Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33836 del 08/04/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 33836 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PALATUCCI AMETEO N. IL 18/11/1973
avverso la sentenza n. 2768/2010 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
11/11/2010
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 08/04/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ir/7p _h e 4 k /3
che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 08/04/2014

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RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza dell’il novembre 2010 la Corte d’appello di Napoli ha confermato la
sentenza emessa in data 17 dicembre 2009 dal Tribunale di S. Angelo dei Lombardi, che
condannava Palatucci Ameteo, riconosciuta l’attenuante di cui al comma quinto dell’art.
73 del D.P.R. n. 309/90, alla pena di anno uno e mesi sei di reclusione ed euro 6.000,00
di multa, per avere, il 28 settembre 2009, illegalmente coltivato e detenuto n. 3 piante di
marijuana, nonché detenuto 65 semi della medesima sostanza.

2. Avverso la su indicata pronuncia della Corte d’appello di Milano ha proposto

2.1. violazione degli artt. 453 ss. e 178, lett. c), c.p.p., per l’omesso interrogatorio
prima dell’emissione della richiesta e della emanazione del decreto di giudizio immediato
in data 27 ottobre 2009, essendo stata erroneamente ritenuta l’equipollenza
dell’interrogatorio reso in sede di convalida dell’arresto, nonostante la diversa natura dei
due atti;

2.2. violazione degli artt. 178, lett. c) e 360 c.p.p., in quanto la verifica compiuta
sulla sostanza caduta in sequestro necessitava degli avvisi alla difesa, al fine di consentire
la nomina di consulenti che verificassero la presenza di sostanza attiva e la sua
quantificazione;

2.3. erronea valutazione della prova acquisita ex art. 192, comma 1, c.p.p., non
avendo la Corte d’appello preso in considerazione gli elementi prospettati dalla difesa
circa il convincimento della penale responsabilità;

2.4. nullità della sentenza per violazione dell’art. 603 c.p.p., non essendo stata
motivata la scelta di non procedere all’ammissione di nuove prove, e segnatamente di una
perizia sulla sostanza sequestrata, sebbene le incongruenze e lacune ravvisabili
nell’attività probatoria imponessero una verifica delle richieste di rinnovazione avanzate
dalla difesa;

2.5. mancanza di motivazione sulla conferma della decisione di condanna, avendo la
Corte d’appello basato il suo giudizio su presunzioni: il quantitativo, la condotta
dell’imputato, lo stato di tossicodipendenza e la pochezza del materiale sequestrato,
unitamente alle censure mosse dalla consulente tecnica di parte sulle modalità di
esecuzione degli esami di laboratorio, costituiscono tutte circostanze che non sono state
prese in considerazione dalla pronuncia impugnata, anche per quel che inerisce all’aspetto
dell’elemento soggettivo del reato.

3. Con memoria pervenuta in Cancelleria in data 7 aprile 2014 il difensore ha
insistito nell’accoglimento del ricorso per le ragioni ivi indicate, sollecitando l’adozione dei

1

ricorso per cassazione il difensore di fiducia dell’imputato, deducendo i seguenti motivi:

provvedimenti più opportuni alla luce della pronunzia della Corte costituzionale del 12
febbraio 2014.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Inammissibili, ex art. 606, comma terzo, cod. proc. pen., devono ritenersi,
preliminarmente, il primo, il secondo ed il quarto motivo di ricorso, siccome prospettati
per la prima volta in questa Sede, e non preventivamente sottoposti, in modo specifico e
puntuale, alla cognizione del Giudice d’appello. Il quarto motivo, in particolare, vi era
stato solo genericamente enunciato, senza fare alcun riferimento alla richiesta di

determinandone, come or ora rilevato, la inevitabile statuizione di inammissibilità.

5. Parimenti non meritevoli di accoglimento, inoltre, devono ritenersi le residue
censure, in quanto sostanzialmente orientate a riprodurre, con generiche asserzioni,
argomenti già esposti in sede di appello – e finanche dinanzi al Giudice di primae curae che tuttavia risultano ampiamente vagliati e correttamente disattesi dalla Corte
distrettuale, ovvero a sollecitare una rivisitazione meramente fattuale delle risultanze
processuali, in quanto imperniata sul presupposto di una valutazione alternativa delle
fonti di prova, richiedendo in tal guisa l’esercizio di uno scrutinio improponibile in questa
Sede, a fronte della linearità e della logica conseguenzialità che caratterizzano la
scansione delle sequenze motivazionali dell’impugnata decisione.
Il ricorso, dunque, non è volto a rilevare mancanze argomentative ed illogicità ictu
acuii percepibili, bensì ad ottenere un non consentito sindacato su scelte valutative
compiutamente giustificate dal Giudice di appello, che ha adeguatamente ricostruito il
compendio storico-fattuale posto a fondamento del tema d’accusa.
In tal senso, la Corte territoriale ha proceduto, sulla base di quanto sopra esposto in
narrativa, ad un vaglio critico di tutte le deduzioni ed obiezioni mosse dalla difesa,
pervenendo alla decisione qui impugnata attraverso una disamina completa ed
approfondita delle emergenze processuali.
Nel condividere il significato complessivo del quadro probatorio posto in risalto nella
sentenza del Giudice di primae curae, la cui struttura motivazionale viene a saldarsi
perfettamente con quella di secondo grado, sì da costituire un corpo argomentativo
uniforme e privo di lacune, la Corte di merito ha esaminato la contrastante versione dei
fatti sostenuta dall’imputato sulla base delle indicazioni emerse da una relazione tecnica
di parte, e l’ha puntualmente disattesa, ponendo in evidenza, alla luce delle precise ed
univoche risultanze offerte dagli analitici accertamenti effettuati dai Carabinieri del
Laboratorio di analisi delle sostanze stupefacenti, che nel campione di marijuana oggetto
di analisi era riscontrabile un principio attivo puro stimato in misura pari ad una
percentuale di 2,1 e ad un quantitativo di 26,9 grammi.
In tal modo, la Corte d’appello ha fatto buon governo dei principii al riguardo
affermati da questa Suprema Corte (Sez. Un., n. 28605 del 24/04/2008, dep.
10/07/2008, Rv. 239920; Sez. 6, n. 49528 del 13/10/2009, dep. 23/12/2009, Rv.

