Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33844 del 07/05/2014

Penale Sent. Sez. 6 Num. 33844 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: BASSI ALESSANDRA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
B.B.

A.A.

avverso la sentenza n. 2537/2010 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
30/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALESSANDRA BASSI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. a
che ha concluso per

Data Udienza: 07/05/2014

,

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 30 maggio 2013, la Corte d’Appello di Venezia – in
riforma della sentenza del 27 ottobre 2009 del Tribunale di Verona -,
riconosciute le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle contestate
aggravanti, ha dichiarato non luogo a procedere nei confronti di B.B.
e A.A. in relazione ai reati di cui ai capi A), C), D), E) e G) (lancio di
materiale pericoloso in occasione di manifestazioni sportive, lesioni personali e

rideterminato la pena loro inflitta in relazione al reato di resistenza a pubblico
ufficiale in concorso (capo B), quanto a B.B., in anni uno mesi quattro di
reclusione e, quanto a A.A., in anni uno di reclusione.
Il giudice di secondo grado ha rilevato come non si possa dubitare della
integrazione dei reati in contestazione commessi nell’ambito degli scontri fra
tifosi in occasione della partita fra Verona e Modena del 30 ottobre 2004,
tenuto conto delle risultanze dei filmati, del fatto che nei pullman

dP..; tifosi del

Modena – fra cui gli appellanti – veniva trasportato tutto l’armamentario
utilizzato nel confronto con la forza pubblica e della circostanza che gli scontri si
protraevano per un tempo rilevante – alcune ore -, sicché non è possibile
sostenere che qualcuno si sia trovato del tutto accidentalmente coinvolto, a sua
insaputa, in fatti criminosi estranei alla propria volontà.

2. Avverso il provvedimento ha presentato ricorso l’Avv. Gianpaolo Verna,
difensore di fiducia di B.B., chiedendone l’annullamento per il
seguente motivo>/:
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione, per avere la Corte
confermato il giudizio di responsabilità nonostante l’assistito avesse sempre agito
a volto scoperto e non fosse mai stato ripreso in atteggiamenti
inequivocabilmente finalizzati ad aggredire alcuno nonchè per avere valutato la

danneggiamenti), in quanto estinti per intervenuta prescrizione, ed ha

posizione degli imputati come un tutt’uno, configurando una “responsabilità di
massa”.

3.

Avverso la sentenza ha presentato ricorso l’Avv. Monica Reggiani,

difensore di fiducia di A.A., chiedendone l’annullamento per il
seguente motivo:
2.1. Mancanza di motivazione, avendo la Corte d’Appello omesso di indicare
gli specifici elementi di fatto e di diritto a fondamento del giudizio di
responsabilità a carico dell’assistito, non essendo a tale fine sufficiente la mera
presenza sul luogo dei fatti. La Corte avrebbe inoltre trascurato di considerare Citi/ 1.)S

2

dai fotogrammi in atti si evince che l’assistito non partecipava agli scontri,
mantenendosi vicino al pullman, e non impugnava una cintura quale arma
impropria, come contestatogli.

4.

Il Procuratore Generale ha chiesto il rigetto del ricorso, mentre il

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili per manifesta infondatezza
dei motivi.
I ricorsi possono essere trattati congiuntamente dal momento che deducono
il vizio di motivazione in relazione ai medesimi motivi.

2. Sotto un primo aspetto, va posto in risalto come le difese si siano limitate
a riproporre nel ricorso per cassazione le stesse doglianze già proposte in sede di
appello, in particolare a contestare che i giudici di merito avrebbero affermato
una responsabilità di gruppo senza isolare le singole condotte degli imputati,
riconoscendo dunque una responsabilità concorsuale nell’azione delittuosa altrui
sulla base della mera presenza sul luogo degli scontri.
Diversamente da quanto assunto dai ricorrenti, il giudice di secondo grado,
oltre a richiamare la – per vero – analitica motivazione della sentenza di primo
grado, ha risposto alle specifiche doglianze mosse nell’atto d’appello, in
particolare argomentando in modo puntuale sulla dedotta e censurata
“responsabilità di massa”.
Secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, è inammissibile il
ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa
reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di
merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in
quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata
avverso la sentenza oggetto di ricorso (Cass. Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009 dep. 14/05/2009, Arnone e altri, Rv. 243838).

3.

