Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33818 del 20/06/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 33818 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ANCORA EGIDIO N. IL 27/04/1944
avverso il decreto n. 27/2012 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
TARANTO, del 23/09/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA
SEVERINA CAPRIOGLIO;
lette/scatite le conclusioni del PG tieft. 4″‘ 4

Udit i difensor Avv

Data Udienza: 20/06/2014

Ritenuto in fatto

1. Con decreto del 23.9.2013 la corte d’appello di Lecce, sez. distaccata di Taranto,
in parziale accoglimento dell’istanza avanzata da ANCORA Egidio, riduceva la durata
della misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno a lui
applicata ad anni uno e mesi sei, in ragione della sua età avanzata. L’istanza di revoca

inferita dalle condanne riportate per reati contro il patrimonio,rissa, falsità materiale e
lesioni colpose; che l’ultima condanna era stata riportata nel 2006, per il reato di
estorsione. Veniva evidenziato come il prevenuto fosse fratello di soggetto ucciso nella
guerra tra gruppi malavitosi facenti capo alla SCU e fosse cognato di D’Amore
Francesco, condannato per associazione mafiosa e suo correo nei delitti di estorsione.
Proprio considerando le condanne riportate, i processi pendenti, le frequentazioni, la
corte addiveniva alla conclusione che l’Ancora andava considerato un soggetto dedito a
traffici delittuosi, non rilevando in senso difensivo il dato che nel periodo più recente
fosse risultato titolare di regolare occupazione lavorativa. Veniva disattesa anche
l’eccezione processuale secondo cui sarebbe stato violato il diritto di difesa, poiché tutti
gli atti posti a base della richiesta di applicazione della misura di prevenzione erano stati
depositati a disposizione della parte, onde poter interloquire sugli stessi.

2. Avverso tale decisione interponeva ricorso per cassazione il prevenuto pel
tramite del suo difensore, per dedurre:
2.1 violazione dell’art. 178 lett. c) cod.proc.pen., 111 Cost. in quanto sarebbe stato
violato il diritto di difesa avendo i carabinieri di Martina Franca indicato dodici
nominativi di soggetti pregiudicati con cui l’Ancora sarebbe stato solito frequentarsi,
senza indicazione delle circostanze di tempo e di luogo, così determinando una
limitazione alle opportunità difensive; solo a seguito di provvedimento di integrazione
istruttoria furono acquisite le denunce sporte a carico dell’Ancora.
2.2 Violazione degli artt. 1 e 4 d.lgs. 159/2011, per carenza del presupposto della
attuale pericolosità sociale: vien fatto di rilevare che dalla lettura del certificato penale
risulterebbe che l’ultimo fatto per cui Ancora ha riportato condanna risale al 1999, che
per quanto riguarda i processi pendenti risulta che Ancora fu assolto dagli addebiti di
usura e dai reati di minaccia e danneggiamento, scaturenti dalle denunce di Altavilla
Lorenzo, giudicato soggetto inaffidabile, imputato di tentato omicidio in danno
dell’Ancora medesimo. Veniva aggiunto che il prevenuto non risultava aver partecipato
a consorterie mafiose, era stato assolto dal reato di usura, cosicchè non poteva essere
inquadrato tra i soggetti pericolosi ex art. 4 lett. b) d.lgs 159/2011.

della misura veniva disattesa in quanto la pericolosità sociale del prevenuto era stata

3. Il Procuratore Generale ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
Considerato in diritto.
Deve essere preliminarmente rilevato che il sindacato di legittimità sui
provvedimenti in materia di prevenzione, coerentemente con la natura e la funzione
del procedimento, è limitato alle violazioni di legge (regola recepita anche dalla nuova
normativa introdotta con d.lgs. 159/2011) e quindi non si estende ad un controllo

limitazione come è noto, non è stata reputata irragionevole dalla Corte Costituzionale
con sentenza 321/2004, in ragione della peculiarità del procedimento di prevenzione
sia sul versante processuale, che su quello sostanziale, peculiarità che è stata ribadita
più recentemente con sentenza 21/2012, con cui la Corte Costituzionale ha
sottolineato la profonda differenza di procedura e di sostanza tra le due sedi, penale e
di prevenzione.
Ciò precisato deve concludersi che il ricorso non raggiunge la soglia
dell’ammissibilità.
Non è ricorsa alcuna violazione del diritto di difesa, atteso che l’annotazione di
polizia in cui si dava conto degli accertati incontri dell’Ancora con soggetti pregiudicati è
stata acquista e messa a disposizione della difesa nel corso del giudizio, che quindi potè
interloquire sulla stessa.
Il provvedimento impugnato è la decisione assunta in sede di appello, a seguito
di ordinanza in materia di revoca della misura, che fu a suo tempo adottata nei
confronti del ricorrente. La Corte ricordava che il giudizio di pericolosità sociale del
prevenuto era stato espresso alla luce delle numerose condanne riportate, per reati
contro il patrimonio, quali rapine ed estorsioni, nonché per le inquietanti frequentazioni
che segnavano un collegamento con ambienti ad alto tasso delinquenziale.
La res iudicanda dei giudici a quibus era circoscritta alla sussistenza di elementi
nuovi, rispetto a quelli sui quali il giudizio di pericolosità era stato formulato. Tali
elementi non sono stati ritenuti sussistenti o comunque di peso tale da portare ad una
diversa valutazione, considerato che non erano apprezzabili significativi elementi
dimostrativi di un cambiamento di stile di vita; il fatto che avesse svolto negli ultimi
tempi un’attività lavorativa, portava la Corte a ridurre la durata della misura, ma non
portava a concludere sul venir meno o sull’essersi modificate le cause che avevano
determinato il provvedimento applicativo della misura.
Trattasi di valutazione in punto perdurante pericolosità sociale che si attesta
nell’ambito dell’opinabilità di apprezzamento, involgente valutazioni di puro merito, su
cui questa Corte non è autorizzata ad interloquire. Non potendo essere apprezzate
forzature del parametro normativo di riferimento, il ricorso va dichiarato inammissibile.
3

sull’adeguatezza o coerenza logica dell’iter giustificativo della decisione. Detta

Dalla dichiarazione di inammissibilità del ricorso discende, ai sensi dell’art. 616
cod.proc.pen. c. 1, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e,
in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), anche la condanna al versamento a
favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo
determinare in euro mille.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di euro mille alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, addì 20 giugno 2014.

P.Q.M.

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