Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33822 del 20/06/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 33822 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

Data Udienza: 20/06/2014

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
APE ANTONIO N. IL 07/10/1969
avverso l’ordinanza n. 152/2014 TRIB. LIBERTA’ di LECCE, del
07/03/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA
SEVERINA CAPRIOGLIO;
-lette/sentite le conclusioni del PG Dott. t.
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6- E PPA-CC h-12.< PILA 4a,k›..su: fl-~ etich-A Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del giorno 11.3.2014 il Tribunale di Lecce, investito ai sensi dell'art. 309 cod.proc.pen., rigettava la richiesta di riesame avanzata da APE Antonio, avverso l'ordinanza emessa dal gip del tribunale di Lecce -in data 20.2.2014- di applicazione nei suoi confronti della misura della custodia cautelare in carcere, per i reati in concorso con altri di tentato omicidio in danno degli appuntati dei CC Rubichi Lequile, il 6.2.2014. A seguito di rapina presso l'agenzia assicurativa Vittoria , quattro rapinatori si erano dati alla fuga, ma erano stati inseguiti dai carabinieri che avevano sparato alle gomme dell'auto a bordo della quale cercavano di fuggire, provocando l'arresto del veicolo in una strada di campagna; i quattro rapinatori avevano continuato a sparare con pistola e fucile all'indirizzo dei carabinieri, ma due erano stati assicurati alla giustizia nell'immediatezza; Aprile Alessandro si era accasciato a terra ferito e veniva trovato con un portafoglio sottratto poco prima nel corso della rapina , mentre De Benedittis Vincenzo veniva arrestato poso lontano dal luogo in cui l'auto fu bloccata. Quest'ultimo aveva spontaneamente riferito ai Carabinieri l'identità degli altri due rapinatori, indicando Ape Antonio e Maniglia Fabrizio, entrambi non rintracciati per diversi giorni dopo il fatto. Il ricorrente in particolare veniva arrestato il 15.2.2014. Il quadro indiziario veniva ritenuto configurato a) dalle indicazioni del coindagato che ebbe a chiamare in correità l'APE ed il Maniglia che venivano considerate utilizzabili ai sensi dell'art. 350 cod.proc.pen. ; b) dalla conversazione intercettata in cui Ape Marianna il 14.2.2014 ebbe a fare riferimento esplicito al coinvolgimento del fratello nella rapina, lamentando lo stato di prostrazione in cui era caduta la madre, sofferente al cuore e facendo chiaro riferimento al conflitto a fuoco, intervenuto con i Carabinieri; c) dalla circostanza che l'indagato risultò latitante per alcuni giorni , senza specificare la ragione plausibile di questo suo allontanamento, da riportare al fatto di volere evitare la sorte che toccò ai due complici immediatamente arrestati; e) dall'intervenuto riconoscimento del Maniglia ad opera dei Carabinieri intervenuti a bloccare l'auto dei banditi; f) dall'esito delle intercettazioni ambientali nel carcere di Lecce, da cui risultava che De Benedittis manifestava la fretta di fare avere a Maniglia e ad Ape il verbale del suo interrogatorio avanti al pm in cui non confermò il nome dei due chiamati in correità operato nell'immediatezza; g) dalla circostanza che Ape e Maniglia avevano concordato una versione difensiva comune; h)dal fatto che sia Ape che Maniglia a seguito della fuga si procurarono entrambi un trauma, impattando contro una catena durante la fuga, fuga che l'Ape parlando con il fratello, descrisse con dovizia di particolari indicando i vari luoghi in cui lui e il Maniglia ebbero a riparare, facendo quindi fondatamente ritenere la sua diretta partecipazione. 2 Donato e Scorrano Vincenzo, di rapina aggravata e di ricettazione, fatti occorsi in Quanto alle esigenze cautelari, veniva fatto presente che l'Ape era censurato per reati gravissimi e specifici, che i fatti di reato erano di elevata pericolosità sociale, posto che dopo la rapina a mano armata, i quattro non esitarono ad ingaggiare una sparatoria con i Carabinieri e l'Ape in particolare si diede alla macchia. Venivano quindi ritenute sussistenti tutte le tre esigenze cautelari con il che la miusra cautelare restrittiva veniva emessa onde prevenire il pericolo di fuga, il pericolo di reiterazione ed il pericolo di inquinamento delle prove, avendo avuto certezza del tentativo di forzare la realtà 2. Avverso tale ordinanza ha interposto