In ogni caso, il motivo di ricorso concernente il dedotto vizio di

motivazione è manifestamente infondato.
In linea generale deve essere ribadito il principio più volte espresso da
questa Corte secondo cui, ai fini del controllo di legittimità sul vizio di

3

difensore di A.A. ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con
quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo,
allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte
dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando
frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordino
nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della
decisione (Cass. Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595)
Tenute ben ferme le superiori coordinate ermeneutiche, deve essere

oggetto di ricorso. Ed invero, il giudice di secondo grado ha richiamato la
sentenza appellata nella quale il giudice di primo grado, dopo avere ricostruito in
via generale gli occorsi oggetto del processo (segnatamente gli scontri fra
tifoserie avverse), ha evidenziato, per ciascuno degli imputati, gli specifici
elementi probatori posti a fondamento del giudizio di responsabilità, costituiti
non soltanto dalle risultanze delle video riprese, come prospettato dai ricorrenti,
ma anche kjle dichiarazioni degli operanti che presero, loro malgrado, parte agli
scontri, riportando – in taluni casi – lesioni personali (come l’Ass. capo Busetto
Pierluigi). Con riguardo alla posizione di A.A., il giudice di primo grado ha
affrontato anche la specifica censura difensiva concernente la dedotta errata
identificazione, fornendo sul punto una motivazione completa e immune da vizi
logici.
D’altra parte, la Corte territoriale, dopo avere ribadito e fatto proprio
l’apparato argomentativo svolto dal primo giudice, ha posto in risalto, ad
ulteriore comprova della fondatezza del giudizio di responsabilità, come i
ricorrenti fossero giunti sul posto su pullman sui quali era stato nascosto tutto
l’armamentario poi usato per gli scontri con la forza pubblica, avessero cambiato
l’abbigliamento per rendere più difficoltoso il loro riconoscimento

ex post ed

avessero preso parte ad un conflitto protrattosi per alcune ore senza allontanarsi
dal luogo né, pertanto, prendere distanza dall’agire comune. Circostanze sulla
base delle quali ha ritenuto di dover escludere che qualcuno si fosse
accidentalmente trovato coinvolto, a sua insaputa, in fatti criminosi estranei alla
sua volontà e condotta, dovendosi concludere che i capi avessero guidato la
massa e che, nel contempo, la massa esagitata avesse spinto affinchè si andasse
sempre più oltre nel confronto fisico con le forze dell’ordine.
Nell’addivenire a tale conclusione, il giudice di secondo grado ha fatto buon
governo dei principi generali in tema di concorso di persone nel reato, risultando
conforme a condivisibili massime d’esperienza che, tenuto conto delle
circostanze complessive evidenziate dai giudici di merito, unitariamente valutate,
consentano di affermare che ciascuno dei ricorrenti abbia fornito, con la propria
4

rimarcato come alcuna lacuna argomentativa sia rinvenibile nel provvedimento

condotta, un effettivo contributo, materiale o quantomeno morale, causalmente
rilevante, volontario e consapevole all’attuazione delle condotte criminose, senza
scivolare nella configurazione di alcuna responsabilità di “massa”, certamente
inammissibile nel nostro ordinamento giuridico.
Ed invero, come questa Corte di legittimità ha avuto modo di affermare,
integra il concorso morale nel reato di resistenza a pubblico ufficiale (artt. 110 e
337 cod. pen.), la condotta di colui che, assistendo ad una resistenza attiva
posta in essere con violenza nei confronti di un pubblico ufficiale da altro

l’altrui azione offensiva o ne aggravi gli effetti mettendo in discussione il corretto
operato delle forze dell’ordine, in particolare, laddove – pur non essendo stato
visto nel gesto di effettuare materialmente il lancio di corpi contundenti nei
confronti degli agenti – si associ ad un gruppo di tifosi della locale squadra di
calcio, contrastando ripetutamente i pubblici ufficiali, con azione “ad elastico” e
cioè avvicinandosi più volte agli antagonisti, fronteggiandoli in maniera ostile e
poi allontanandosene velocemente con atteggiamento di rafforzamento, di fatto,
dell’azione posta in esser da taluni di detti isupporters’, concretizzatasi nel lancio
di pietre ed altri oggetti contundenti) (Cass. Sez. 6, n. 18485 del 27/04/2012,
Carta, Rv. 252690).

4. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno di essi al pagamento
della somma a favore della Cassa della Ammende, che si ritiene congruo fissare
nella misura di 1000 euro.

P.Q.M.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1000 ciascuno in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso in Roma il 7 maggio 2014

Il consigliere estensore

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