Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33865 del 15/07/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 33865 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Manca Ananio, nato il 28 agosto 1983; Ruiu
Sebastiano, nato il 10 settembre 1980; Piredda Gianluca, nato il 12 gennaio
1988, avverso la sentenza della Corte di appello di Cagliari, sezione distaccata
di Sassari, del 23 maggio 2013. Sentita la relazione della causa fatta dal
consigliere Fabrizio Di Marzio; udite le conclusioni del sostituto procuratore
generale Gianluigi Pratola, sul rigetto dei ricorsi; uditi i difensori degli
imputati, avv. Erica Dessì (per Manca e Piredda); avv. Giovanni Sannio (per
Ruiu), i quali hanno chiesto accogliersi i ricorsi.
Ritenuto in fatto
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Cagliari, sezione distaccata
di Sassari, ha confermato la sentenza del Gip del Tribunale di Nuoro del 3
aprile 2012 di condanna degli imputati Manca Ananio, Ruiu Sebastiano e
Piredda Gianluca per i delitti di tentata estorsione aggravata, ricettazione di
materiale esplodente, detenzione illegale e porto illegale dello stesso.

Nel ricorso presentato nell’interesse di Manca Ananio si contesta

Data Udienza: 15/07/2014

a,

l’inosservanza di norme processuali stabilitelDena di nullità ed inutilizzabilità in
relazione agli artt. 442 comma 1 bis, 416 comma 2, 268 comma 6, 178 e 179
cod. proc. pen.
Si argomenta infatti una illegittima compressione del diritto di difesa derivante
dalla impossibilità per il difensore dell’imputato di avere accesso alle
registrazioni delle conversazioni captate, costituenti la base probatoria
utilizzata de*giudici per giungere alla decisione di condanna.

conversazioni non erano stati effettivamente messi a disposizione del
difensore, il quale non ebbe in effetti modo di ascoltarli giacché negli uffici
dell’autorità giudiziaria non erano presenti apparecchiature adeguate allo
scopo. Allegando anche documentazione a sostegno del ricorso, si precisa che
nei locali della Procura della Repubblica di Nuoro non era stato possibile
nemmeno avere accesso ai file delle conversazioni ivi depositati, giacché non
era stato possibile aprirli e giacché l’unico aperto era risultato vuoto.
Cosicché la difesa lamenta – preliminarmente – il mancato deposito della
prova. Lamenta inoltre di non essere stata posta in condizione di ascoltare
detti file, e critica la motivazione della corte di appello per cui ben avrebbe
potuto il difensore richiedere copia dei file in questione ed ascoltarli per mezzo
dell’attrezzatura necessaria; rileva infatti che il diritto ad estrarre copia è
ontologicamente diverso dal diritto all’ascolto, il quale non è condizionato alla
esecuzione dell’onere, non legalmente previsto, di dotarsi di apposite
apparecchiature allo scopo.

Nel ricorso presentato nell’interesse di Ruiu Sebastiano si contesta violazione
di legge e vizio di motivazione in ordine alle responsabilità per il delitto di
estorsione aggravata contestato al capo A dell’imputazione lamentando: che il
periodo preso in considerazione in detto capo di imputazione si estende dal 19
settembre 2010 al 17 dicembre 2010, mentre non vi è prova di condotte
poste in essere dall’imputato prima del 12 novembre 2010 e oltre il 24
novembre 2010; che non vi sarebbero prove o indizi a carico dell’imputato
circa le condotte estorsive in parola; che le condotte effettivamente riferibili
all’imputato, relative ai delitti in materia di sostanze esplosive, si
giustificherebbero agevolmente per i motivi di rancore nutriti dall’imputato nei
confronti delle vittime, e non, come sostiene in motivazione la corte
territoriale, per l’illecito guadagno riferibile alle condotte estorsive.
Violazione di legge e vizio di motivazione sono contestati anche con riguardo

,/

Si afferma che i supporti elettronici su cui erano state registrate le

alle imputazioni di cui ai capi B e C, concernenti la ricezione di materiale
esplosivo (integrato da 1618 g di nitrato di ammonio, 16 spezzoni di miccia
detonante e un tubo metallico di contenimento), il porto e la detenzione dello
stesso, osservando come l’imputato, che avrebbe finanziato l’acquisto di detto
materiale, non ne entrò mai in possesso giacché il complice che avrebbe
dovuto procurarlo, Piredda Antonello, fu fermato ed arrestato nella flagranza
del trasporto. Cosicché, fermato il venditore, l’acquisto non fu mai più

