Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33835 del 08/04/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 33835 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: DI STEFANO PIERLUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI
SASSARI
Nei confronti di
PIREDDA ANTONIO n. 29/10/1966
avverso la sentenza n. 267/2009 del 7/2/20013 della CORTE DI APPELLO DI
CAGLIARI SEZIONE DISTACCATA DI SASSARI
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERLUIGI DI STEFANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. VITO D’AMBROSIO che ha
concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio perché il fatto non sussiste.

CONSIDERATO IN FATTO
Il procuratore generale della Repubblica presso la sezione distaccata di
Corte di Appello di Sassari propone ricorso avverso la sentenza della Corte di
Appello di Sassari che il 7 febbraio 2013 confermava la condanna di Piredda
carrum”
Antonio, per aver coltivato piante diAndiana, deducendo con primo motivo la
illegittimità costituzionale della norma penale applicata e con secondo motivo la
insussistenza in concreto di un fatto punibile attesa la inoffensività della
condotta, in presenza di quantità trascurabili di sostanza stupefacente destinata
all’esclusivo uso personale. Chiede quindi l’annullamento di tale sentenza.
RITENUTO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.

Data Udienza: 08/04/2014

Il primo motivo è superato in quanto attiene alla questione di
costituzionalità superata dalla recente decisione della Corte Costituzionale
(sentenza 32/2014) che ha annullato la disposizione che unificava il trattamento
sanzionatorio per i vari tipi di droga.
E’ fondato il secondo motivo che pone la questione della sussistenza nel
caso concreto di una effettiva “offensività” della “coltivazione” di canapa indiana
realizzata dall’imputato; si tratta di questione assorbente rispetto alla comunque
necessaria revisione del trattamento sanzionatorio (essendo applicabili le meno

l’esclusione della sussistenza del reato per il quale era stata disposta condanna.
Può qui darsi per nota la giurisprudenza di questa Corte che, a Sezioni
Unite, ha affermato che la coltivazione di piante destinate alla produzione di
stupefacente è una condotta sempre punibile in quanto esclusa, dagli artt. 75 e
73 d.p.r. 309/90, dall’ambito della detenzione finalizzata all’uso personale,
sanzionata solo in via amministrativa.
Rispetto ad una tale interpretazione che, così come formulata, risulta
indubbiamente rigida laddove si ritenga comportare anche la punibilità della
produzione di minima sostanza per conclamato uso personale, va considerato il
tema della offensività in concreto.
Prima di affrontare l’argomento più in dettaglio, può rammentarsi in estrema
sintesi che, proprio nel contesto della riconosciuta punibilità di qualsiasi tipo di
coltivazione senza distinzione tra una coltivazione “in senso economico” ed una
coltivazione “casalinga”, il tema della offensività si è posto ed è stato utilizzato in
vario modo:
– innanzitutto si è considerato se possa ritenersi offensiva una condotta di
coltivazione prima che si sia realizzato il prodotto con capacità drogante. Al
riguardo è stato affermato che, attesa la espressa previsione della “coltivazione”
quale attività in tema di stupefacenti per la quale la legge formula un espresso
divieto, tale divieto non possa che riguardare la coltivazione del dato tipo di
pianta in ogni sua fase, realizzandosi la condotta ancor prima che la pianta arrivi
a maturazione e produca la sostanza drogante, purchè, ovviamente sia idonea
alla effettiva produzione (Ai fini della punibilità della coltivazione non autorizzata
di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, l’offensività della
condotta consiste nella sua idoneità a produrre la sostanza per il consumo,
attese la formulazione delle norme e la “rado” della disciplina, anche
comunitaria, in materia, sicché non rileva la quantità di principio attivo ricavabile
nell’immediatezza, ma la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la
sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e
a produrre la sostanza stupefacente (Fattispecie in cui è stata affermata
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gravi sanzioni della normativa precedente al 2006) poiché ne consegue

