Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33853 del 26/03/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 33853 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: LANZA LUIGI

SENTENZA
Decidendo sui ricorsi proposti ex art. 625 bis cod. proc. pen. da

Della Ventura Antonio,

nato il giorno 27/10/1964,

Buonocore

Concetta nata il giorno 15/06/1962, Della Ventura Fulvio nato il giorno
14/12/1982, Buonocore Prisco nato il giorno 7/06/1965,

Buonocore

Vincenzo nato il giorno 1/10/1963, Buonocore Francesco nato il giorno
19/07/1974, e

Buonocore Elisabetta, nata il 20/12/1968, avverso la

sentenza, 28 febbraio 2013, n. 37751/2013 della II sezione di questa
Corte, che ha rigettato il ricorso avverso il decreto 21 febbraio 2012 della
Corte di appello di Napoli.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso.
Udita la relazione fatta dal Consigliere Luigi Lanza.

Data Udienza: 26/03/2014

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Sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore
Generale Viola Alfredo Pompeo che ha concluso per il rigetto del
ricorso.

1. Della Ventura Antonio, la moglie, Buonocore Conceda, ed i figli
Della Ventura Fulvio, Buonocore Prisco, Buonocore Vincenzo, Buonocore
Francesco e Buonocore Elisabetta, terzi interessati, in quanto intestatari,
di due beni immobili e di libretti e depositi al risparmio per i quali è stata
disposta la confisca al coniuge-padre, Antonio Della Ventura, ricorrono, a
mezzo dei loro difensori avverso la sentenza 37751/2013 della II sezione
di questa Corte, in data 28 febbraio 2013, che ha rigettato il ricorso contro
il decreto n. 183/2009 della Corte di appello di Napoli del 21/02/2012.
2. Risulta agli atti che il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere,
con decreto in data 5 maggio -11 giugno 2009, premessa l’esistenza di
un precedente decreto n. 97/06 (inoppugnabile dal 2008) di
applicazione a Antonio Della Ventura della misura di prevenzione della
sorveglianza speciale di pubblica sicurezza -misura non ancora
eseguita per il perdurante stato di detenzione in carcere del
sottoposto – ha disposto, nei confronti dello stesso, la confisca di due
beni immobili e di libretti e depositi al risparmio.
3. Avverso detta pronunzia hanno presentato appello Antonio
Della Ventura, nonchè gli intestatari dei beni Concetta Buonocore, Prisco
Buonocore, Vincenzo Buonocore, Francesco Buonocore, Elisabetta
Buonocore e Fulvio Della Ventura, svolgendo plurime contestazioni: con
\
riguardo alla nullità del provvedimento di confisca, perche lo stesso
sarebbe stato relativo a beni acquisiti dagli appellanti per successione
mortis causa, in quanto appartenuti a persone decedute e dunque
non più in grado di difendersi e dimostrare la legittimità dell’acquisto; e,
comunque, alla nullità del provvedimento impugnato, per non
essere stata materialmente eseguita la misura di prevenzione su cui si

RITENUTO IN FATTO

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fonda la confisca; e infine svolgendo considerazioni critiche per non
essere sussistenti i presupposti di legge per l’adozione della misura
stessa.

provvedimento impugnato, con decreto 21 febbraio 2012, e la seconda
sezione della Corte di Cassazione, con la gravata pronuncia 28 febbraio
2013, ha rigettato il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La difesa dei ricorrenti chiede l’annullamento ex artt. 625 bis
cod. proc. pen. in relazione all’art. 610 cod. proc. pen. per errore
materiale e/o di fatto, costituito dall’omessa notifica al difensore
costituito (avv. Michele di Fraia) della data di udienza in cassazione del
28 febbraio 2013 , e, in subordine, qualora il ricorso fosse dichiarato
inammissibile, eccepisce l’ illegittimità costituzionale del citato art. 625
bis nella parte in cui non menziona tra i soggetti legittimari al ricorso i
terzi interessati colpiti da una confisca in sede di procedimento misure
di prevenzione patrimoniale.
2. Il ricorso prospetta la seguente scansione dei fatti rilevanti:
a) il 28 febbraio 2013 è stata celebrata l’udienza innanzi alla II
sezione penale della Suprema Corte di Cassazione concernente le
misure di prevenzione patrimoniali in relazione al ricorso presentato da
Della Ventura Antonio (proposto), e dagli intestatari dei beni contro il
provvedimento emesso dalla Corte di Appello di Napoli;
b)