Nel ricorso presentato nell’interesse di Piredda Gianluca si contestano
violazione di legge in relazione agli artt. 1, 2, 4 della legge n. 895 del 1967, e
vizio di motivazione, con riguardo alle condotte descritte nei capi B e D, ossia
l’acquisto di materiale esplodente, rilevandosi come nelle fattispecie
incriminatrici la condotta di acquisto non sia in nessun modo contemplata. Si
rileva inoltre che nemmeno le condotte di porto e di detenzione si sarebbero
realizzate, non essendo gli imputati mai entrati nella disponibilità del
materiale rinvenuto nella autovettura di Piredda Antonello nel momento in cui
quest’ultimo fu fermato dai carabinieri.
Circa le condotte contestate ai capi C ed E dell’imputazione si rileva che le
condotte di ricettazione non potrebbero essere così correttamente qualificate
essendo stato l’imputato condannato già per il reato di detenzione e porto di
materiale esplodente, che costituisce figura di reato presupposta rispetto alle
precedenti.
Rileva inoltre il ricorrente come nel capo B d’imputazione non sia descritto un
ordigno esplosivo, ma soltanto materiale necessario per la fabbricazione dello
stesso; cosicché l’imputato potrebbe rispondere più per tale condotta di
fabbricazione, la quale costituirebbe il fatto presupposto per il delitto di
ricettazione, a tal punto non ascrivibile all’imputato.
In ogni caso, si rileva che con riguardo ai reati contestati ai capi D ed E non vi
sarebbero prove riferibili all’imputato, pertanto non responsabile degli stessi
neanche a titolo di concorso.
Considerato in diritto
Il ricorso presentato nell’interesse di Manca Ananio è infondato.
Come chiarito nella puntuale motivazione resa dalla corte di appello a pagina
28-29 della sentenza impugnata, i file sono stati effettivamente messi a
disposizione del difensore dell’imputato negli uffici della procura; questi non
ha però chiesto di estrarre copia dei file medesimi; l’art. 271 cod. proc. pen.,

/

possibile.

nel disciplinare il divieto di utilizzo delle intercettazioni telefoniche, rinvia ai
casi indicati nell’art. 268, 1 0 e 3 0 comma cod. proc. pen. ma non anche a
quanto indicato dell’art. 268 6 0 comma cod. proc. pen., relativo alla facoltà
delle parti di ascoltare il contenuto delle intercettazioni. Cosicché, attesa la
tassatività delle ipotesi di inutilizzabilità della prova, e non essendo tra di esse
ricompreso il mancato ascolto delle registrazioni, queste ultime devono
ritenersi utilizzabili ai fini della prova medesima.

Nel ricorso si contesta la conclusione della corte territoriale circa la possibilità
dell’imputato di ottenere la copia dei file messi a disposizione dall’autorità
giudiziaria, osservando che tale facoltà sia relativa al diritto di estrarre copia,
mentre nel caso di specie cade in questione il diverso diritto all’ascolto delle
registrazioni medesime. Ma non si osserva alcunché sul dato decisivo
costituito dalla mancata previsione, tra le cause di inutilizzabilità, del mancato
rispetto dell’art. 268 comma 6 0 cod. proc. pen., che perciò integra una mera
irregolarità non cagionante inutilizzabilità. Né, giova notare, si contesta
effettivamente l’esistenza delle registrazioni medesime o il contenuto delle
stesse; in tal modo la critica sulla compressione del diritto di difesa,
esaurendosi nella lamentela di non essere stata la difesa messa in condizione
di ascoltare il contenuto delle registrazioni negli uffici della procura della
Repubblica di Nuoro, si dimostra infondata in prospettazione nulla
aggiungendo su quale sia stato il danno difensivo concretamente subito
dall’imputato.
Infine, deve osservarsi come, per la giurisprudenza di questa corte, non viola
il diritto di difesa la mancata possibilità di visionare le videoriprese effettuate
dalla P.G. trascritte su DVD e presenti in atti presso la cancelleria del Giudice
dell’impugnazione per mancanza del relativo software presso il predetto
Ufficio, qualora dette registrazioni siano mostrate alla difesa attraverso la
trasmissione al Tribunale del riesame dei relativi supporti che le contengano,
in quanto, in tal caso, il diritto di difesa non coincide con l’esame in cancelleria
dei “file” informatici, né vi è obbligo da parte dell’Ufficio giudiziario di disporre
di un siffatto “software”, né dell’Ufficio del P.M. di assicurarsi di tale
disponibilità, considerato che causa della violazione del diritto di difesa è
l’omessa completa “discovery” di atti posti a fondamento della ordinanza
cautelare – dovendosi garantire l’accesso della difesa alle registrazioni in
possesso del pubblico ministero – e che detta violazione presuppone la
richiesta di copia della riproduzione alla quale segua l’omessa consegna dei
supporti (Cass. sez. 6, 10.10.2012, n. 41530).

