Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3380 del 05/11/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3380 Anno 2015
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da : Iafrate Paola, n. a Isola del Liri il 27/05/1961;

avverso la sentenza del Tribunale di Cassino, sez. dist. di Sora, in data
18/06/2013;

udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;

udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale P. Canevelli, che ha concluso per l’annullamento con rinvio quanto al
primo motivo;
udite le conclusioni del Difensore di fiducia, Avv. C. Rannelli, anche in
sostituzione dell’Avv. G. lucci, che si è riportato ai motivi;

RITENUTO IN FATTO

1.Iafrate Paola ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza con cui il
Tribunale di Cassino l’ ha condannata per il reato di cui all’art. 256, comma 1,
lett. a), del d. Igs. n. 152 del 2006 in relazione all’abbandono incontrollato di

Data Udienza: 05/11/2014

rifiuti speciali pericolosi e di cui all’art.137, comma 1, dello stesso d. Igs. per
avere scaricato le acque reflue industriali nel fiume Liri senza la prescritta
autorizzazione, così riqualificate le originarie imputazioni.

2. Con un primo motivo lamenta l’inosservanza delle norme processuali stabilite
a pena di inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza deducendo di avere, sin da

istanza di ammissione all’oblazione subordinata alla derubricazione (ovvero alla
esclusione delle contestate aggravanti) dei reati contestati ribadendola in sede
di discussione. Avendo quindi il giudice, all’esito del dibattimento, derubricato le
originarie ipotesi in altre meno afflittive e suscettibili di oblazione, avrebbe
dovuto rimettere in termini il ricorrente per consentire di fare luogo all’estinzione
dei reati. Non avendolo fatto, ha violato, in contrasto con quanto affermato dalle
Sezioni Unite della Corte di cassazione, il diritto di difesa dell’imputata.

2.1. Con un secondo motivo lamenta l’erronea applicazione della legge penale in
relazione alla mancata ravvisabilità di un deposito temporaneo di rifiuti in
considerazione dell’accertata suddivisione non per categorie omogenee,
essendosi trattato di scarti della separazione meccanica di carta e cartone e
fanghi di lavorazione frammisti tra loro. Osserva tuttavia che la categoria non
coincide con il singolo codice ma con la fonte del rifiuto che deve essere
omogenea per evitare che possano essere frammisti rifiuti incompatibili
provenienti da diversi processi produttivi; di qui la violazione di legge da parte
del giudice che ha ritenuto sussistente una condizione ostativa in realtà non tale.

2.2. Con un terzo motivo lamenta la manifesta illogicità e contraddittorietà della
motivazione in relazione al reato di cui all’art.256 con riferimento all’art. 183,
lett. bb ) n. 3, del d.lgs. n. 152 del 2006. Deduce che la ritenuta natura
eterogenea del materiale già oggetto di sequestro preventivo è in contrasto con
le risultanze delle prove testimoniali, dell’esame del consulente tecnico della
Difesa e dell’esame dell’imputata. Infatti, essendo risultato da tali dati che sul
piazzale era stata collocata la polpa di carta impastata con l’acqua, avrebbe
dovuto il giudice considerare tali rifiuti come un unico prodotto di scarto del
medesimo procedimento produttivo e quindi, come tali, appartenenti alla stessa
categoria omogenea costituita da fanghi di polpa di carta o cartone.

2.3.

