Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33789 del 11/03/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 33789 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CASA FILIPPO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GALLO DOMENICO N. IL 10/03/1956
avverso l’ordinanza n. 126/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di REGGIO
CALABRIA, del 12/06/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FILIPPO CASA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. Luc,g.„__
,J

due.

Udit i difensor Avv.;

L.- c-0-ce-it

Data Udienza: 11/03/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza resa in data 12.6.2013 (dep. 20.6.2013), il Tribunale di Sorveglianza
di Reggio Calabria non concedeva a GALLO Domenico la riabilitazione dalla sentenza di
condanna alla pena di due anni, sei mesi di reclusione e 950,00 euro di multa emessa il
9.3.2004 dalla Corte di Appello di Messina (irrevocabile dall’8.3.2005) in relazione ai reati di
truffa aggravata (27 episodi) e di turbata libertà degli incanti (fatti accaduti tra il 1985 e il

1.1. Premetteva il Tribunale di Sorveglianza che erano decorsi i termini previsti dall’art.
179 c.p., atteso che, ai sensi del D.P.R. n. 394/90, la multa era stata interamente condonata,
mentre la pena detentiva era stata, in parte, condonata e, in parte, eseguita con affidamento
in prova, quindi dichiarata estinta il 26.4.2000 per esito positivo dell’affidamento; le spese di
giustizia risultavano riscosse (come da certificazione della Corte di Appello messinese in data
11.5.2012).
Rilevava il Tribunale che il Comune di Bovalino, con delibera del 18.10.2011, a fronte di
un’offerta generica e astratta di risarcimento del danno proveniente dal GALLO (che, invero,
demandava all’Ente pubblico la quantificazione), aveva ritenuto di non essere legittimato a
promuovere alcuna azione di rivalsa, sul rilievo di non essersi costituito Parte civile in giudizio
e di non essere in grado, dato il tempo trascorso, di quantificare il danno subito.
Aggiungeva il Collegio che il GALLO, dopo la condanna, non risultava aver commesso
altri reati, né appariva gravato da carichi pendenti (certificazione in data 17.9.2012 della
Procura della Repubblica di Locri); svolgeva attività imprenditoriale nel settore bitumazioni
stradali ed era coniugato con una figlia.
1.2. Ciò premesso, osservavano i Giudici di merito che l’inerzia del Comune di Bovalino
e la conseguente prescrizione del diritto al risarcimento del danno da reato non impedivano
all’Ente pubblico di accettare e quantificare un’offerta risarcitoria che, quale contributo di
buona volontà, il GALLO avrebbe potuto e dovuto presentare, senza limitarsi ad una mera
dichiarazione d’intenti, oltre tutto tardiva (atteso che il profitto dei reati era ricavabile dal
tenore dei capi d’accusa e tenuto conto, nel novero dei soggetti danneggiati, dei titolari delle
ditte, non concorrenti nei reati, che avevano inutilmente partecipato alle gare truccate).
Non si versava, dunque, nell’ipotesi di “impossibilità di adempiere” comprensiva di tutte
le situazioni non ascrivibili al condannato ostative all’osservanza dell’obbligo.
D’altro canto, la maturazione del termine prescrizionale del diritto al risarcimento del
danno (a prescindere che sarebbe conseguita esclusivamente all’eccezione in senso stretto
dedotta dal debitore) non esimeva il condannato dalla possibilità di adempiere l’obbligazione
naturale del debito prescritto, con l’effetto della soluti retentio.
Inoltre, l’attivarsi del reo al fine di eliminare le conseguenze civili del reato costituiva
condizione imprescindibile della riabilitazione anche nel caso in cui nel processo non vi fosse
stata pronuncia in ordine alle obbligazioni civili.
1

1991).

