Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33855 del 27/03/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 33855 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: LANZA LUIGI

SENTENZA
decidendo sul ricorso proposto da Polverino Angelo nato il
giorno 19 marzo 1957, avverso l’ordinanza 20 novembre -23 dicembre
2013 del Tribunale del riesame di Napoli.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso.
Udita la relazione fatta dal Consigliere Luigi Lanza.
Sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto
Procuratore Generale Giovanni D’Angelo che ha concluso per il rigetto
del ricorso, nonché i difensori del ricorrente, avv.ti Vittorio Giaquinto e
Giovanni Aricò, che hanno chiesto raccoglimento dell’impugnazione.
RITENUTO IN FATTO
1. Polverino Angelo ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso
l’ordinanza 20 novembre -23 dicembre 2013 del Tribunale del riesame
di Napoli, che ha confermato la decisione del G.I.P. presso lo stesso
tribunale.

Data Udienza: 27/03/2014

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1.1. Polverino unitamente a Gasparin Giuseppe, Grillo Angelo,
Grillo Roberto, -Grillo Giuseppe di Angelo -Grillo Giuseppe fu Francesco
-De Feudis Pasquale -Rinaldi Antonio -Ranieri Fiore -Gabraj Isuf -Luce

al capo B) del delitto di cui agli artt. 110, 81 cpv., 112 n.1, 353
co. i e 2 c.p., 7 L.203/91 perchè, in concorso e previo accordo tra loro,
con pluralità di condotte esecutive di un medesimo disegno criminoso,
anche in tempi diversi e in violazione di diverse disposizioni di legge,
con collusioni o altri mezzi fraudolenti, abusando i pubblici ufficiali dei
loro poteri e in violazione dei loro doveri, turbavano la pubblica gara
del pubblico appalto relativo alla “gara a procedura aperta per
l’affidamento del servizio di pulizia delle strutture dell’ASL di Caserta
per la durata di tre anni e per un importo complessivo di circa
ventisette milioni di euro” al fine di aggiudicare la medesima alla ditta
CO.LO.COOP. di Milano o all’ATI composto dalla ditta DERICHEBOURGH
Multiservizi S.p.a e dal Consorzio CONESP.
In particolare, con i seguenti ruoli: GASPARIN Giuseppe in
qualità di presidente della commissione per l’aggiudicazione della
predetta gara d’ appalto; POLVERINO Angelo in qualità di consigliere
regionale di maggioranza; RINALDI Antonio in qualità di
rappresentante legale nella procedura d’appalto della ditta
CO.LO.COOP.; RANIERI Fiore in qualità di amministratore unico della
ditta CO.LO.COOP; DE FEUDIS Pasquale in qualità di gestore della ditta
CO.LO.COOP; LUCE Lazzaro in qualità di amministratore unico della
società DERICHEBOURGH Multiservizi S.p.a; PASCARELLA Antonio in
qualità di rappresentante legale nella procedura d’appalto della società
DERICHEBOURGH Multiservizi S.p.a; GRILLO Angelo, GRILLO Roberto,
GRILLO Giuseppe di Angelo e GRILLO Giuseppe fu Francesco in qualità
di gestori di fatto della CO.LO.COOP; GABRAJ Isuf e altri due soggetti
non identificati, in qualità di autori materiali ed esecutori delle condotte

Lazzaro -Pascarella Antonio è accusato:

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ispirate dai predetti GRILLO Angelo, GRILLO Roberto, GRILLO Giuseppe
di Angelo e GRILLO Giuseppe.
Segnatamente i pubblici ufficiali operavano attraverso plurime

maniera del tutto arbitraria all’ATI composta dalla ditta
DERICHEBOURGH Multiservizi S.p.a e dal Consorzio CONESP e alla
ditta CO.LO.COOP il punteggio dell’offerta tecnica di 58,9 punti su 60
disponibili, notevolmente superiore a quello delle altre società
partecipanti alla gara sopra indicata, agendo anche in violazione dei
doveri di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento,
trasparenza, proporzionalità (artt. 97 Cost. e 27 Cod. Appalti) inerenti
alle loro funzioni di pubblici ufficiali, nonchè, abusando della loro
qualità, al fine di agevolare le imprese suddette e di procurare a questi
un indebito profitto patrimoniale di rilevante importo. Gli altri agivano
quali istigatori, concorrenti e beneficiari delle condotte illecite.
Con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare
l’organizzazione camorristica denominata “clan Belforte” a cui
appartiene GRILLO Angelo, operante prevalentemente in Marcianise,
Portico di Caserta, Macerata Campania e paesi limitrofi, nonchè in
relazione alla posizione di LUCE Lazzaro e PASCARELLA Antonio al fine
di agevolare anche l’organizzazione camorristica denominata ‘clan dei
Casalesi’, operante nella provincia di Caserta e paesi limitrofi. In
Caserta, dal 19.03.2012 al 08.11.2012.
2. Con ordinanza in data 28 ottobre 2013, il Giudice per le
indagini preliminari del Tribunale di Napoli ha applicato all’indagato la
misura cautelare della custodia in carcere in relazione al reato di cui
agli artt. 81 cpv, 353 cod. pen. art. 7 L.203/91 (capo B)
dell’imputazione provvisoria formulata dal PM..
3. Avverso tale ordinanza il difensore ha ritualmente proposto
impugnazione ex art. 309 c.p.p., ed il Tribunale del riesame ha

