Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33838 del 08/04/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 33838 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MARINO PAOLO N. IL 16/07/1956
avverso la sentenza n. 2499/2012 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 31/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 08/04/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS
Udito il Procuratore Geurale in persona del Dott. bY ?
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che ha concluso per ,f) Af
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

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Data Udienza: 08/04/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 31 maggio 2013 la Corte d’appello di Palermo, in
parziale riforma della sentenza pronunziata dal Tribunale di Palermo in data 16
marzo 2012, ha concesso a Paolo Marino le attenuanti generiche, riducendo la
pena inflitta ad anni due di reclusione ed euro quattromila di multa, con il
beneficio della sospensione condizionale della pena.

1.1. All’esito del giudizio di primo grado l’imputato era stato dichiarato

per avere, in concorso con Marino Andrea, De Luca Antonino, Blandino Giuseppe,
Pirrotta Rocco e Lo Verso Mario, tutti separatamente giudicati, illecitamente fatto
commercio, tra il novembre 2004 ed il febbraio del 2005, di sostanze
stupefacenti del tipo cocaina e/o hashish, acquistate anche dal gruppo criminale
facente capo a Grippi Leonardo e Cucina Fabio.

1.2. Ritenuta la sussistenza dell’ipotesi di cui al comma quinto dell’art. 73
del D.P.R. n. 309/90, il Tribunale aveva condannato l’imputato alla pena di anni
due e mesi sei di reclusione, oltre alla pena della multa di euro 5.000,00.

2. Avverso la su indicata pronuncia della Corte d’appello di Palermo ha
proposto personalmente ricorso per cassazione l’imputato, che ha dedotto
quattro motivi di doglianza, il cui contenuto viene qui di seguito sinteticamente
riassunto.

2.1,Vizi motivazionali per avere la Corte d’appello erroneamente basato la
sua decisione essenzialmente sulle risultanze di quattro intercettazioni da cui si
desumerebbe il contributo in concreto fornito all’attività di rivendita al minuto di
stupefacenti del figlio, Andrea, già condannato in via irrevocabile per tali fatti di
reato. In realtà, proprio lo stretto legame parentale tra l’imputato ed il figlio
giustifica sia il carattere neutro delle conversazioni, sia l’inusualità, in talune
occasioni, degli orari e dei giorni delle chiamate. La condotta di partecipazione,
dunque, è stata solo apoditticamente dimostrata, in assenza di chiari indizi,
muovendo dalla condanna irrevocabile pronunziata nei confronti del figlio. Lo
stesso esame delle conversazioni, inoltre, induce a smentire quanto affermato
dalla Corte d’appello circa il riferimento all’oggetto dello scambio, il cui significato
sarebbe stato travisato, essendo lo stesso identificato identificabile.

1

colpevole del reato di cui agli artt. 110, 81 cpv. c.p. e 73 del D.P.R. n. 309/90,

2.2. Violazione di legge circa gli estremi del concorso per agevolazione,
tenuto conto del fatto che le conversazioni captate coprono un periodo di appena
otto giorni e che nessuna conversazione intercorre tra l’imputato e fornitori o
acquirenti al minuto della droga; neanche nel processo a carico del Marino
Andrea, peraltro, è mai emerso alcun riferimento alla collaborazione prestata dal
padre, sia da parte dei collaboratori di giustizia, sia da parte di altre fonti. Ne
discendono l’occasionalità e la sporadicità del contributo eventualmente offerto
dall’imputato.

dell’attenuante di cui all’art. 114 c.p., non inibita dal riconoscimento dell’ipotesi
di cui all’art. 73, comma 5, del D.P.R. n. 309/90, e comunque ravvisabile, in
concreto, a fronte della “frenetica” attività svolta dal figlio, secondo quanto in
sentenza ritenuto.

2.4. Violazione dell’art. 133 c.p., non risultando la pena commisurata al
fatto, inidoneo a connotare in termini di gravità il reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è infondato, in quanto sostanzialmente orientato a riprodurre un
quadro di argomentazioni già esposte in sede di appello – e finanche dinanzi al
Giudice di primae curae –

che tuttavia risultano ampiamente vagliate e

correttamente disattese dalla Corte distrettuale, ovvero a sollecitare una
rivisitazione meramente fattuale delle risultanze processuali, in quanto
imperniata sul presupposto di una valutazione alternativa delle fonti di prova,
richiedendo in tal guisa l’esercizio di uno scrutinio improponibile in questa Sede,
a fronte della linearità e della logica conseguenzialità che caratterizzano la
scansione delle sequenze motivazionali dell’impugnata decisione.
Il ricorso, dunque, non è volto a rilevare mancanze argomentative ed
illogicità ictu °culi percepibili, bensì ad ottenere un non consentito sindacato su
scelte valutative compiutamente giustificate dal Giudice di appello, che ha
adeguatamente ricostruito il compendio storico-fattuale posto a fondamento del
tema d’accusa.
In tal senso, sulla base di quanto sopra esposto in narrativa, la Corte
territoriale ha proceduto ad un vaglio critico di tutte le deduzioni ed obiezioni
mosse dalla difesa, pervenendo alla decisione qui impugnata attraverso una
disamina completa ed approfondita del contenuto dei dialoghi intercorsi tra padre