l’avv. Michele Di Fraia, difensore dei terzi interessati

unitamente all’avv. Antonio Abet, al momento della proposizione del
ricorso non era ancora iscritto all’albo speciale degli avvocati
cassazionisti: ragion per cui l’impugnazione veniva proposta soltanto
Abet;
c) successivamente al deposito del ricorso, e cioè il 30 marzo
2012 l’avv. Di Fraia diveniva Cassazionista e ciò prima della data (14

4. La Corte di Appello ha confermato parzialmente il

4

febbraio 2013) in cui la cancelleria della Suprema Corte di Cassazione
aveva inviato la notifica per la fissazione della udienza del 28 febbraio
2013;

e non all’avv. Di Fraia.
3. Su tali premesse il ricorrente evidenzia criticamente:
a) che l’avviso dell’udienza del 28.2.13 che si è tenuta innanzi
alla II sezione penale della Suprema Corte di Cassazione doveva essere
notificato anche all’avv. Michele Di Fraia, iscritto all’albo speciale della
Corte di Cassazione successivamente al deposito del ricorso (30.3.12),
ma comunque in tempo utile per la notifica dell’avviso (compilato dalla
cancelleria in data 14.2.13 per la udienza del 28.2.13 Si cita sul punto
Cass. Sez. IV, 9 novembre 2000, n. 3475/01, Marmorata, Cass. Pen.
2002, 259);
b) che a norma dell’art. 523 cod. proc. pen. , l’imputato ha
diritto ad essere avvisato personalmente allorché sia assistito da
difensore di fiducia non iscritto all’albo speciale della Corte di
Cassazione; tale ipotesi tuttavia non si verifica quando il difensore di
fiducia sia divenuto cassazionista soltanto dopo la presentazione del
ricorso ma comunque in tempo utile per la notifica, essendo in tal caso
sufficiente dare avviso al predetto difensore’.
c) che il mancato avviso al difensore di fiducia può essere
rimediato attraverso lo strumento offerto dall’art. 625 bis cpp: il ricorso
straordinario, infatti, è esperibile per rimediare ad errori della Corte di
Cassazione che abbiano compromesso la partecipazione al giudizio di
legittimità di tutti i soggetti aventi diritto.
4. Il ricorso, su tali premesse in fatto:
a) dà atto che la norma di cui all’art. 625 bis cod. proc. pen.,
introducendo una vistosa deroga al principio della irrevocabilità delle
decisioni della Corte di cassazione, è oggetto di stretta interpretazione;

d) l’avviso veniva quindi notificato soltanto all’avv. Antonio Abet,

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b) prospetta tuttavia la novità data dalla pronuncia della sez. V
13 novembre 2012, n. 14044, che, in tema di sequestro, ha affermato
per la prima volta la natura “oggettivamente sanzionatoria” della

codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione introdotto dal
d.lgs. 6 settembre 2011, n. 1592) al punto da riconoscerle l’applicazione
dei relativi principi costituzionali, a partire dal principio di irretroattività.
4.1. Per il ricorrente, tale assoluto cambio di orientamento e gli
assunti in punto di natura della confisca consentirebbero di estendere la
qualifica di “condannato” anche al “soggetto sottoposto ad una misura
di prevenzione patrimoniale, in quanto gli si è sottratto definitivamente
un bene che prima era suo esclusivo dominio: da ciò la conclusione che
andrebbe compreso, nell’ambito dei soggetti legittimati a proporre il
ricorso ex art. 625 bis cod. proc. pen. anche “il terzo, titolare di un
diritto reale ritenuto nella disponibilità del proposto”, il quale si sia
regolarmente costituito in giudizio.
4.2. In conclusione: l’avv. Michele Di Fraia, attuale ricorrente, e
difensore dei terzi interessati nel processo misure di prevenzione,
essendo divenuto cassazionista prima della compilazione dell’avviso di
fissazione dell’udienza in Cassazione, ma dopo la proposizione del
ricorso, aveva diritto a ricevere l’avviso: lo strumento per riparare a tale
errore, posto il riconoscimento della natura sanzionatoria della confisca
misure di prevenzione, quale evidenziato dalla citata sentenza
14044/13, sarebbe quindi quello previsto dall’art. 625 bis cpp.
4.3. In via subordinata, il ricorso eccepisce la illegittimità
costituzionale dell’art. 625 bis per violazione degli artt. 3 e 24 della
Costituzione trattandosi di questione rilevante e non manifestamente
infondata.
5. Tanto premesso ritiene il Collegio che le doglianze, come
sopra esposte, non superino il vaglio dell’ammissibilità.