4

Egualmente sono infondati i ricorsi presentati nell’interesse di

Ruiu

Sebastiano e Piredda Gianluca.

Quanto alle doglianze formulate dagli stessi circa la ritenuta responsabilità per
condotte rispetto alle quali non risulta una diretta partecipazione degli

imputati (così, per il Ruiu, circa alcune condotte descritte nel capo A; per il
Piredda, circa il fatto descritto al capo D) deve osservarsi che prima il
tribunale (cfr. p. 5 ss. della sentenza), poi la corte territoriale, dalla
interpretazione del materiale probatorio in atti – massimamente integrato
dalle conversazioni ambientali e telefoniche intercettate, ma anche nella
localizzazione delle autovetture dei ricorrenti; nelle attività di osservazione
controllo e pedinamento – hanno ritenuto comprovata l’esistenza di un chiaro
sodalizio tra gli odierni imputati finalizzato alla realizzazione di estorsioni; e
ritenuto – per quanto attiene alle contestazioni svolte contro gli imputati in
oggetto – comprovato un preciso disegno criminoso volto alla realizzazione
delle estorsioni descritte nel capo di imputazione sub A, riconoscendo il nesso
di continuazione tra le diverse fattispecie criminose complessivamente
contestate.
Logicamente si evidenzia in entrambe le sentenze come la fruttuosità e la
concludenza delle indagini svolte nei confronti dei ricorrenti – e le
informazioni captate a seguito delle intercettazioni di numerosissime
conversazioni intercorse tra gli stessi e riportate soprattutto nella motivazione
resa nella sentenza di primo grado – abbiano consentito il sequestro del
materiale esplodente e l’arresto in flagranza di alcuni imputati in due diverse
occasioni: il 12.11.2010 (sequestro ai danni di Piredda Antonello) e il
24.11.2010 (sequestro ai danni di Manca ananio e altro imputato non
ricorrente).
Cosicché le generiche contestazioni aventi a oggetto o talune delle condotte di
natura estorsiva (così il Ruiu, circa il capo A) o taluni dei reati in materia di
esplosivi (così il Piredda, circa il capo D ed E) si mostrano infondate non
preoccupandosi in nessun modo di criticare l’impianto motivazionale della
sentenza impugnata circa la sussistenza del medesimo disegno criminoso di
natura estorsiva (ed anzi, il Piredda, omettendo anche di contestare il
concorso nelle estorsioni medesime).

5

Venendo al ricorso nell’interesse del Ruiu deve osservarsi che specialmente
alle pagine 56 e seguenti della sentenza impugnata la corte di appello
chiarisce che l’imputato svolse un ruolo ben definito nell’ambito del gruppo di
persone che realizzò le condotte criminali consistenti nei tentativi di
estorsione e nei reati realizzati, strumentalmente a tali tentativi, in materia di
esplosivi.
Tale ruolo si delineò in particolare nel progetto e nelle azioni relativi

istruttoria svolta nel corso del processo, finanziò anche l’acquisto. La corte di
appello si cura di precisare, a pagina 52 della sentenza impugnata, che le
eventuali ragioni di rancore nutrite dall’imputato verso la vittima non si
pongono evidentemente in contraddizione con le generali motivazioni nutrite
da tutti compartecipi alle azioni criminali, le quali erano di stampo
chiaramente estorsivo (si trattava di estorcere denaro alla vittima attraverso
la realizzazione di gravi attentati dinamitardi). Peraltro, già nella sentenza di
primo grado era stata evidenziata la compatibilità e anzi la valenza
rafforzativa del proposito criminoso di natura estorsiva costituito dal
sentimento di rancore nutrito dal reo contro la vittima (cfr. p. 60 della
sentenza).
Quanto alle contestazioni in materia di esplosivi, di cui ai capi B e C
dell’imputazione, analiticamente motiva il tribunale, ricostruendo a pp. 60 ss.
il quadro probatorio relativo alle operazioni di acquisto degli esplosivi poi
sequestrati al Piredda e al Manca, il sicuro coinvolgimento del ricorrente anche
nello specifico ruolo di finanziatore degli acquisti; mentre, a seguito delle
doglianze esposte nell’atto di appello, chiaramente motiva la corte di appello a
pagina 53 della sentenza impugnata come il finanziamento dell’acquisto di
detto materiale esplodente da parte dell’imputato e la realizzazione della
condotta da parte di Piredda Antonello, complice dello stesso arrestato perché
sorpreso – a seguito delle citate attività di indagine – nel possesso di detto
materiale, procuratosi da ignoti, integrano evidentemente la responsabilità
anche dell’odierno imputato a titolo di concorso con riguardo alle azioni del
complice (di ricezione di detto materiale di provenienza illecita, detenzione e
porto dello stesso).