e

l’idoneità offensiva della condotta di coltivazione in considerazione della qualità
dei prodotti già ricavati dalla stessa piantagione). (Sez. 6, n. 22459 del
15/03/2013 – dep. 24/05/2013, Cangemi, Rv. 255732).
Poi, sulla scia di quanto affermato da questa Corte a Sezioni Unite laddove è
stato ritenuto che la coltivazione sia un comportamento sempre vietato, senza
doversene distinguere la possibile finalità quanto alla successiva distribuzione del
prodotto, si è affermato che la offensività in concreto manchi quando il prodotto
finale non abbia alcuna capacità drogante (ipotesi che, in realtà, potrebbe essere

quella di una pianta con un adeguato contenuto di principio drogante): Ai fini
della punibilità della coltivazione non autorizzata di piante dalle quali sono
estraibili sostanze stupefacenti, spetta al giudice verificare in concreto
l’offensività della condotta ovvero l’idoneità della sostanza ricavata a produrre un
effetto drogante rileva bile. (Conforme, Sez. U. 24 aprile 2008, Valletta, non
massimata). (Vedi Corte cost. n. 360 del 1995 e n. 296 del 1996). (Sez. U, n.
28605 del 24/04/2008 – dep. 10/07/2008, Di Salvia, Rv. 239921). Tesi ribadita,
con affermazione che invero sembra negare la fondatezza di quanto si dirà oltre,
da Sez. 4, n. 43184 del 20/09/2013 – dep. 22/10/2013, Carioti e altro, Rv.
258095 “Pertanto, e conclusivamente, la condotta è “inoffensiva” soltanto se
essa è priva della concreta attitudine ad esercitare, anche in misura assai
limitata, minima, l’effetto psicotropo evocato dal già richiamato D.P.R., art. 14.
Esulano, quindi, dalla sfera dell’illecito solo le condotte afferenti a quantitativi di
stupefacente talmente tenui, quanto alla presenza del principio attivo, da non
poter indurre, neppure in misura trascurabile, la modificazione dell’assetto
neuropsichico dell’utilizzatore; per converso, anche dosi inferiori a quella media
singola ben possono configurare il delitto in esame

(Sez. 4, n. 21814 del

12/05/2010, Renna, Rv. 247478).
Ed ancora, altra giurisprudenza ha considerato il carattere di offensività in
concreto con maggiore attenzione alla ragione per la quale è affermato la
sanzionabilità “comunque” della coltivazione, individuando il non infrequente
caso in cui, pur realizzata la condotta tipica, che comprende anche la produzione
di una pur minima sostanza con efficacia psicotropa, il carattere ridotto della
coltivazione non consenta di ritenere raggiunta la soglia di offesa in concreto del
bene tutelato

La coltivazione domestica di una piantina di canapa indiana

contenente principio attivo pari a mg. 16, posta in un piccolo vaso sul terrazzo di
casa, costituisce condotta inoffensiva “ex” art. 49 cod. pen., che non integra il
reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990. (Sez. 4, n. 25674 del 17/02/2011
– dep. 28/06/2011, P.G. in proc. Marino, Rv. 250721) (in motivazione: …. .3. Ciò
detto e venendo al caso di specie, è da ritenere che il giudice di merito abbia
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anche risolta con riferimento alla non realizzazione della fattispecie tipica che è


fatto buon governo dei principi illustrati, laddove ha riconosciuto a fronte delle
oggettLye circostanze del fatto e della modestia dell’attività posta in essere
(coltivazione domestica di una piantina posta in un piccolo lo vaso sul terrazzo di
casa, contenete un principio attivo di mg. 16), una condotta del tutto inoffensiva
dei beni giuridici tutelati dalla norma incriminatrice).
Nel caso posto con il ricorso del PG, interessa considerare l’applicabilità e la
rilevanza ai fini della decisione del tema della offensività come prospettato da
tale ultima decisione.

