Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33837 del 08/04/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 33837 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TRAMUNTO MICHELE N. IL 19/06/1976
MANNA MATTEO MAURO N. IL 30/07/1982
avverso la sentenza n. 3824/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del
12/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 08/04/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ,7772 A(yd
che ha concluso per ..,,

–c

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 08/04/2014

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza del 12 marzo 2012 la Corte d’appello di Milano ha

confermato la sentenza emessa in data 4 dicembre 2007 dal G.u.p. presso il
Tribunale di Busto Arsizio, che riteneva Tramunto Michele – con ruolo
prevalentemente decisionale – e Manna Matteo – con ruolo prevalentemente
esecutivo – responsabili, in concorso tra loro, di plurimi episodi di cessione di
stupefacente del tipo cocaina, in un arco temporale ricompreso fra il 27 dicembre
2003 ed il settembre 2004, condannandoli, rispettivamente, alle pene di anni

reclusione ed euro 3.000,00 di multa, ravvisata solo per il secondo l’ipotesi del
comma 5 dell’art. 73 del D.P.R. n. 309/90 ed applicata ad entrambi la
diminuente per il rito abbreviato.

2. Avverso la su indicata pronuncia della Corte d’appello di Milano ha
proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia del Tramunto, che ha
dedotto vizi di erronea applicazione della legge penale in ordine al mancato
riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 73, comma 5, del D.P.R. n. 309/90,
stante la peculiarità del caso, che vede un’ipotesi di traffico parcellizzato di
quantitativi contenuti di sostanza stupefacente. La sentenza impugnata ha infatti
valorizzato la pluralità di cessioni – che, al più, rileva in ordine all’inasprimento
della pena per la continuazione – le modalità di contatto tra venditori ed
acquirenti – che appaiono del tutto neutre ai fini qui considerati e non danno
luogo a riflessi negativi sulla qualificazione della condotta – e la sussistenza di
un’organizzazione, ancorchè rudimentale, che rileva nell’ambito della fattispecie
associativa e di per sè non impedisce la disapplicazione dell’attenuante in
presenza di uno smercio di piccole quantità di stupefacente.

3.

Avverso la su indicata pronuncia, inoltre, ha proposto ricorso per

cassazione il difensore di fiducia del Manna, che ha dedotto il vizio di violazione
di legge ex art. 268, comma 3, c.p.p., sotto il profilo della carente motivazione
del decreto del P.M. presso il Tribunale di Busto Arsizio circa la insufficienza degli
impianti disponibili in Procura, con la conseguente inutilizzabilità degli esiti delle
intercettazioni. Non è stato specificato se l’insufficienza delle attrezzature si
riferisse alle linee telefoniche o agli apparecchi necessari alla captazione; inoltre,
il P.M. ha disposto due diverse operazioni di intercettazione telefonica, poi
prorogate, una il 2 aprile 2004, l’altra il 12 maggio 2004, con provvedimenti che
contenevano la stessa motivazione di inidoneità degli strumenti in uso alla

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due e mesi dieci di reclusione ed euro 14.000,00 di multa, e di anni due di

Procura e le stesse ragioni d’urgenza, con una motivazione puramente
apparente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4.

I ricorsi sono inammissibili, in quanto sostanzialmente orientati a

riprodurre un quadro di argomentazioni già esposte in sede di appello – e
finanche dinanzi al Giudice di primae curae – che tuttavia risultano ampiamente
vagliate e correttamente disattese dalla Corte distrettuale, ovvero a sollecitare

imperniata sul presupposto di una valutazione alternativa delle fonti di prova,
richiedendo in tal guisa l’esercizio di uno scrutinio improponibile in questa Sede,
a fronte della linearità e della logica conseguenzialità che caratterizzano la
scansione delle sequenze motivazionali dell’impugnata decisione.

4.1.

Per quel che attiene alla doglianza prospettata dal Manna, la Corte

d’appello ha espressamente richiamato le ragioni, specificamente attestate dalla
Segreteria del P.M. e dal ricorrente non confutate sulla base di validi argomenti
in senso contrario, per le quali la competente Procura aveva disposto
l’esecuzione delle operazioni d’intercettazione al di fuori dei locali, attesa
l’indisponibilità delle postazioni ivi presenti.
Al riguardo, inoltre, l’impugnata pronuncia si è pienamente uniformata
all’insegnamento giurisprudenziale espresso da questa Suprema Corte,
allorquando ha rigettato le ulteriori censure difensive, osservando che i decreti di
proroga delle intercettazioni di comunicazioni o conversazioni telefoniche non
devono esporre nuovamente le ragioni di eventuale indisponibilità della
strumentazione esistente presso gli uffici della Procura che hanno legittimato il
ricorso ad impianti esterni, ove non risulti in alcun modo, nè sia dedotta, una
sopravvenuta disponibilità della strumentazione stessa (Sez. 2, n. 24194 del
16/03/2010, dep. 23/06/2010, Rv. 247661).
Non ha costituito oggetto di doglianza il profilo del trattamento
sanzionatorio, che comunque, tenuto conto della natura della sostanza
stupefacente oggetto delle contestate condotte delittuose, risulta esser stato
congruamente determinato entro i limiti della forbice edittale prevista dal
legislatore, sì da escludere qualsiasi profilo di illegalità della pena anche in
relazione alle modifiche introdotte dalla recente I. n. 10/2014.
V’è, infine, da osservare che l’inammissibilità del ricorso per cassazione
preclude ogni possibilità sia di far valere sia di rilevare di ufficio, ai sensi dell’art.
129 cod. proc. pen., eventuali ipotesi di estinzione del reato per prescrizione,
2