violazioni di legge e false attestazioni, consistite nell’assegnare in

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confermato detta decisione, ritenuta la sussistenza di gravi indizi di
colpevolezza e ricorrendo esigenze di tutela della collettività, da
soddisfare a mezzo della misura applicatagli.

1. Con un unico motivo di impugnazione la difesa del Polverino
prospetta: violazione dell’art. 178 lett. c) c.p.p. in relazione alla
omessa valutazione della memoria difensiva e della documentazione
allegata, depositata in udienza camerale; violazione di legge e vizio di
motivazione con riferimento agli artt. 273 e 274 c.p.p. e art. 7 I.
203/91.
2. La difesa lamenta criticamente:
a)

mancanza di motivazione del provvedimento impugnato,

sotto il profilo della omessa valutazione della memoria difensiva,
depositata in udienza e della allegata documentazione, alla quale
sarebbe seguita una motivazione che avrebbe ignorato
completamente, ovvero motivato solo in maniera illogica ed apparente
in ordine alle deduzioni difensive predette;
b) errata valutazione delle dichiarazioni del Pirozzi prive di
riscontri e comunque apprezzate in relazione ad altri procedimenti e
senza tener conto, come evidenziato nella memoria, che le fonti del
Pirozzi erano costituite da persone politicamente ostili al Polverino
(come Pellegrino), che i risultati elettorali smentivano il riferito
sostegno del clan dei Casalesi, a cui si opponeva tra l’altro la nomina
della dr.ssa Cangiano (figlia di una vittima della camorra) a propria
segretaria personale;
c) scorretto apprezzamento di dati processuali e del reale tenore
delle conversazioni;
d) il salto logico di natura assiomatica (18) secondo cui il
Gasparin sarebbe stato manovrato dal Polverino nella gara di appalto al
fine di favorire i Casalesi;

CONSIDERATO IN DIRITTO

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e) la carente giustificazione sulla eccezionale pericolosità
ancorata a fatti risalenti nel tempo.
3.11 motivo in tutte le sue articolazioni è in parte inammissibile

3.1. E’ noto infatti che la richiesta di riesame ha la specifica
funzione, come mezzo di impugnazione, sia pure atipico, di sottoporre
a controllo la validità dell’ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti
formali enumerati nell’art. 292 cod. proc. pen. e ai presupposti ai quali
è subordinata la legittimità del provvedimento coercitivo.
3.2. Pertanto, il controllo di legittimità sulla motivazione delle
ordinanze di riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà
personale, stabilito a garanzia del provvedimento, nel caso in cui la
motivazione risulti adeguata, coerente ed esente da errori logici e
giuridici, non involge il giudizio ricostruttivo del fatto e gli
apprezzamenti del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la
rilevanza e la concludenza dei risultati del materiale probatorio.
3.3. In ogni caso, sia la scelta che la valutazione delle fonti di
prova rientrano tra i compiti istituzionali del giudice di merito e
sfuggono al controllo del giudice di legittimità se adeguatamente
motivate e immuni da errori logico-giuridici: a tali scelte e valutazioni
non può infatti opporsi, se correttamente motivate, un diverso criterio
o una diversa interpretazione, anche se dotati di pari dignità (Cass.
Penale sez.VI, 3000/1992, Rv. 192231 Sciortino).
3.4. Da ultimo ed in particolare, il vizio di mancanza della
motivazione dell’ordinanza del riesame, in ordine alla sussistenza dei
gravi indizi di colpevolezza non può essere sindacato dalla Corte di
legittimità, quando non risulti “prima facie” dal testo del
provvedimento impugnato, restando estranea alla valutazione di
legittimità la verifica della sufficienza e della razionalità della

ed in parte infondato e non consente il chiesto annullamento.