2

consulenza tecnica poi precisata ed avanzata nel giudizio di legittimità, in tal guisa

245648), secondo cui costituisce condotta penalmente rilevante qualsiasi attività non
autorizzata di coltivazione di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, anche
quando sia realizzata per la destinazione del prodotto ad uso personale

6.

Nella motivazione dell’impugnata pronuncia, dunque, la Corte d’appello ha

compiutamente indicato le ragioni per le quali ha ritenuto sussistenti gli elementi richiesti
per la configurazione del delitto oggetto del tema d’accusa, ed ha evidenziato al riguardo
gli aspetti maggiormente significativi, dai quali ha tratto la conclusione che la
ricostruzione proposta dalla difesa si poneva solo quale mera ipotesi alternativa, peraltro
smentita dal complesso degli elementi di prova processualmente acquisiti.

quadro probatorio linearmente rappresentato come completo ed univoco, e come tale in
nessun modo censurabile sotto il profilo della congruità e della correttezza logico a rgomentativa.
In questa Sede, invero, a fronte di una corretta ed esaustiva ricostruzione del
compendio storico-fattuale oggetto della regiudicanda, non può ritenersi ammessa alcuna
incursione nelle risultanze processuali per giungere a diverse ipotesi ricostruttive dei fatti
accertati nelle pronunzie dei Giudici di merito, dovendosi la Corte di legittimità limitare a
ripercorrere l’iter argomentativo ivi tracciato, ed a verificarne la completezza e la
insussistenza di vizi logici ictu ocull percepibili, senza alcuna possibilità di verifica della
rispondenza della motivazione alle correlative acquisizioni processuali.

7. Al riguardo, tuttavia, deve soggiungersi, ex officio, che i Giudici di merito hanno
riconosciuto la fattispecie di cui all’art. 73, co. V, del D.P.R. n. 309/90, e che, a seguito
della sentenza della Corte costituzionale n. 32/2014, rivive dunque l’ipotesi, prevista
anteriormente alla riforma dichiarata costituzionalmente illegittima, che fissa, per le
sostanze cd. «leggere», la più favorevole forbice edittale compresa tra i sei mesi ed i
quattro anni di reclusione, oltre alla multa.
Non v’è dubbio, infatti, che a seguito della modifica normativa intervenuta con il d.l.
n.146/2013, conv. con la I. n. 10/2014 – il cui art. 1, comma 1, ha fissato, in relazione
alla fattispecie in esame, individuata come ipotesi autonoma e non più circostanziale, i
diversi limiti edittali ricompresi tra un anno e cinque anni di reclusione, oltre alla pena
pecuniaria della multa – la previgente formulazione dell’art. 73, co. V, del DPR n. 309/90
(ossia, quella precedente all’entrata in vigore delle modifiche apportate dal d.l. n.
272/2005, convertito con modificazioni dalla I. n. 49/2006) debba esser considerata – ai
sensi dell’art. 2, co. IV, c.p. – concretamente più favorevole al ricorrente in ragione del
ridotto limite edittale previsto per le droghe cd. «leggere».

8. In relazione allo specifico profilo or ora evidenziato, dunque, essendo stato il
correlativo trattamento sanzionatorio individuato sulla base del diverso limite minimo
edittale previsto dalla norma nelle more dichiarata incostituzionale, s’impone l’esigenza di
provvedere ad una complessiva rideterminazione della pena in base alla su indicata, più

3

La conclusione cui è pervenuta la sentenza impugnata riposa, in definitiva, su un

favorevole, disposizione normativa, con il conseguente annullamento della impugnata
pronuncia limitatamente a tale aspetto.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia
per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli. Rigetta nel
resto il ricorso.

Il Consigliere estensore

41 Presi

Così deciso in Roma, lì, 8 aprile 2014

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