Nei decorsi decenni, dunque, il GALLO non solo non aveva adempiuto le obbligazioni
civili da reato, ma non aveva neppure dimostrato l’impossibilità di adempierle.
2. Ha proposto ricorso per cassazione GALLO Domenico per il ministero del suo
difensore di fiducia, deducendo, in un unico motivo, violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) in
relazione agli artt. 179 c.p. e 125 c.p.p., nonché vizio di motivazione.
Il Tribunale di Sorveglianza aveva confuso l’obbligo di attivarsi con l’obbligo del
risarcimento ad ogni costo, non preteso dalla norma.

richiesta di quantificazione dei danni al comune.
D’altro canto, la tipologia dei reati ascritti al GALLO, il ridimensionamento dell’ipotesi di
accusa, la circostanza che, nonostante il processo, gli appalti fossero stati portati a
compimento e il lungo tempo trascorso dai fatti, non consentivano una quantificazione di
appendice di eventuali danni, anche solo d’immagine.
Il Tribunale aveva ignorato la circostanza incorrendo in omessa motivazione.
Attraverso l’espressa rinuncia creditoria dell’Ente pubblico di cui alla delibera del
18.10.2011 si era, in definitiva, realizzata una situazione – non addebitabile al condannato che aveva impedito il realizzarsi dell’adempimento risarcitorio, in quanto inesigibile.
3. Il Procuratore Generale presso questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha
concluso per il rigetto del ricorso.
4. Il difensore del ricorrente ha inviato a mezzo fax in data 4.3.2014 memoria di replica
alle osservazioni del Procuratore Generale (poi depositata in originale il 6.3.2014).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L’art. 179 c.p., come è noto, nel disciplinare l’istituto della riabilitazione di cui
all’articolo precedente, indica requisiti positivi, necessari per l’utile delibazione della relativa
istanza, requisiti temporali, richiesti per l’ammissibilità della domanda e requisiti negativi,
integranti cause ostative alla concessione del beneficio.
Le due condizioni positive, ontologicamente diverse e indipendenti, attengono, l’una, ad
un profilo temporale e l’altra ad un aspetto comportamentale: il decorso di tre anni (otto per i
recidivi, nei casi previsti dai capoversi dell’art. 99 c.p.) dal giorno dell’esecuzione della pena
principale ovvero dell’estinzione della stessa e l’aver dato prova effettiva e costante di buona
condotta.
Ai fini della verifica del requisito della buona condotta, che deve consistere in fatti
positivi e costanti di ravvedimento, la valutazione del comportamento tenuto dall’interessato
deve comprendere non solo il periodo minimo di tre anni dall’esecuzione o dall’estinzione della
pena inflitta, ma anche quello successivo, fino alla data della decisione sull’istanza prodotta
(Sez. 1, Sentenza n. 1274 del 27/2/1996, Politi, Rv. 204698).

2

Il valore dimostrativo dell’emenda del condannato andava colto nel suo attivarsi con la

Nel caso in esame, il Tribunale di Sorveglianza, pur riconoscendo la ricorrenza nella
fattispecie dei requisiti positivi e di ammissibilità della domanda, ha posto a fondamento della
decisione di rigetto la causa ostativa disciplinata all’ultimo comma dell’art. 179 c.p., n. 2,
laddove è prescritto, come è noto, che “La riabilitazione non può essere conceduta quando il
condannato: …. 2) non abbia adempiuto le obbligazioni civili derivanti dal reato salvo che
dimostri di trovarsi nella impossibilità di farlo”.
Ciò premesso richiama il collegio il proprio costante insegnamento in materia,

