Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33854 del 27/03/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 33854 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: LANZA LUIGI

SENTENZA
decidendo sul ricorso proposto da Giannelli Massimo, nato il
giorno 6 luglio 1968, avverso il decreto 6 ottobre 2012 del G.I.P.
presso il Tribunale di Perugia, che ha dichiarato inammissibile
l’opposizione del Giannelli e decisa l’archiviazione del procedimento a
carico di Cavallo Carmela.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato, il ricorso e la memoria
della patte civile.

Jeja

Udita la relazione fatta dal Consigliere Luigi Lanza.
4v flzo-.
iUt 141 Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto

Procuratore Generale,

.Reflicia j4o(JTwPr che ha concluso per

Data Udienza: 27/03/2014

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l’accoglimento del ricorso con annullamento senza rinvio del
provvedimento impugnato e trasmissione degli atti al Tribunale per
l’ulteriore corso.

1. Il G.I.P. presso il Tribunale di Perugia, con il decreto de quo,
esaminata la richiesta di archiviazione formulata dal PM, nel
procedimento a carico di Cavallo Carmela, Presidente del tribunale per i
minorenni di Roma, per l’ipotizzato reato di cui all’art. 323 c.p., e
valutata l’opposizione alla richiesta di archiviazione proposta da
Giannelli Massimo, ha considerato non ammissibile la detta opposizione,
sul rilievo che l’opponente, dopo aver sinteticamente ripercorso le
doglianze contenute nell’originaria denuncia, e nel richiedere la
prosecuzione delle indagini, non avrebbe indicato, in modo specifico,
l’oggetto della investigazione suppletiva e i relativi elementi di prova.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Le prime quattro pagine del ricorso del Giannelli sono state
dedicate al merito della vicenda, sostenendosi tra l’altro ed in
particolare:
a)
minorenni

che la denuncia contro la Presidente del Tribunale per i
era stata determinata dall’aver la Dott.ssa Cavallo

«immotivatamente ed arbitrariamente attivato»

la procedura di

adozione di una minore affidatagli dai Servizi Sociali di Roma nel Maggio
2009 1 dopo un periodo di ben diciotto mesi trascorsi presso l’abitazione
dello stesso, disponendone l’immediato collocamento presso una Casa
Famiglia;
b) che ciò era avvenuto nonostante la piccola (di cui in ricorso
non è precisata l’età come pure l’età della coppia affidataria) si fosse
ambientata ed inserita perfettamente nel contesto familiare ed
ambientale del denunciante, nonostante frequentasse con profitto una
scuola privata internazionale, nonostante le figure di riferimento per le

RITENUTO IN FATTO

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Istituzioni, ovvero l’assistente sociale ed il tutore della minore,
nell’ottobre 2010, avessero manifestato la massima soddisfazione per il
benessere raggiunto dalla piccola e soprattutto senza che la Dott.sa

condizioni della bambina, né a compulsare atti, relazioni e quant’altro
facenti parte del fascicolo processuale, senza nemmeno esaminare la
domanda di adozione in casi particolari presentata dal Dott.Giannelli il
14/7/2010. dietro espresso suggerimento del curatore speciale;
c) che, non solo la piccola che per un anno e mezzo era stata
accudita con amore dal predetto, oltre che dai suoi familiari (ai quali si
rivolgeva chiamandoli “nonni”), veniva repentinamente e crudelmente
strappata alla sua nuova quotidianità, agli affetti ed alle abitudini, alle
maestre ed ai compaetti, ciò che è stato ancor più sconvolgente e che
era appunto oggetto della denuncia sono state le modalita’ e le
motivazioni: il Presidente Cavallo, dopo aver posto domande allusive e
dopo aver fatto osservazioni non pertinenti ed offensive nei confronti del
Dott. Giannelli, durante l’udienza dell’11/11/2010, arrivando a sostenere
che qualunque bambina sarebbe stata a rischio anche con il proprio
padre naturale, descriveva la permanenza della bimba presso
l’abitazione dello stesso come un “errore”, un errore dei Servizi Sociali
che non avrebbero informato il Tribunale per i Minorenni del
collocamento della piccola presso l’odierno ricorrente.
2. Su tali premesse in fatto, il ricorso propone un unico motivo di
impugnazione con il quale deduce violazione di legge con riferimento ai
disposti dell’art. 410 cod. proc. pen. e vizio di motivazione per
contraddittorietà ed insufficienza della stessa, affermandosi,
contrariamente all’assunto del G.I.P.:
a) che le richieste di investigazione suppletiva erano state
compiutamente dedotte nell’atto di opposizione;