k
I ——-______

una rivisitazione meramente fattuale delle risultanze processuali, in quanto

quand’anche maturata in data anteriore alla pronunzia della sentenza di appello,
ma non dedotta né rilevata da quel giudice (Sez. Un., n. 23428 del 22/03/2005,
dep. 22/06/2005, Rv. 231164).

4.2. In ordine alla posizione del Tramunto, il ricorso non è volto a rilevare
mancanze argomentative ed illogicità ictu ocull percepibili, bensì ad ottenere un
non consentito sindacato su scelte valutative compiutamente giustificate dal
Giudice di appello, che ha adeguatamente esposto le ragioni per le quali ha
ritenuto di escludere l’invocata ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, del su citato

maggior rilievo, nell’ambito dell’attività di spaccio organizzata, sia pure
artigianalmente, assieme al predetto coimputato, alla pluralità e continuità delle
condotte poste in essere, ai metodi malavitosi, già posti in rilievo dal primo
Giudice, utilizzati per il recupero dei crediti legati alla fornitura di stupefacenti,
oltre che ai rilevanti quantitativi di droga movimentati.
Al riguardo, pertanto, devesi ritenere che la Corte di merito ha fatto buon
governo delle regole dettate da questa Suprema Corte (da ultimo, Sez. 6, n.
39977 del 19/09/2013, dep. 26/09/2013, Rv. 256610), secondo cui, ai fini della
concedibilità o del diniego della ipotesi di lieve entità di cui all’art. 73, comma
quinto, del d.P.R. n. 309 del 1990, il giudice è tenuto a valutare
complessivamente tutti gli elementi normativamente indicati, quindi, sia quelli
concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che
attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze
stupefacenti oggetto della condotta criminosa), dovendo conseguentemente
escludere il riconoscimento dell’attenuante allorquando, come posto in rilievo nel
caso qui considerato, anche uno solo di questi elementi porti ad escludere che la
lesione del bene giuridico protetto sia di lieve entità.

5. La Corte d’appello, pertanto, ha compiutamente indicato le ragioni per le
quali ha ritenuto sussistenti gli elementi richiesti per la configurazione del delitto
oggetto del tema d’accusa, ed ha evidenziato al riguardo gli aspetti
maggiormente significativi, dai quali ha tratto la conclusione che la ricostruzione
proposta dalla difesa si poneva solo quale mera ipotesi alternativa, peraltro
smentita dal complesso degli elementi di prova processualmente acquisiti.
La conclusione cui è pervenuta la sentenza impugnata riposa, in definitiva,
su un quadro probatorio linearmente rappresentato come completo ed univoco, e
come tale in nessun modo censurabile sotto il profilo della congruità e della
correttezza logico – argomentativa.

3

D.P.R., facendo riferimento, tra l’altro, al suo ruolo decisionale, e comunque di

In questa Sede, invero, a fronte di una corretta ed esaustiva ricostruzione
del compendio storico-fattuale oggetto della regiudicanda, non può ritenersi
ammessa alcuna incursione nelle risultanze processuali per giungere a diverse
ipotesi ricostruttive dei fatti accertati nelle pronunzie dei Giudici di merito,
dovendosi la Corte di legittimità limitare a ripercorrere

l’iter argomentativo ivi

tracciato, ed a verificarne la completezza e la insussistenza di vizi logici ictu °culi
percepibili, senza alcuna possibilità di verifica della rispondenza della
motivazione alle correlative acquisizioni processuali.

dichiarati inammissibili, con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento
delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una
somma che, in ragione delle . questioni dedotte, si stima equo quantificare nella
misura di euro mille.

P.Q.M.

dichiara inammissibili if ricorsi e condanna i ricorrenti.. al pagamento delle
spese processuali e ciascuno a quello della somma di euro 1.000,00 in favore
della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, lì, 8 aprile 2014

Il Consigliere estensore

6. Per le considerazioni or ora esposte, dunque, i ricorsi devono essere

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