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motivazione sulle questioni di fatto (cfr. ex plurimis e da ultimo: cass.
pen. sez. 4, Sentenza n. 26992 del 29/05/2013 Cc. Rv. 255460).
4. Tanto premesso, ritiene la Corte che la gravata ordinanza

sotto i profili delle invalidità ex art. 606 cod. proc. pen. :
a) sulla circostanza che il racconto del collaboratore Pirozzi,
ricco di particolari, coerente e logico nel suo costrutto narrativo, sia
espressione, ragionevole e meditata, di informazioni direttamente
apprese in quel preciso contesto ambientale, da parte di una persona
la cui affidabilità ed attendibilità, intrinseca ed estrinseca, risulta
essere stata vagliata in più riprese ed anche da questa stessa sezione
della Corte (cfr. cass. pen. sez. cc 22 ottobre 2013, sentenza Barbato
per vicende legate al clan Mallardo);
b) sul fatto che le dichiarazioni di Pirozzi riscontrano, in termini
individualizzanti, le altre convergenti acquisizioni processuali,
convergendo esse in ordine al ruolo assunto dal ricorrente;
e) sulla ragione che la gravità dei fatti contestati ed il contesto
di criminalità organizzata in cui sono maturati (e che ne costituisce la
causale) impongono la misura della custodia cautelare in carcere, in
quanto la pericolosità sociale è insita nella condotta, così come
contestata, e nel caso in esame manca qualsivoglia elemento positivo
che conduca a ritenere non più sussistenti le esigenze di prevenzione,
non incidendo il tempo decorso o la circostanza che l’ordinanza
impugnata sia intervenuta dopo l’annullamento della originaria
ordinanza genetica, su tali esigenze al punto di farle ritenere cessate.
5. Per le restanti doglianze, se è vero che Vart.292 comma 2 ter
c.p.p. sanziona di nullità l’ordinanza cautelare che non contenga la
valutazione degli elementi a carico e a favore dell’imputato, è anche
vero, però, che la detta norma non impone al giudice l’ indicazione di
qualsiasi elemento che sia ritenuto favorevole dal difensore, né, tanto

abbia ampiamente spiegato ed argomentato,in termini non censurabili,

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meno, gli prescrive – in sede di riesame – la confutazione di
qualsivoglia argomento difensivo di cui appaia manifesta l’ irrilevanza o
la non pertinenza, restando circoscritto il dovere motivazionale alla

con gli elementi accusatori, e non anche di deduzioni dirette a proporre
ricostruzioni alternative della vicenda e a contrastare il potere selettivo
degli elementi di indagine posti a fondamento delle decisioni cautelari
(cfr., ex plurimis: Cass. Pen. sez.VI, 46545/2008 Zarrillo, Sez. VI, 28
febbraio 2005, Baccarini).
5.1. Il tutto, in presenza di un provvedimento, quale è quello
del giudice a quo, che ha ampiamente argomentato sulle deduzioni
difensive, anche quelle espresse negli ultimi atti, e sulla loro idoneità
ad incidere sul contenuto del provvedimento impositivo, tenuto conto
che, come detto:
a) è stata accuratamente vagliata la personalità del Pirozzi sotto
il duplice profilo della sua attendibilità intrinseca ed estrinseca;
b)

sono state tra loro correlate le molteplici risultanze

processuali sul punto;
c)

sono state puntualmente confrontate e valorizzate le

dichiarazioni dei collaboratori di giustizia sull’appartenenza al sodalizio
del ricorrente e sulla perdurante sua qualità di persona malavitosa che
si avvale della sua fama e del credito criminale conseguito per ottenere
favori.
5.2. In tale argomentata realtà, il concetto di mancanza di
motivazione infatti non puo’ essere tanto dilatato da includere ogni
omissione concernente l’analisi di determinati elementi probatori.
Invero, un elemento probatorio estrapolato dalla cornice contestuale
in cui esso si inserisce, non posto a raffronto con il complesso
probatorio unitario, puo’ acquisire un significato molto superiore a
quello che gli è invece attribuibile in una valutazione completa del

disamina di specifiche allegazioni difensive oggettivamente contrastanti

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quadro delle prove acquisite. Ritenere il vizio di motivazione per la
omessa menzione di un tale elemento nella sentenza comporterebbe il
rischio di annullamento di decisioni logiche, e ben correlate alla

5.3. In definitiva, l’ordinanza impugnata e la decisione del G.I.P.
(che si integrano reciprocamente) hanno preso in esame tutte le
risultanze degli atti, hanno indicato le fonti probatorie da cui hanno
tratto il loro convincimento ed hanno sostenuto le conclusioni con
argomentazioni che risultano prive di vizi giuridici ed immuni da
manifesta illogicità. Da ciò consegue che la decisione non è sindacabile
in questa sede. In tale contesto, inoltre, il ricorso non segnala alcun
atto da qualificarsi decisivo, nel senso precisato, ma propone una
rinnovata ponderazione delle emergenze processuali alternativa a
quella correttamente effettuata dai giudici cautelarl i così introducendo
questioni che esulano dai limiti cognitivi del giudizio di legittimità.
Il ricorso pertanto risulta infondato, valutata la conformità del
provvedimento alle norme stabilite, nonché apprezzata la tenuta logica
e coerenza strutturale della giustificazione che è stata formulata.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

sostanza degli elementi istruttori disponibili.

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