confisca misura di prevenzione (ex art. 2 ter I. 575/’65, oggi art. 24 del

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5.1. Invero non vi sono ragioni, pur dopo l’arresto
giurisprudenziale della sez. V di questa Corte 13 novembre 2012, n.
14044, sulla natura della confisca in questione, per deviare dalla chiara

successix4 decisioni (16103/2002 imputato Basile e 16104/2002,
imputato De Lorenzo) seguite dalla successiva interpretazione
g iu risprulinzia le.
5.2. Va infatti ribadito che, in tema di correzione dell’errore di
fatto, poiché la relativa richiesta è ammessa solo a favore del
condannato e l’art. 625-bis cod. proc. pen. ha natura di norma
eccezionale, possono costituire oggetto dell’impugnazione straordinaria
esclusivamente quei provvedimenti della Corte di cassazione che
rendono definitiva una sentenza di condanna e non anche le altre
decisioni, che come quella in questione, intervengono in procedimenti
Entieloantall- UP-31 tr■

!lei,.

5.3. La disposizione di cui all’art. 625 bis cod. proc. pen. ha
infatti carattere tassativo, non è suscettibile di interpretazione analogica
e circoscrive l’esperibilità del gravame (proponibile solo dal condannato
e dal Procuratore generale) esclusivamente alle sentenze della Corte per
effetto delle quali diviene definitiva una sentenza di condanna (cass.
pen. sez. 4, 42725/2007 Rv. 238302. Mediati, cass. pen. sez.
6, 8714/2013 Rv. 255316, Bruno)
5.4. Quanto alla deduzione in via subordinata (cfr.§.4.3), osserva
il Collegio che non si riscontra alcuna ragionevole e sostenibile
incompatibilità della disciplina censurata con il principio del giusto
processo, di cui all’art. 111, primo comma, Cost., e con l’art. 117, primo
comma, Cost., in relazione all’art. 6 della CEDU e che, in ogni caso,
entrambe le norme evocate quali parametri di costituzionalità brtt. 24 e
/
3 Carta costituzional
vanno rigorosamente interpretate come
/

individuazione di campo operata dalle S.U. con due conformi e

concernenti e riferibili al «merito del processo» e non anche alra-f-as3

_

grgisientafOggiudizio di legittimità delle misure gautelaffl

5.3. Infine, neppure ipotizzabile risulta la violazione dell’art. 24,

del diritto dell’indagato e del suo difensore di essere informati del
giudizio di cassazione e di essere posti in condizione di parteciparvi
utilmente, considerato che la scelta del legislatore, di riservare il
rimedio straordinario di cui all’art. 625-bis cod. proc. pen. ai soli casi di
provvedimenti emessi nei confronti di un condannato, non è censurabile
sotto il profilo dell’art. 24, secondo comma, Cost., perché la posizione
i loti, to-

giuridica di una persona, soggetta a una misura atitelart) non ha
carattere e notazioni di definitività, a differenza di quella di un
condannato.
5.4. Da ultimo, non sostenibile

appare essere, l’ulteriore

prospettazione critica con riferimento all’art. 3 Cost., posto che la
lamentata disparità di trattamento non costituirebbe la necessaria

5.5.

,
sarebbe mera ente eventuale.

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conseguenza della nor a censura
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dei ricorrenti alle spese del processo e, ciascuno, alla somma, che si
ritiene equal di C. mille in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al
pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di
C. 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
sì deciso in Roma il giorno 26 marzo 2014
consiglier estensore
La a

Il

dente
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>

secondo comma, Cost., con riferimento all’ingiustificata compressione

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