Cavallo sì fosse mai disturbata a sincerarsi personalmente della

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b) che non si comprende quali siano le ulteriori circostanze
secondo cui per il provvedimento censurato si dovevano indirizzare «gli
approfondimenti investigativi richiesti in modo del tutto generico»;

commenti. modalità nell’adozione

dei provvedimenti presi dal

magistrato, nonché anomalie, peculiarità dell’intera vicenda vissuta che
andavano ben oltre la ‘la mera doglianza’ ed imponevano la necessità
di un approfondimento…. che doveva vertere anche sulle altre figure
coinvolte nella vicenda» .
2.1. Da ciò la richiesta di annullamento che si assume fondata:
sull’errata valutazione dell’attività, indicata come indagine suppletiva;
sulla consequenziale violazione di quanto disposto dagli artt. 410 e ss.
c.p.p.; sulla generale contraddittorietà ed illogicità della motivazione
stessa che, di fatto, diventerebbe apparente.
3. E’ fermo convincimento della Corte che le doglianze del
Giannelli, pur condivise dal Procuratore generale, per come formulate ed
argomentate, non possano essere accolte.
3.1. La memoria della dr.ssa Cavallo, depositata 1’11 marzo
2014, nelle prime otto pagine, propone a sua volta, al fine di un corretto
inquadramento dell’atto di denuncia del dr. Giannelli, una ricostruzione
della scansione degli eventi, accompagnata dalle corrispondenti
decisioni dei giudici civili, i quali hanno peraltro formalmente
riconosciuto la fondatezza delle deliberazioni in punto di adottabilità
della minore Ahmetovic Elvira e delle conseguenti ulteriori decisioni.
Nella parte in punto di diritto, la memoria evidenzia poi la genericità
della richiesta formulata dal dr. Giannelli, unitamente alla circostanza
che i pretesi nuovi atti di indagine non hanno né pertinenza, né
specificità e neppure rilevanza ai fini dell’accertamento penale.
3.2. Tanto premesso, ritiene la Corte di ribadire la correttezza
dell’argomentare del decreto, intervenuto in un contesto in cui il dr.

c) che nella denuncia sono stati «evidenziati comportamenti,

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Giannelli, denunciante-ricorrente, ha lamentato che la Dr.ssa Cavallo,
quale Presidente del Tribunale per i Minorenni di Roma, avrebbe
immotivatamente ed arbitrariamente attivato la procedura di adozione

l’allontanamento dalla casa del Giannelli, presso il quale la piccola aveva
trascorso un periodo di diciotto mesi, nonostante il buon inserimento
della minore nel contesto ambientale e familiare offerto dall’ esponente.
3.3. Rilevante in proposito, nell’economia dell’assunta decisione,
è il novero delle invalidità prospettate dal Giannelli, le quali attengono
alla pretesa illegittimità, erroneità, iniquità di provvedimenti, assunti dal
magistrato nell’esercizio delle sue funzioni (ed eventualmente
impugnabili secondo i rimedi di legge), provvedimenti che -osserva il
G.I.P.- costituiscono peraltro espressione dell’esercizio, discrezionale e
motivato, della gìurisdizione, il cui merito non è stato ritenuto
condivisibile dall’opponente.
3.4. In tale quadro, il decreto, con un giudizio di merito che, per
la sua completezza e correttezza, risulta immune da invalidità logicogiuridiche, nel definire il tema dell’archiviazione, bene e
persuasivamente :
a) ha evidenziato ed utilizzato due decisioni di questa Corte
regolatrice (Cass. sez. VI, n. 28961 del 9.7.2008 e Cass. sez. 4 n.
25575 del 23.4.2008) per le quali: è inammissibile l’opposizione alla
richiesta di archiviazione, con cui la persona offesa faccia richiesta di
un’integrazione investigativa, come nella specie, priva del carattere
della novità, considerato che le investigazioni suppletive, che fondano
l’opposizione, devono tendere alla scoperta di fatti nuovi: ne consegue
che il Gip può ritenere inutile l’opposizione e dichiararla inammissibile,
quando le indicate investigazioni suppletive abbiano ad oggetto fatti già
noti;