ricorso per cassazione l'imputato, pel tramite del suo difensore, per dedurre violazione degli artt. 273 e 274 cod.proc.pen. per difetto delle condizioni di applicabilità di misura cautelare, nonché degli artt. 63,64 e 350 cod.proc.pen.: sarebbe stata omessa un'analitica dimostrazione della sussistenza di tutti gli elementi legittimanti il riconoscimento della base indiziaria del provvedimento coercitivo, atteso che la misura cautelare è stata emessa sulla base delle indicazioni dal De Benedittis offerte nell'immediatezza dell'arresto, che a parere della difesa non potevano costituire il supporto motivazionale di un provvedimento cautelare. Non essendo state rese in presenza di difensore, le dichiarazioni del De Benedittis risulterebbero viziate sia sotto il profilo dell'art. 191 cod.pen t perché utilizzabili contra se e contra alios, sia sotto il profilo dell'art. 63 cod.proc.pen. , perché acquisite senza verbalizzazione. Sul punto vengono richiamati arresti di questa Corte a supporto dell'assunto secondo cui tali dichiarazioni potrebbero essere utilizzate solo come stimolo alle investigazioni, senza poter essere valorizzate in chiave indiziaria nella procedura cautelare. Inoltre, la difesa contesta che possano essere ricavati elementi indizianti dalla telefonata della sorella dell'indagato, nel corso della quale la stessa avrebbe riferito dati sottratti alla verifica processuale. Considerato in diritto. Lo sviluppo argomentativo della motivazione del provvedimento impugnato è basato su una coerente analisi critica degli elementi indizianti e sulla loro coordinazione in un organico quadro interpretativo, alla luce del quale appare dotata di adeguata plausibilità logica e giuridica l'attribuzione a detti elementi del requisito della gravità, nel senso che questi sono stati reputati conducenti, con un elevato grado di probabilità, rispetto al tema dell'indagine concernente la responsabilità del prevenuto , in ordine al reato di concorso in tentato omicidio. Considerato che la valutazione compiuta dal tribunale vede sul grado di inferenza degli indizi e quindi sull'attitudine più o meno dimostrativa degli stessi in termini di qualificata probabilità di colpevolezza, anche se procedimentale, concordando versioni e forzando le volontà dei dichiaranti. non di certezza, si deve concludere che la motivazione del tribunale supera ampiamente il vaglio di legittimità demandato a questa Corte, il cui sindacato si deve arrestare alla verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai canoni legali che presiedono all'apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza, prescritti dall'art. 273 cod.proc.pen., per l'emissione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, senza poter attingere l'intrinseca consistenza delle valutazioni riservate al giudice di merito. Quanto all'eccezione processuale sollevata dalla difesa sull'utilizzabilità delle sottolineato che questa Corte'ha ripetutamente affermato che sono utilizzabili nella fase delle indagini preliminari, al fine dell'applicazione di misura cautelare le dichiarazioni spontanee di un coindagato rese alla polizia giudiziaria e riportate nell'informativa di reato, anche se non sottoscritte dall'interessato (Sez. I, 16.3.2010, n. 15437, rv 246837). Ancor più recentemente è stato sostenuto che la mancata verbalizzazione da parte delle polizia giudiziaria di dichiarazioni da essa ricevute, in contrasto con quanto prescritto dall'art. 357 cod. proc. pen., non le rende nulle o inutilizzabili in quanto nessuna sanzione in tal senso è prevista da detta norma, sicché salvi i limiti di cui all'art. 350, commi 6 e 7, cod. proc. pen., l'agente o l'ufficiale di polizia giudiziaria può fare relazione del loro contenuto all'autorità giudiziaria e rendere testimonianza "de relato" ( Sez. II, 18.10.2012, n. 150, rv 254678). Nel caso di specie deve essere rilevato che nell'immediatezza dell'arresto, il De Benedittis rivelò il nome dei complici certamente su sollecitazione degli operanti, che sul campo gli chiesero di indicare il nome dei fuggitivi, ma tale sollecitazione non può essere assimilata ad un interrogatorio in senso tecnico, che presuppone domande specifiche e risposte che vanno verbalizzate, alla presenza del difensore ( in senso conforme Sez.IV 25.2.2011, n. 15018). In tale arresto è stato sottolineato che "nel vigente codice di procedura