Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3387 del 08/10/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3387 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
MOSSU’ FILIPPO N. IL 19/08/1983
avverso la sentenza n. 2201/2011 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 30/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNI
DIOTALLEVI;
Data Udienza: 08/10/2013
Considerato che:
Mossù Filippo ricorre avverso la sentenza, in data 30 ottobre 2012,
della Corte d’appello di Palermo, con cui è stata parzialmente confermata
la condanna per il reato di ricettazione, e, chiedendone l’annullamento,
osserva che, è carente la motivazione in relazione alla ritenuta
sussistenza di elementi in base ai quali affermare la sua responsabilità
e ad escludere la concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 bis.
c.p.;
lett. c), in relazione all’art 591 lett. c) c.p.p., a fronte delle
motivazioni svolte dal giudice d’appello, che non risultano viziate da
illogicità, visto il riferimento ai precedenti penali del ricorrente per
negare la concessione delle attenuanti generiche;
questa corte ha stabilito che “La
mancanza
nell’atto
di
impugnazione dei requisiti prescritti dall’art. 581 cod. proc. pen.
– compreso quello della specificità dei motivi- rende l’atto medesimo
inidoneo ad introdurre il nuovo grado di giudizio ed a produrre,
quindi, quegli effetti cui si ricollega la possibilità di emettere
una pronuncia diversa dalla dichiarazione di inammissibilità”. (Cass.
pen., sez l, 22.4.97, Pace, 207648).
In ogni caso nel ricorso si prospettano esclusivamente valutazioni
di elementi di fatto, divergenti da quelle cui è pervenuto il giudice
d’appello con motivazioni congrue ed esaustive, previo specifico esame
degli argomenti difensivi attualmente riproposti;
Le valutazioni di merito sono insindacabili nel giudizio di
legittimità, quando il metodo di valutazione delle prove sia conforme ai
principi giurisprudenziali e l’argomentare scevro da vizi logici, come
nel caso di specie. (Cass. pen. sez. un., 24 novembre 1999, Spina,
214794);
Uniformandosi a tale orientamento che il Collegio condivide, va
dichiarata inammissibile l’impugnazione;
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in
favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili
di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro
1000;
il ricorso è privo della specificità, prescritta dall’art. 581,
PQM
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa
delle ammende.
Roma, 8 ottob e 2013