di una minore, affidata all’esponente dai Servizi Sociali, disponendone

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b) ha premesso che, per la configurazione del prospettato abuso
d’ufficio, è necessario che il pubblico ufficiale violi norme di legge o di
regolamento, ovvero ometta di astenersi quando prescritto, al diretto

danneggiare altri, elementi che nella specie non sono neppure
rappresentati e comunque assenti nella fattispecie, con conseguente
non ravvisabilità degli estremi del reato di cui all’art. 323 c.p. o di altra
fattispecie criminosa con derivata infondatezza della notizia di reato;
c) ha sul punto rilevato che l’opponente ha chiesto, quale attività
suppletiva di indagine: l’acquisizione al fascicolo degli atti del
procedimento nel cui ambito sono stati adottati i provvedimenti
giurisdizionali contestati; l’audizione della persona offesa (la quale
peraltro aveva già esposto compiutamente gli elementi posti a
fondamento dei fatti, come riferiti con le corrispondenti doglianze
nell’atto di denuncia e nulla ha aggiunto, in punto di fatto, nell’atto di
opposizione); l’audizione del tutore della minore, Silvia Cioni,
dell’assistente sociale Rosangela Cutro, e del curatore speciale Avv.
Cynthia De Conciliis, sui fatti esposti in denuncia, il tutto senza che
siano state indicate le ulteriori circostanze sulle quali dovrebbero vertere
gli approfondimenti investigativi, richiesti in modo del tutto generico;
d) ha precisato che, non solo il denunciante non ha addotto
elementi che, anche solo embrionalmente potessero evidenziare
l’esistenza di una condotta intenzionale del magistrato, specificamente
volta, quale obbiettivo primario perseguito, a danneggiare
ingiustamente il denunciante o a procurare un ingiusto vantaggio
patrimoniale a sé o a terzi, ma si è limitato a coltivare una serie di
censure, aventi ad oggetto una decisione giurisdizionale non gradita,
senza che siano stati neppure evidenziati motivi estranei alla
giurisdizione, che abbiano influenzato l’operato e la conseguente

scopo di procurare a sé o ad altri altri un vantaggio patrimoniale o di

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motivata deliberazione del magistrato, che si è occupato del
procedimento in esame;
e) ha conclusivamente ribadito, ad ulteriore sostegno dei suoi

prospettano mere doglianze in ordine alla erroneità del provvedimento,
alla negligenza del magistrato, all’omissione o ritardo nel deliberare da
parte del giudice, è da escludere che possano essere proposte indagini
preliminari non basate su una vera e propria notizia di reato, bensì al
solo fine di acquisirla.
4. Ciò posto, ritiene questa Corte che il giudice per le indagini
preliminari abbia correttamente deliberato “de plano”
sull’inammissibilità dell’opposizione della persona offesa alla richiesta di
archiviazione del P.M., evidenziando la sostanziale assenza
nell’indicazione di investigazioni suppletive, e al contempo la loro
concomitante irrilevanza, non già sotto il profilo prognostico del loro
esito, bensì per il difetto di incidenza concreta sul tema della decisione,
in quanto intese e finalizzate ad approfondire gli stessi temi di indagine,
già esaminati e giudicati inidonei a ritenere, configurabile il reato
denunciato (cfr. in termini: cass. pen. sez. 5, 566/2014 e 558/2014)

Rv. 258667).
4.1. In conclusione, si tratta una motivazione non di stile
sull’inammissibilità dell’opposizione, connotata dalla spiegazione
adeguata e logica dei motivi di non novità, irrilevanza o della non
pertinenza degli atti di investigazione richiesti, che non realizza in alcun
modo la dedotta violazione del diritto al contraddittorio della persona
offesa per la mancata adozione del rito camerale.
4.2. Il ricorso pertanto risulta infondato, valutata la conformità
del provvedimento alle norme stabilite, nonché apprezzata la tenuta
logica e la coerenza strutturale della giustificazione che è stata
formulata.

assunti (citando: Cass. Pen., sez. III 3261/1999), che, allorquando si

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P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

Il consigliere estensore

Così deciso in Roma il giorno 15014

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