penale il termine interrogatorio ha un ben preciso significato tecnico e non può quindi essere facilmente intercambiabile con altri termini, anch'essi dotati di un loro specifico e diverso significato, quali sono quelli che definiscono le sommarie informazioni rese dall'indagato (art. 350 c.p.p., comma 1), le dichiarazioni spontanee (art.350c.p.p.,comma7) o l'esame (art. 208 c.p.p.). D'altra parte le dichiarazioni spontanee rese dall'indagato alla polizia giudiziaria, disciplinate dall'art. 350 c.p.p., comma 7, sono pienamente utilizzabili nella fase delle indagini preliminari (Cass. Sez. Un. 25 settembre 2008 n. 1150)". L'assimilazione delle dichiarazioni spontanee all'interrogatorio operata dal ricorrente che lamenta la mancata osservanza delle preclusioni proprie del regime dell'interrogatorio, è dunque illegittima. La risposta alle sollecitazioni sul luogo del fatto di indicazione dei complici in fuga, in situazione di evidente particolare tensione, in cui le forze dell'ordine sono in campo per evitare la protrazione di attività delittuose, ovvero la commissione di nuove iniziative delinquenziali, in un contesto niente affatto assimilabile ad un 4 dichiarazioni offerte dal De Benedittis, al momento del suo arresto, deve essere interrogatorio, non comporta il previo invito alla nomina del difensore, né la verbalizzazione immediata delle dichiarazioni raccolte, trattandosi di situazioni di emergenza che per lo più richiedono la prosecuzione di attività investigativa e quindi impongono il differimento della redazione dei verbali. In tali emergenze l'ordinamento valorizza il profilo della spontaneità delle indicazioni raccolte, imponendo al pubblico ufficiale di riportarle nell'annotazione, onde non disperderne il contenuto. Tali contributi non sono affatto inutilizzabili, seppure raccolti nelle forme suindicate, ma possono indagini ed in sede di riti alternativi al dibattimento ( Sez.Un.25.9.2008, n.. 1150, rv 241884). Un recentissimo arresto di questa Corte ha ribadito che le dichiarazioni spontanee rese alla Polizia da persona soggetta ad indagini sono utilizzabili nel giudizio abbreviato, essendone esclusa solo l'utilizzazione in sede dibattimentale, aggiungendo che quanto alla mancata verbalizzazione di dette dichiarazioni deve ritenersi utilizzabile nel giudizio abbreviato l'annotazione di polizia in cui sia riportato il contenuto , costituendo atto di indagine a cui l'opzione processuale dell'imputato attribuisce valenza probatoria (Sez. V, 16.1.2014, n. 6346). E' quindi corretto il percorso seguito dal Tribunale che ne ha riconosciuto la piena utilizzabilità in sede cautelare. Il compendio indiziario è stato altrettanto correttamente ritenuto di peso, considerando l'insieme degli elementi acquisiti che sono stati sopra rappresentati e che unitariamente considerati impongono una valutazione di assoluta completezza e gravità. La telefonata intercorsa tra la sorella dell'indagato ed un'amica non poteva non rivestire un valore di centralità nell'economia della valutazione indiziaria, trattandosi di confidenza resa nella più assoluta naturalezza all'amica, in un momento di sconforto per le conseguenze che il fatto avrebbe prodotto sull'anziana madre e che trovava sicuramente alimento dalla circostanza che il fratello era fuggito. Detta emergenza tra l'altro si lega perfettamente con quanto lo stesso Ape ebbe poi a confessare al fratello in carcere, in cui diede dettagliato resoconto della fuga intrapresa con il Maniglia, circostanza che , come correttamente argomentato dal tribunale, toglie ogni ombra di dubbio sul di lui coinvolgimento nel fatto oggetto della presente valutazione. Al rigetto del ricorso deve seguire la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Deve essere trasmessa a cura della cancelleria copia del provvedimento al Direttore dell'istituto penitenziario , ai sensi dell'art. 94 c. 1 ter , disposiz. att. cpp . P.q.m. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali . 5 essere utilizzati nei limiti previsti dall'art. 350 cod.proc.pen., cioè nella sola fase delle Trasmessa copia ex art. 23 n.1 ter L. 8-8-95 n. 332 Roma, 11 3 Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al Direttore dell'istituto penitenziario , ai sensi dell'art. 94 c. 1 ter,, disposiz. att. cpp . Così deciso in Roma, addì 20 giugno 2014.

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