Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33803 del 20/05/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 33803 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CASA FILIPPO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BESIRI MEFAIL N. IL 26/02/1966
avverso l ‘ordinanza n. 4/2013 CORTE ASSISE di ROMA, del
18/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FILIPPO CASA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 20/05/2014

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RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza resa in data 18.7.2013, la Corte di Assise di Roma, in funzione di
Giudice dell’Esecuzione, rigettava nei confronti di BESIRI Mefail l’istanza volta ad ottenere
l’applicazione della disciplina del reato continuato ex art. 671 c.p.p. tra sentenze
genericamente indicate con riferimento all’istanza stessa.
Il Tribunale fondava il provvedimento sulla rilevata assenza della contiguità spaziale e

reati oggetto di condanna.
2.

Ha proposto personalmente ricorso per cassazione BESIRI Mefail, deducendo

violazione di legge e vizio di motivazione.
Il Giudice dell’Esecuzione non aveva considerato elementi significativi desumibili dalla
motivazione delle sentenze di condanna, tra i quali la circostanza che quasi tutti i reati di furto
e tentato furto aggravati oggetto di condanna (sentenza del Tribunale di Roma in data
25.7.2001, irrevocabile il 29.9.2001; sentenza del Tribunale di Roma in data 15.4.2002,
irrevocabile il 29.4.2004; sentenza del Tribunale di Roma in data 6.6.2002, irrevocabile il
25.11.2002; sentenza del Tribunale di Siena in data 10.1.2002, irrevocabile il 2.4.2004) erano
stati commessi in Roma e quella della contiguità temporale tra alcuni di essi (i due episodi del
19.7.2001 e del 6.6.2002).
In data 14.4.2014 è pervenuta via fax memoria del difensore di fiducia con ampi
richiami giurisprudenziali, ma senza formali censure al provvedimento ricorso.
3. Il Procuratore Generale presso questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha
concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, condividendo il contenuto
dell’impugnazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto.
2. Va premesso che appartiene al consolidato orientamento della giurisprudenza di
legittimità l’affermazione, secondo la quale l’unicità del disegno criminoso, presupposto
indefettibile per la configurabilità della continuazione fra più reati anche quando l’applicazione
dell’istituto sia invocata in sede esecutiva, richiede sotto il profilo soggettivo la
rappresentazione dei singoli episodi criminosi, individuati almeno nelle loro linee essenziali sin
dall’inizio dell’attività illecita, nel senso che l’autore deve avere già previsto e deliberato in
origine ed in via generale riter” criminoso da percorrere ed i singoli reati attraverso i quali
attuarlo, che nella loro oggettività si devono presentare compatibili giuridicamente e posti in
essere in un contesto temporale di successione o contemporaneità. Ne consegue che tale
problema si risolve in una “quaestío facili’ la cui soluzione è rimessa di volta in volta
all’apprezzamento del giudice di merito.
1

temporale tra i reati, reputando insufficiente la circostanza relativa alla identità di tipologia dei

Resta comunque escluso che l’unicità di disegno criminoso possa identificarsi con
l’abitualità criminosa o con scelte di vita ispirate alla continua violazione delle norme penali,
così come, sul fronte opposto, non può nemmeno pretendersi che tutti i singoli reati siano stati
in dettaglio progettati e previsti nelle varie occasioni temporali e nelle modalità specifiche di
commissione delle loro azioni, atteso che la disciplina normativa richiede identità del “disegno”
criminoso, ossia che i singoli reati siano mezzo per il conseguimento di un unico intento,
sufficientemente specifico e rintracciabile sin dalla commissione del primo di essi sulla scorta di

motivato, insuscettibile di censura nel giudizio di legittimità (Sez. 5, n. 23370 del 14/5/2008,
Pagliara, Rv. 240489; Sez. 1, n. 18340 dell’11/2/2011, Scarda, Rv. 250305; Sez. 1, n. 12905
del 17/3/2010, Bonasera, Rv. 246838; Sez. 5, n. 49476 del 25/9/2009, Notaro, Rv. 245833).
A tal fine l’analisi, da condurre sulla base degli accertamenti di fatto contenuti nelle
sentenze che hanno giudicato le singole vicende criminose, deve riguardare una pluralità di
indici sintomatici, rivelatori dell’ideazione e della determinazione volitiva unitaria, quali la
prossimità temporale di commissione, l’omogeneità delle condotte sotto il profilo oggettivo, le
circostanze concrete di tempo e luogo dell’azione, il bene giuridico leso, le finalità perseguite,
le abitudini programmate di vita, con la specificazione che non è necessario rintracciare la
compresenza di tutti questi elementi, potendo assumere valore significativo anche la ricorrenza
di uno o più di essi e che tanto maggiore è il novero degli elementi indicativi tanto maggiore
sarà la possibilità di riconoscere la continuazione.
3. Ciò posto, sussiste il vizio denunciato sotto il profilo della carenza ed illogicità della
motivazione, in quanto il provvedimento in verifica ha omesso di prendere adeguatamente in
esame, anche soltanto per respingerle – come pur avrebbe potuto fare nell’esercizio dei poteri
valutativi discrezionali, spettanti anche al Giudice dell’Esecuzione, con l’onere del rispetto delle
norme giuridiche e dei principi di logica, nonché della necessità di fornire appropriata
giustificazione delle scelte effettuate – le argomentazioni a sostegno della richiesta del
ricorrente, che aveva indicato l’omogeneità dei reati per natura giuridica e modalità esecutive,
nonché, almeno per una parte di essi, la consumazione in un arco temporale limitato.
Né può ritenersi sufficiente il generico rilievo sulla mancanza di contiguità spaziotemporale dei reati oggetto di condanna, rilievo non tradottosi nella compiuta illustrazione
delle ragioni di fatto giustificative in relazione alle circostanze concrete delle azioni, tra le quali,
ad esempio, l’omogenea tipologia di reati, la parziale identità dei beni sottratti e il non
eccessivo intervallo temporale tra gli episodi del 19.7.2001 e del 6.6.2002.
Sotto tali profili la motivazione dell’ordinanza impugnata risulta soltanto apparente,
avulsa dalle risultanze processuali e fondata su argomentazioni generiche e assertive, sicché se
ne impone l’annullamento con rinvio alla Corte di Assise di Roma in diversa composizione (v.
sentenza C. Cost. n. 183 del 19.6.2013, che ha dichiarato l’ illegittimità costituzionale degli
articoli 34, comma 1, e 623, comma 1, lettera a), cod. proc. pen., nella parte in cui non
prevedono che non possa partecipare al giudizio di rinvio dopo l’annullamento il giudice che ha
2

un apprezzamento in punto di fatto spettante al giudice di merito, come tale, se congruamente

pronunciato o concorso a pronunciare ordinanza di accoglimento o rigetto della richiesta di
applicazione in sede esecutiva della disciplina del reato continuato, ai sensi dell’art. 671 del
medesimo codice) perché proceda a nuovo esame dell’istanza del ricorrente che tenga conto
dei rilievi sopra esposti.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di Assise di Roma.

Il Consigliere stensore

Il Presidente

Così deciso in Roma, il 20 maggio 2014

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