2

2.3. Errata valutazione della Corte in occasione della mancata concessione

e figlio e costituenti l’oggetto delle conversazioni telefoniche intercettate nel
corsó delle attività d’indagine.
Nel condividere il significato complessivo del quadro probatorio posto in
risalto nella sentenza del Giudice di primae curae, la cui struttura motivazionale
viene a saldarsi perfettamente con quella di secondo grado, sì da costituire un
corpo argomentativo uniforme e privo di lacune, la Corte di merito ha
puntualmente disatteso la contrastante versione dei fatti prospettata
dall’imputato, ponendo in evidenza:

a) che nella sua “frenetica” attività di

l’altro, anche dal padre, odierno ricorrente; b) che le conversazioni oggetto di
captazione telefonica hanno fatto emergere un contributo in attività relative a
modeste quantità di droga, oggetto di cessione in favore di singoli consumatori;
c) che tale contributo, niente affatto occasionale, è stato rilevante e non
secondario (avendo egli detenuto la droga in casa ed avendola consegnata
almeno in tre occasioni a terzi acquirenti), ma comunque limitato ad alcuni
episodi di cessione, a fronte della più vasta ed articolata attività delittuosa svolta
dal figlio, così da giustificare il riconoscimento dell’ipotesi di lieve entità dei fatti
di cui all’art. 73, comma 5, del D.P.R. n. 309/90 e, contestualmente, escludere,
in ragione della reiterazione delle condotte, la mera marginalità della sua
responsabilità a titolo concorsuale ex art. 114 c.p. .
Deve, al riguardo, rammentarsi il pacifico insegnamento giurisprudenziale
dettato da questa Suprema Corte (da ultimo, Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013,
dep. 21/08/2013, Rv. 257784; Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, dep.
20/11/2013, Rv. 258164), secondo cui, in materia di intercettazioni telefoniche,
costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di
merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui
apprezzamento, pertanto, non può essere sindacato in sede di legittimità se non
nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui
esse sono recepite.
In sede di legittimità, dunque, è possibile prospettare una interpretazione
del significato di una intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di
merito soltanto in presenza di un travisamento della prova, ovvero nel caso, non
ravvisabile nella vicenda storico-fattuale qui considerata, in cui il giudice di
merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale, e la
difformità risulti decisiva ed incontestabile (ex plurimis, Sez. 2, n. 38915/2007,
Rv. 237994, Donno).
Nella specie, invero, non emergono affatto i presupposti e le condizioni di
una difformità connotata da “decisività ed incontestabilità”, qualità, queste, che
richiedono ed impongono una realtà manifesta e priva di ambiguità, non
3

smercio delle sostanze stupefacenti, il Marino Andrea è stato coadiuvato, fra

concretizzabile nelle evenienze vagliate dalla Corte distrettuale, il cui esito
interpretativo in danno del ricorrente, di contro, appare ragionevolmente
motivato e sostenuto sulla base di un giudizio di merito privo di incoerenze od
illogicità, incentrato com’è sulla considerazione del contenuto dei dialoghi, sulla
qualità soggettiva e sull’attività lavorativa dei soggetti che vi hanno preso parte,
sul significato da attribuire all’oggetto dello scambio che vi affiorava, oltre che
sugli orari e i giorni delle conversazioni oggetto di captazione.

quali ha ritenuto sussistenti gli elementi richiesti per la configurazione del delitto
oggetto del tema d’accusa, ed ha evidenziato al riguardo gli aspetti
maggiormente significativi, dai quali ha tratto la conclusione che la ricostruzione
proposta dalla difesa si poneva solo quale mera ipotesi alternativa, peraltro
smentita dal complesso degli elementi di prova processualmente acquisiti.
La conclusione cui è pervenuta la sentenza impugnata riposa, in definitiva,
su un quadro probatorio linearmente rappresentato come completo ed univoco, e
come tale in nessun modo censurabile sotto il profilo della congruità e della
correttezza logico – argomentativa.
In questa Sede, invero, a fronte di una corretta ed esaustiva ricostruzione
del compendio storico-fattuale oggetto della regiudicanda, non può ritenersi
ammessa alcuna incursione nelle risultanze processuali per giungere a diverse
ipotesi ricostruttive dei fatti accertati nelle pronunzie dei Giudici di merito,
dovendosi la Corte di legittimità limitare a ripercorrere

l’iter argomentativo ivi

tracciato, ed a verificarne la completezza e la insussistenza di vizi logici ictu oculi
percepibili, senza alcuna possibilità di verifica della rispondenza della
motivazione alle correlative acquisizioni processuali.

5. Tenuto conto, tuttavia, della riconosciuta ipotesi lieve di cui all’art. 73,
comma 5, del su citato D.P.R. e della data di commissione del reato, oltre che
del diverso e più favorevole quadro normativo di riferimento applicabile nel caso
di specie a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 32/2014 (ossia,
del d.l. n. 146/2013, conv. nella I. n. 10/2014, che ha introdotto al riguardo una
fattispecie autonoma, sanzionata con una pena più favorevole, poichè
riconnpresa in una cornice edittale i cui limiti sono fissati nella ridotta misura di
un anno e cinque anni di reclusione oltre la multa), il termine massimo di
prescrizione, decorrente dal febbraio del 2005, va correttamente individuato in
quello, ormai ampiamente decorso, di anni sette e mesi sei, con la correlativa
declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione.

4

4. La Corte d’appello, pertanto, ha compiutamente indicato le ragioni per le

6. In assenza delle condizioni di cui all’art. 129 c.p.p., conclusivamente, la
sentenza deve essere annullata senza rinvio perché il reato è estinto per
prescrizione.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato è estinto per
prescrizione.

Il Presid

r

. Nicola

Così deciso in Roma, lì, 8 aprile 2014

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