come eccezione all’ostacolo alla riabilitazione non va intesa in senso restrittivo, e cioè come
sinonimo di impossidenza economica, ma ricomprende tutte le situazioni non imputabili al
condannato che gli impediscono, comunque, l’adempimento delle obbligazioni civili al quale è
tenuto per conseguire il beneficio richiesto (Sez. 1, sentenza n. 18600 del 25/3/2011,
Ingegenri, n.m .).
Non può dubitarsi, d’altronde, che l’attivarsi del reo al fine della eliminazione, per
quanto possibile, di tutte le conseguenze di ordine civile derivanti dalla condotta criminosa sia
considerato dalla norma condizione imprescindibile per l’ottenimento del beneficio, tanto che
esso si appalesa necessario anche nel caso – ricorrente nella fattispecie – in cui nel processo
penale sia mancata la costituzione di parte civile e non vi sia stata, quindi, alcuna pronuncia in
ordine alle obbligazioni civili conseguenti al reato, che si tratti di illecito di danno o di pericolo
(Sez. 1, Sentenza n. 7752 del 16/11/2011, Liberatore, Rv. 252412; Sez. 1, Sentenza n. 48148
del 18/11/2008, Maggi, Rv. 242809; Sez. 1, Sentenza n. 46933 del 17/11/2004, Corse, Rv.
230169).
Ciò deriva dalla natura stessa della riabilitazione che è istituto che si caratterizza,
rispetto alle cause di estinzione del reato o della pena, per la sua efficacia generale e residuale,
essendo astrattamente idoneo ad estinguere anche ogni ulteriore conseguenza che norme
eventualmente sopravvenute alla sua concessione possano far derivare dalla medesima
condanna per cui essa è intervenuta.
Alla riabilitazione, infatti, consegue, attraverso l’estinzione delle pene accessorie e degli
altri effetti penali derivanti dalla condanna, la reintegrazione del condannato nella capacità
giuridica rimasta menomata; essa è, quindi, concedibile quando il condannato stesso abbia
dimostrato con la sua positiva condotta segni inequivocabili di ravvedimento.
Essendo questa la ratio che informa l’istituto, l’adempimento delle obbligazioni civili ex
delicto assume specifico rilievo “in funzione del suo valore dimostrativo della emenda voluta
dalla legge in relazione alla condotta successiva alla condanna che sia stata tenuta dal
condannato” (Sez. 1, Sentenza n. 16026 del 12/4/2006, P.G. in proc. Luodiyi, Rv. 234135;
Sez. 5, n. 4731 dell’ 8/10/1999, dep. 31/1/2000, Agostini M., Rv. 215748; Sez. 1, Sentenza n.
1661 del 7/10/1970, Mazzucato, Rv. 116083), a cui carico è l’onere di dimostrare, in relazione
a detto valore, di avere fatto quanto in suo potere per adempiere le obbligazioni civili derivanti
dal reato ovvero di dimostrare l’impossibilità di adempiervi (tra le altre, Sez. 1, n. 17952 del
3

insegnamento secondo cui l’impossibilità di adempiere le obbligazioni civili derivanti dal reato

30/3/2004, Martinoli, Rv. 228291; Sez. 1, n. 9755 del 27/1/2005, Fortuna, Rv. 231589; Sez.
1, n. 6704 del 2/12/2005, dep. 22/2/2006, Pettenati, Rv. 233406; Sez. 1, n. 4089 del
7/1/2010, De Stasio, Rv. 246052; Sez. 1, n. 35630 del 4/5/2012, dep. 18/9/2012, Critti, Rv.
253182).
2. Alla luce dei suesposti principi, che il Collegio condivide e riafferma, il ricorso
proposto nell’interesse del GALLO deve ritenersi infondato.
2.1. Va, preliminarmente, osservato che correttamente il Tribunale di Sorveglianza di