Con un quarto motivo lamenta sempre la manifesta illogicità e

contraddittorietà della motivazione in relazione al reato di cui all’art.256 con
2

prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, formulato specifica

riferimento all’art. 183 lett. bb ) n. 3 del d.lgs. n. 152 del 2006. Deduce che il
giudice ha escluso il deposito temporaneo facendo riferimento alla notevole
quantità di rifiuti che depone per un abbandono degli stessi; così facendo ha
però messo in relazione il riferimento cronologico con quello quantitativo,
operazione, questa, non consentita a fronte della specifica norma che rende
ininfluente il dato quantitativo nel caso di deposito temporaneo con durata non

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il primo, pregiudiziale, motivo di ricorso è fondato.
Questa Corte, a Sezioni Unite, ha affermato che ove l’imputato, nel corso
dell’istruttoria dibattimentale, abbia presentato istanza di oblazione subordinata
ad una diversa e più favorevole qualificazione giuridica del fatto, dalla quale
discenda la possibilità di essere ammesso all’oblazione stessa, il giudice, se
effettivamente procede a tale modifica, deve attivare il meccanismo di cui all’art.
141, comma 4 bis, disp. att. c.p.p., anche all’esito dell’istruttoria dibattimentale;
sempre la Corte, con la medesima decisione, ha aggiunto poi che, nel caso in cui
il giudice ometta di pronunciarsi sull’istanza o si pronunci applicando
erroneamente la legge penale, tale omissione può essere fatta rilevare in
appello, attraverso il meccanismo di cui all’art. 604, comma 7, c.p.p., ovvero, in
caso di sentenza inappellabile, con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606,
comma 1, lett. c), c.p.p. (Sez. U., n. 7645 del 28/02/2006, Autolitano ed altro,
Rv. 233029).
Tale affermazione è stata poi, recentemente, integrata con la precisazione che
incombe però sull’imputato che ritenga che il fatto possa essere diversamente
qualificato in un reato che ammetta l’oblazione, l’onere di sollecitare il giudice
alla riqualificazione del fatto e, contestualmente, a formulare istanza di
oblazione, con la conseguenza che, in mancanza di tale espressa richiesta, il
diritto a fruire dell’ oblazione stessa resta precluso ove il giudice provveda di
ufficio ex art. 521 c.p.p., con la sentenza che definisce il giudizio, ad assegnare
al fatto la diversa qualificazione che consentirebbe l’applicazione del beneficio
(Sez. U., n. 32351 del 26/06/2014, Tannborrino, Rv. 259925).
Nella specie, risulta dai verbali allegati al ricorso che il Difensore dell’imputato
ebbe, all’udienza del 30/09/2010, preliminarmente, a presentare istanza di
oblazione subordinatamente alla derubricazione dei reati e a reiterare la stessa,
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eccedente i tre mesi.

in sede di conclusioni, all’udienza del 18/06/2013; risulta altresì, dalla sentenza
impugnata, che il Tribunale ha proceduto effettivamente a riqualificare il reato di
cui all’art. 256, comma 1, lett. b ), del d.lgs. n. 152 del 2006 nel reato di cui
all’art. 256, comma 1 lett. a), stante l’accertata natura non pericolosa dei rifiuti,
e il reato di cui all’art. 137, comma 1 e 2, del d.lgs. n. 152 del 2006, in quello di
cui all’art. 137, comma 1, del d.lgs., in tal modo giungendo, tra l’altro, a ritenere

suscettibili, a differenza di quelle originariamente contestate, di oblazione ex art.
162 bis c.p. stante la previsione, per ambedue, della pena alternativa dell’arresto
o dell’ammenda.
Ciononostante, ed in contrasto con i principi appena sopra ricordati, il Tribunale
non ha, all’esito dell’istruzione, proceduto a vagliare preliminarmente la
domanda di oblazione già presentata, così dando luogo, per quanto rammentato
in inizio, a nullità della sentenza.

4. Il provvedimento impugnato va pertanto annullato con rinvio al Tribunale di
Cassino che provvederà, regredendo il processo al momento immediatamente
successivo a quello della formulazione delle conclusioni, a decidere sull’istanza di
oblazione, in caso di non ammissione dovendo poi decidere nuovamente sul
merito delle imputazioni.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Cassino.
Così deciso in Roma, il 5 novembre 2014.

accertata la colpevolezza in ordine ad ipotesi contravvenzionali entrambe

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