offensività, tema sul quale si è più volte pronunciata la Corte Costituzionale.
Innanzitutto è rilevante la sentenza 360/1995 in quanto affrontava il tema di
offensività in astratto/offensività in concreto proprio considerando il tema del
diverso trattamento tra mera detenzione e coltivazione di piante stupefacenti.
Tale sentenza difatti indica anche quale sia, valutato sotto il profilo della
offensività, l’ambito del pericolo presunto del reato di coltivazione di
stupefacenti, in tale modo individuando indirettamente l’ambito in cui, si vedrà,
può valutarsi la assenza di offensività della condotta del Piredda.
in sintesi, secondo la sentenza 360/1995:

La scelta normativa di distinguere fra detenzione e coltivazione è

collegata ad un atteggiamento meno rigoroso nei confronti del consumo degli
stupefacenti, attività che viene valutata in termini di illiceità ma in modo ben
diverso rispetto alla attività di distribuzione di stupefacente a terzi.

Per tale ragione quelle condotte che risultino immediatamente e

direttamente collegate all’uso di stupefacenti, quale è la detenzione della
sostanza da parte del medesimo consumatore che intende utilizzarla, non
possono che avere il medesimo trattamento del consumo (applicazione della sola
sanzione amministrativa di cui all’art. 75 d.p.r. 309/90).
– Tale situazione non ricorre, invece, nel caso della coltivazione che, in
termini generali, nella prospettiva del legislatore, non ha affatto tale immediato
collegamento con l’uso personale in quanto, in assenza di un vincolo diretto ed
immediato con il consumo, ha a che fare con le diverse fasi della produzione ed
approvvigionamento di droga.
– La differenza è ancora più evidente se si tiene conto che la detenzione ha
per sua natura un oggetto determinato e controllabile sotto il punto di vista della
quantità, cosa che invece non ricorre nel caso della produzione sia per la
indeterminatezza del quantitativo da produrre sia per trattarsi di condotta con
capacità di ulteriore diffusione atteso, appunto, che si tratta di coltivazione.
– In tale differenza si rileva il pieno rispetto del principio di offensività in
astratto nella formulazione della norma da parte del legislatore, essendovi un

Si deve quindi considerare come operi nel nostro ordinamento il principio di

giustificato diverso giudizio di disvalore per la previsione della sanzione penale in
qualsiasi caso di coltivazione. Infatti ciò che viene sanzionato non è il consumo
ma la creazione di nuova disponibilità di droga e di condizioni per la ulteriore
diffusione dello stupefacente in ragione dell’aumento delle occasioni di vendita a
terzi dovuto all’accrescimento dei quantitativi da coltivare. Questo rende del
tutto ragionevole la previsione diversificata.
– In tale stesso contesto, però, la Corte Costituzionale, pur considerando
che il principio di offensività è certamente rispettato sotto il profilo della tecnica

costituzionalità, pone al di fuori il profilo della offensività specifica della singola
condotta: ovvero spetterà al giudice distinguere l’ipotesi in cui la condotta in
concreto non abbia alcuna attitudine alla messa in pericolo del bene tutelato.
– Da qui la affermazione che la assenza di capacità drogante della sostanza
coltivata rende di per sé inoffensivo il reato nel caso concreto ed il rilievo che
spetta al legislatore individuare una nozione di coltivazione che funga da
discrimine tra condotte sanzionate penalmente e non.
Sono rilevanti al fine in esame altre affermazioni della Corte Costituzionale
in tema di offensività in concreto, indicative di come la stessa vada verificata
nell’ambito della ipotesi di condotta che, pur pienamente conforme al tipo, non è
in alcun modo in grado di ledere l’interesse tutelato.
Sentenza Corte Costituzionale 260/2005 (decisione in tema di
contravvenzione di cui all’articolo 707 codice penale): ” …..