risarcitorie per maturata prescrizione.
La prescrizione della obbligazione, che presuppone la condotta inadempiente, protratta
nel tempo del condannato, consegue esclusivamente alla eccezione in senso stretto del
debitore (art. 2938 c.c.), sicché non rimuove il divieto normativo dell’art. 179, comma 6, n. 2),
c.p., costituito dal mancato adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato.
Infatti, pur se è maturato il termine prescrizionale, il condannato ha sempre la
possibilità di adempiere la obbligazione (naturale) del debito risarcitorio prescritto, con l’effetto
giuridico della soluti retentio, ai sensi degli artt. 2034 e 2940 c.c..
E la conclusione riceve conforto alla luce della considerazione della ratio che informa
l’istituto della riabilitazione nei termini sopra esposti (Sez. 1, Sentenza n. 45765 del
25/11/2008, Piedigaci, Rv. 242340).
2.2. In secondo luogo, va osservato che il Tribunale non è incorso nel denunciato vizio
della violazione di legge:
– né sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a quo applicato una
determinata disposizione in relazione all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla
previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presupposto dell’accertamento di un
fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie);
– né sotto il profilo della erronea applicazione, avendo esattamente interpretato l’art.
179 c.p. alla luce dei principi di diritto fissati da questa Corte, in larga parte richiamati nella
precedente esposizione in fatto.
Non coglie nel segno la deduzione difensiva che attribuisce valore “esimente” alla
espressa rinuncia creditoria del Comune di Bovalino, da cui sarebbe conseguita l’impossibilità
di adempiere da parte del condannato, a lui non imputabile.
E’ costante orientamento della giurisprudenza di questa Corte quello per cui, in tema di
condizioni per la riabilitazione, sono ininfluenti, ai fini della valutazione dell’impossibilità di
adempiere le obbligazioni civili derivanti dal reato, sia la circostanza che le persone offese non
si siano costituite parte civile nel processo sia che esse non abbiano chiesto al condannato un
ristoro dei danni patiti a causa della sua condotta di reato, spettando all’interessato l’iniziativa
della consultazione con i soggetti danneggiati per l’individuazione di un’adeguata offerta
riparatoria (Sez. 1, Sentenza n. 47347 del 30/11/2011, P.G. in proc. Fieromonte, Rv. 251421;
Sez. 1, Sentenza n. 43000 del 23/10/2007, Ruggeri, Rv. 238122).
4

Reggio Calabria ha ritenuto irrilevante la prospettazione della estinzione delle obbligazioni

Sul punto, il Tribunale reggino ha correttamente rilevato che il condannato si era
limitato ad inoltrare al Comune di Bovalino, individuato quale parte lesa delle numerose truffe
aggravate per le quali era stato giudicato, un’istanza con cui invitava l’Ente pubblico a
quantificare “i danni eventualmente subar trattasi, all’evidenza, di una richiesta
assolutamente generica, se non meramente “esplorativa”, e non già di una idonea offerta di
adempimento, che deve contenere la manifestazione della chiara volontà di ristorare i
pregiudizi arrecati, corredata dalla liquidazione del loro equivalente pecuniario o dalla

condannato, nella specie esercente attività imprenditoriale, possano consentirgli di provvedere
al risarcimento in maniera maggiormente adeguata anche se non necessariamente integrale.
Altrettanto correttamente i Giudici di merito hanno evidenziato che, a fronte della
rinuncia al risarcimento, formalizzata dal Comune calabrese con delibera di Giunta Municipale
in data 18.10.2011, il GALLO avrebbe potuto presentare una congrua offerta reale risarcitoria,
quale contributo di buona volontà da quantificare anche tenendo conto, tra i soggetti
danneggiati, non solo del suddetto Comune, ma anche di tutti i titolari delle ditte che avevano
inutilmente partecipato alle gare truccate, e facendo riferimento all’entità del profitto indicata
nei vari capi d’imputazione.
Coerentemente conclude il Tribunale nel senso che non possa ritenersi assolto l’onere
probatorio gravante sull’interessato alla riabilitazione, non sussistendo una situazione di
oggettiva impossibilità di far fronte alle obbligazioni civili discendenti dai reati commessi.
3. Per quanto illustrato nel paragrafo che precede, il giudice a quo ha dato conto
sufficientemente delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione adeguata,
affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile
opinabilità di apprezzamento e valutazione (v. per tutte: Sez. 1, Sentenza n. 624 del
5/5/1967, Maruzzella, Rv. 105775 e Sez. 4, Sentenza n. 4842 del 2/12/2003, Elia, Rv.
229369) e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità.
4. Per le ragioni sopraesposte, il ricorso deve essere, nel complesso, rigettato, con
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, l’11 marzo 2014

Il Consiglier

sore

Il Presidente

specificazione di altra modalità risarcitoria, soprattutto quando le possibilità economiche del

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