Infine, quanto al ricorso presentato nell’interesse di Piredda Gianluca deve
rilevarsi ciò che segue.
Circa la qualifica del materiale sequestrato a Piredda Antonello e relativo al

7z

all’acquisizione di materiale esphaente, di cui l’imputato, come emerso nella

capo B dell’imputazione, osserva correttamente la corte di appello che,
essendo stato sequestrato il nitrato di ammonio, materiale utilizzato per la
costruzione di esplosivi, insieme a 16 spezzoni di miccia detonante e a un
tubo metallico di contenimento, ciò che è stato sequestrato deve nel suo
insieme considerarsi materiale esplodente in quanto finalizzato a confezionare
un ordigno. Del resto, per la giurisprudenza di questa corte il possesso di
denotatori è sufficiente in se stesso a integrare le condotte di reato contestate

(cfr. Cass. sez. I, 8.11.2012, n. 46256; Cass. sez. I, 21.10.1994, n. 12223).
L’aver ricevuto detto materiale da terzi rimasti ignoti, integra chiaramente il
delitto di ricettazione contestato anche all’odierno imputato a titolo di
concorso al capo C dell’imputazione; l’aver trasportato illegalmente tale
materiale integra il delitto di detenzione e porto, contestati a titolo di concorso
anche all’odierno imputato al citato capo B.
Quanto alla responsabilità per i delitti di ricettazione, detenzione porto di
materiale esplodente contestate ai capi D ed E dell’imputazione, fermo quanto
appena esposto circa le doglianze ora esaminate con riguardo ai capi B e C,
deve osservarsi ancora che la corte territoriale correttamente rileva come la
complessa vicenda delle estorsioni a mezzo di utilizzo di materiale esplosivo
non può essere arbitrariamente parcellizzata con riguardo alle posizioni e ai
segmenti di condotta direttamente ascrivibili ai singoli imputati coinvolti, ma
deve essere considerata nel complessivo significato che assume nel suo
insieme. Osserva a tal riguardo correttamente la corte a pagina 39 della
sentenza impugnata che da nessun elemento processuale è possibile
desumere che l’imputato, ampiamente coinvolto nella consorteria costituitasi
per svolgere reati di estorsione attraverso l’utilizzo di materiale esplosivo,
abbia ad un certo punto cessato di partecipare alle attività del gruppo; si
osserva in aggiunta, logicamente valutando il rilievo come significativo, che da
nessuna delle copiose intercettazioni risulta la possibilità di questa lettura
della vicenda; e si precisa ancora, per scongiurare qualsiasi residuo dubbio al
riguardo, che in nessun modo sono stati registrati episodi di scontro o dissidio
tra l’imputato e i propri complici o comunque sono stati registrati fatti utili a
giustificare un eventuale allontanamento dell’imputato dal sodalizio criminoso
a cui aveva stabilmente preso parte. Conclude pertanto logicamente la corte
che il ricorrente è stato giustamente condannato a rispondere per tali fatti:
giacché benché egli non abbia partecipato materialmente alla esecuzione degli
stessi, nondimeno ne ha condiviso la finalità ideativa. Significativamente
osserva il tribunale come le condotte estorsive complessivamente poste in

7

essere dal gruppo di cui faceva parte anche il ricorrente vengono ad
interrompersi con il decreto di fermo emesso il 17.12.2010 nei confronti, tra
gli altri del Ruiu e di Piredda Gianluca (mentre le ultime condotte contestate ai
capi D ed E risalgono al 24.11.10). Appare anche rilevante l’osservazione del
tribunale sulle reazioni del Piredda, desumibili dalle intercettazioni telefoniche
in data 26.11.2010 -dunque due giorni dopo l’arresto del Manca con riguardo
ai fatti contestati ai capi D ed E – di essere coinvolto nelle indagini in corso,

concorrenti (cfr. p. 36-41 della sentenza di primo grado).

Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali.
PQM

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deliberato il 15.7.2014

palesate dagli arresti e dai fermi nel frattempo eseguiti a danno di taluni

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