Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33802 del 20/05/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 33802 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CASA FILIPPO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
THIOYE MODOU N. IL 15/07/1962
avverso l’ordinanza n. 310/2013 TRIBUNALE di VERONA, del
09/10/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FILIPPO CASA;
lette/site le conclusioni del PG Dott.

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Data Udienza: 20/05/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza resa in data 9.10.2013, il Tribunale di Verona in funzione di Giudice
dell’Esecuzione, per quel che qui rileva, rigettava nei confronti di THIOYE Modou l’istanza volta
ad ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato ex art. 671 c.p.p. tra sentenze
genericamente indicate con riferimento all’istanza stessa.
Il Tribunale fondava il provvedimento sulla rilevata assenza di elementi indicativi di un

tipologia di reati legati all’esercizio di attività di venditore ambulante, non riconducibile ad una
ideazione iniziale complessiva.
2. Ha proposto personalmente ricorso per cassazione THIOYE Modou.
2.1. Con il primo motivo, deduce errata applicazione della legge (art. 671 c.p.p.) per
l’omessa considerazione, da parte del Giudice dell’Esecuzione, sia della contiguità temporale
tra gli episodi di detenzione e vendita di prodotti con marchio contraffatto e ricettazione
oggetto di condanna, sia dell’omogeneità della tipologia di reati; anche lo status di clandestino
aveva spinto il ricorrente a commettere i delitti in un programma unitario.
2.2. Con il secondo motivo, denuncia errata applicazione dell’art. 673 c.p.p. nella
revoca parziale della sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di Verona il 6.6.2007 in
relazione al reato di cui all’art. 14, comma 5 ter, D. Lgs. n. 286/98.
3.

Il Procuratore Generale presso questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha

concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, condividendo il contenuto del
ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto.
2. Va premesso che appartiene al consolidato orientamento della giurisprudenza di
legittimità l’affermazione, secondo la quale l’unicità del disegno criminoso, presupposto
indefettibile per la configurabilità della continuazione fra più reati anche quando l’applicazione
dell’istituto sia invocata in sede esecutiva, richiede sotto il profilo soggettivo la
rappresentazione dei singoli episodi criminosi, individuati almeno nelle loro linee essenziali sin
dall’inizio dell’attività illecita, nel senso che l’autore deve avere già previsto e deliberato in
origine ed in via generale l'”iter” criminoso da percorrere ed i singoli reati attraverso i quali
attuarlo, che nella loro oggettività si devono presentare compatibili giuridicamente e posti in
essere in un contesto temporale di successione o contemporaneità. Ne consegue che tale
problema si risolve in una “quaestio facti” la cui soluzione è rimessa di volta in volta
all’apprezzamento del giudice di merito.
Resta comunque escluso che l’unicità di disegno criminoso possa identificarsi con
l’abitualità criminosa o con scelte di vita ispirate alla continua violazione delle norme penali,
1

medesimo disegno criminoso, reputando vaga e generica la circostanza relativa alla identica

così come, sul fronte opposto, non può nemmeno pretendersi che tutti i singoli reati siano stati
in dettaglio progettati e previsti nelle varie occasioni temporali e nelle modalità specifiche di
commissione delle loro azioni, atteso che la disciplina normativa richiede identità del “disegno”
criminoso, ossia che i singoli reati siano mezzo per il conseguimento di un unico intento,
sufficientemente specifico e rintracciabile sin dalla commissione del primo di essi sulla scorta di
un apprezzamento in punto di fatto spettante al giudice di merito, come tale, se congruamente
motivato, insuscettibile di censura nel giudizio di legittimità (Sez. 5, n. 23370 del 14/5/2008,

del 17/3/2010, Bonasera, Rv. 246838; Sez. 5, n. 49476 del 25/9/2009, Notaro, Rv. 245833).
A tal fine l’analisi, da condurre sulla base degli accertamenti di fatto contenuti nelle
sentenze che hanno giudicato le singole vicende criminose, deve riguardare una pluralità di
indici sintomatici, rivelatori dell’ideazione e della determinazione volitiva unitaria, quali la
prossimità temporale di commissione, l’omogeneità delle condotte sotto il profilo oggettivo, le
circostanze concrete di tempo e luogo dell’azione, il bene giuridico leso, le finalità perseguite,
le abitudini programmate di vita, con la specificazione che non è necessario rintracciare la
compresenza di tutti questi elementi, potendo assumere valore significativo anche la ricorrenza
di uno o più di essi e che tanto maggiore è il novero degli elementi indicativi tanto maggiore
sarà la possibilità di riconoscere la continuazione.
3. Ciò posto, sussiste il vizio denunciato sotto il profilo della carenza ed illogicità della
motivazione, in quanto il provvedimento in verifica ha omesso di prendere adeguatamente in
esame, anche soltanto per respingerle – come pur avrebbe potuto fare nell’esercizio dei poteri
valutativi discrezionali, spettanti anche al Giudice dell’Esecuzione, con l’onere del rispetto delle
norme giuridiche e dei principi di logica, nonché della necessità di fornire appropriata
giustificazione delle scelte effettuate – le argomentazioni a sostegno della richiesta del
ricorrente, che aveva indicato l’omogeneità dei reati per natura giuridica e modalità esecutive,
nonché la loro consumazione in un arco temporale limitato.
Né può ritenersi sufficiente il rilievo sulla parziale eterogeneità di alcuni dei reati
oggetto di condanna, rilievo non tradottosi nella compiuta illustrazione delle ragioni di fatto
giustificative in relazione alle circostanze concrete delle azioni.
Inoltre, il Giudice di merito pare non aver dedicato alcuna attenzione al fattore
cronologico, ossia alla commissione dei fatti di reato entro il breve lasso di tempo di circa
quattro mesi nel corso dello stesso anno 2007.
Sotto tali profili la motivazione dell’ordinanza impugnata risulta soltanto apparente,
avulsa dalle risultanze processuali e fondata su argomentazioni generiche e assertive, sicché se
ne impone l’ annullamento con rinvio al Tribunale di Verona in diversa composizione (v.
sentenza C. Cost. n. 183 del 19.6.2013, che ha dichiarato l’ illegittimità costituzionale degli
articoli 34, comma 1, e 623, comma 1, lettera a), cod. proc. pen., nella parte in cui non
prevedono che non possa partecipare al giudizio di rinvio dopo l’annullamento il giudice che ha
pronunciato o concorso a pronunciare ordinanza di accoglimento o rigetto della richiesta di
2

Pagliara, Rv. 240489; Sez. 1, n. 18340 dell’11/2/2011, Scarda, Rv. 250305; Sez. 1, n. 12905

applicazione in sede esecutiva della disciplina del reato continuato, ai sensi dell’art. 671 del
medesimo codice) perché proceda a nuovo esame dell’istanza del ricorrente che tenga conto
dei rilievi sopra esposti.
4. L’accoglimento del motivo sulla continuazione è assorbente rispetto ai rilievi inerenti
al calcolo della pena operato in conseguenza della revoca parziale della sentenza di condanna
del 6.6.2007 subaa dal ricorrente nei termini precedentemente indicati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Verona.
Così deciso in Roma, il 20 maggio 2014

3

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