il principio di

offensività opera su due piani, rispettivamente della previsione normativa, sotto
forma di precetto rivolto al legislatore di prevedere fattispecie che esprimano in
astratto un contenuto lesivo, o comunque la messa in pericolo, di un bene o
interesse oggetto della tutela penale (“offensività in astratto”), e
dell’applicazione giurisprudenziale (“offensività in concreto”), quale criterio
interpretativo-applicativo affidato al giudice, tenuto ad accertare che il fatto di
reato abbia effettivamente leso o messo in pericolo il bene o l’interesse tutelato
(v. sentenze numeri 360 del 1995, 263 e 519 del 2000, ove viene appunto
definita la duplice sfera di operatività, in astratto e in concreto, del principio di
necessaria offensività, quale criterio di conformazione legislativa delle fattispecie
incriminatrici e quale canone interpretativo per il giudice) ….. Si deve pero’
tenere presente che la particolare configurazione della contravvenzione in esame
lascia aperta la possibilità che si verifichino casi in cui alla conformità del fatto al
modello legale non corrisponde l’effettiva messa in pericolo dell’interesse
tutelato. Il giudice chiamato a fare applicazione della norma dovrà pertanto
operare uno scrutinio particolarmente rigoroso circa la sussistenza del requisito

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normativa, ragione questa per cui tale disciplina supera il vaglio di

dell’offensività in concreto, verificando la specifica attitudine funzionale degli
strumenti ad aprire o forzare serrature ….”
Sentenza Corte Costituzionale 513/2000 ”

alla lesività in astratto, intesa

quale limite alla discrezionalità del legislatore nella individuazione di interessi
meritevoli di essere tutelati mediante lo strumento penale, suscettibili di essere
chiaramente individuati attraverso la formulazione del modello legale della
fattispecie incriminatrice, fa riscontro il compito del giudice di accertare in
concreto, nel momento applicativo, se il comportamento posto in essere lede

riferimento a un reato previsto dal codice penale militare di pace, sentenza n.
263 del 2000, nonché sentenza n. 360 del 1995).”
Risulta particolarmente utile per le conclusioni cui si giungerà, valutare la
sentenza 139/2014 della Corte Costituzionale che rispondeva al dubbio di
costituzionalità sulla assenza di soglia minima di punibilità per il reato di omesso
versamento di contributi previdenziali. La Corte, con riferimento ad un caso nel
quale la perplessità del giudice rimettente derivava dal fatto che, pur essendo
nel caso di specie certamente realizzato il fatto tipico, risultava eccessiva la
sanzione penale per “soli” 24 euro omessi, rammentava come il problema non
trovi soluzione nel sindacato della scelta normativa (quindi la offensività in
astratto), bensì nella valutazione della offensività in concreto:
“Da ultimo, con riferimento all’ordinanza n. 262 del 2013 in cui il rimettente
fa presente che il giudizio è relativo ad un omesso versamento di 24,00 euro,
occorre ricordare che questa Corte ha già precisato che resta precipuo dovere del
giudice di merito di apprezzare — «alla stregua del generale canone
interpretativo offerto dal principio di necessaria offensività della condotta
concreta» – se essa, avuto riguardo alla ratio della norma incriminatrice, sia, in
concreto, palesemente priva di qualsiasi idoneità lesiva dei beni giuridici tutelati
(sentenza n. 333 del 1991). Il legislatore ben potrà, anche per deflazionare la
giustizia penale, intervenire per disciplinare organicamente la materia, fermo
restando il rispetto del citato principio di offensività che ha rilievo costituzionale”.
Quindi: l’omissione di pagamento di “soli” 24 euro integra il fatto ma può
non essere (giudizio dal quale la Corte ovviamente si astiene) lesivo del bene
tutelato. E’ opportuna una revisione della disciplina legislativa, ma la valutazione
di sussistenza della offensività in concreto della condotta resta obbligo del
giudice atteso che il “principio di offensività” ha “rilievo costituzionale”.
Si possono quindi trarre le conclusioni che serviranno poi alla decisione per il
singolo caso:

