febbraio 2014 n. 13903; Cass. sez.IV, 28 febbraio
2014 n. 10514; Cass. sez.IV, 17 febbraio 2014 n. 7363; Cass. sez.IV, 29 gennaio 2014 n.

cinque anni di reclusione e da C 3000 a C 26.000 di multa -, sia al successivo intervento
legislativo – posteriore alla sentenza 32/2014 della Corte Costituzionale, che peraltro non
aveva inciso sul quinto comma dell’articolo 73 (cfr., oltre alla giurisprudenza appena
richiamata, Cass. sez.IV, 24 aprile 2014 n. 20225) – rappresentato dall’articolo 1, comma 24
ter, d.l. 20 marzo 2014 n. 36, convertito con modificazioni dalla I. 16 maggio 2014 n. 79, che
ha ulteriormente mitigato la pena (da sei mesi a quattro anni di reclusione e da C 1032 a C
10.329 di multa).
Si è dunque in presenza, ora, di una sopravvenuta lex mitior rispetto a quella che era stata
applicata dal giudice di merito (si ricorda che all’epoca dell’impugnata sentenza la forbice
edittale dell’articolo 73, quinto comma, muoveva da uno a sei anni di reclusione e da C 3000 a
C 26.000 di multa) che, in forza della retroattività prevista dall’articolo 2, quarto comma, c.p.,
esige una rideterminazione del trattamento sanzionatorio (da ultimo Cass. sez. III, 12 giugno
2014 n. 27955; v. pure Cass. sez.IV, 28 febbraio 2014 n. 13903, cit., e Cass. sez.IV, 25
giugno 2014 n. 27619, non massimata) la quale dovrà essere espletata sulla concreta
fattispecie dal giudice di merito (cfr. Cass. sez.III, 12 giugno 2014 n. 27952; Cass. sez. III, 13
marzo 2014 n. 23904). Deve pertanto annullarsi la sentenza impugnata limitatamente al
trattamento sanzionatorio, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Milano, per il
resto dovendosi rigettare il ricorso.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio ad altra
sezione della Corte d’appello di Milano. Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma 1’11 novembre 2014

Il Consigliere Estenso

Il Presidente

15020; Cass. sez.VI, 16 gennaio 2014 n. 5143) e rideterminato la forbice edittale da uno a

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