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effettivamente l’interesse tutelato dalla norma (v. di recente, proprio con

È indubbio che il reato di coltivazione venga ritenuto sostanzialmente
diverso da quello di mera detenzione dello stupefacente sia nella giurisprudenza
costituzionale sopra sintetizzata che nella giurisprudenza di questa Corte:
– la “coltivazione” non può essere direttamente ricollegata all’uso personale
ed è punita di per sé in ragione del carattere di aumento della disponibilità e
della possibilità di ulteriore diffusione.
– la detenzione è condotta che, invece, è strettamente collegata alla
successiva destinazione della sostanza ed è qualificata da tale destinazione;

all’uso personale, ha la sanzione (amministrativa) corrispondente a tale ultima
condotta.
Perciò l’azione tipica della coltivazione si individua senza alcun riguardo
all’accertamento della destinazione della sostanza bastando che sia realizzato il
pericolo presunto quale sopra specificato. Ma, proprio nella individuazione del
compimento della azione tipica nel singolo caso, va applicata la regola di
necessaria sussistenza della “offensività in concreto”:

ovvero, pur realizzata

l’azione tipica, dovrà escludersi la punibilità di quelle condotte che siano in
concreto inoffensive. Per il caso in questione, tale condizione ricorre per quelle
condotte che dimostrino tale levità da essere sostanzialmente irrilevante
l’aumento di disponibilità di droga e non prospettabile alcuna ulteriore diffusione
della sostanza.
Ovvero, a fronte della realizzazione della condotta tipica, che è la
coltivazione di una pianta conforme al “tipo botanico” e che abbia, se matura,
raggiunto la soglia di capacità drogante minima, il giudice potrà e dovrà valutare
se la condotta stessa sia del tutto inidonea alla realizzazione della offensività in
concreto.
L’ambito di tale riconoscibile inoffensività è, ragionevolmente, quello del
conclamato uso esclusivamente personale e della minima entità della
coltivazione tale da escludere la possibile diffusione della sostanza producibile
e/o l’ampliamento della coltivazione; l’onere della prova, spettando all’accusa
dimostrare la realizzazione del fatto tipico, va ritenuto tendenzialmente a carico
dell’imputato anche se è probabile che la condizione di inoffensività sia di
immediata percezione.
Risulta quindi corretta la valutazione del procuratore generale che ha
proposto impugnazione laddove ritiene che tale totale assenza di offensività in
concreto ricorre nel caso di specie in cui all’imputato risultava sequestrato “un
vaso con due piantine (dell’altezza di 33 cm) di marijuana” la prima “, dalla
quale potevano ricavarsi circa 750 mg di foglioline, con THC pari all’1,48 %, ;
pertanto, erano presenti 11 mg di THC ( quantitativo inferiore al valore della
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pertanto è punibile solo quando è destinata all’uso di terzi mentre, se destinata

quantità massima detenLbile, equivalente a poco meno di Y2 di dose media
singola)” e la seconda “….

dalla quale potevano ricavarsi circa 500 mg di

foglioline, con THC pari all’ 1,59%, per cui erano presenti 8 mg di THC (
quantitativo inferiore al valore della quantità massima detenibile, equivalente a
circa 1/3 di dose media singola)”.
Indubbiamente la assoluta inconsistenza della coltivazione in questione fa
escludere che in concreto sia stata realizzata la lesione del bene tutelato dalla
norma.

quanto accertato e valutato dalla sentenza impugnata per decidere nel senso
dell’accoglimento del ricorso con assoluzione dell’imputato ritenendo che il fatto
non sussiste (non è stato realizzato il fatto con le sue caratteristiche di
aggressività del bene giuridico) l’annullamento deve essere pronunciato senza
rinvio
P.Q.M.
Annuii senza n vio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
Rom

o nella camera di consiglio dell’8 aprile 2014

Non necessitando ulteriori apprezzamenti di fatto, poiché è sufficiente

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