Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33780 del 24/04/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 33780 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: CAVALLO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LANZA ALFREDO N. IL 05/12/1975
avverso la sentenza n. 27/2013 CORTE MILITARE APPELLO di
ROMA, del 08/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/04/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALDO CAVALLO
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. kmig
che ha concluso per k
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.t5

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Data Udienza: 24/04/2014

Ritenuto in fatto

1. Decidendo sull’appello proposto dalla Procura Militare della Repubblica di
Napoli avverso la sentenza del Tribunale militare dì quella stessa città, che aveva
prosciolto Alfredo Lanza, sergente della Marina Militare, già assegnatario di alloggio di servizio presso la sede dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Palinuro,
dall’imputazione di truffa pluriaggravata (reato a lui contestato per aver indotto
in errore l’Amministrazione Militare sull’avvenuto consumo di energia elettrica nel

trici derivanti dall’impianto elettrico del proprio alloggio al contatore di pertinenza dell’Ufficio), la Corte Militare di Appello, con sentenza deliberata 1’8 maggio
2013, dichiarava l’imputato colpevole del reato ascrittogli e previa concessione
delle attenuanti generiche e dell’attenuante dell’ottima condotta militare, lo condannava alla pena di mesi 2 e giorni 20 di reclusione con i benefici della sospensione condizionale della pena (estesa anche alla pena accessoria) e della non
menzione della condanna.

2. Avverso la citata sentenza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il
difensore di fiducia, l’imputato, deducendo: 1) violazione di legge – sostanziale e
processuale – e vizio di motivazione, con riferimento al giudizio di penale responsabilità per il reato di truffa pluriaggravata (art 234 comma 2, cod. pen. mil .
pace) a ragione, in primo luogo, della ritenuta inidoneità del fatto contestato,
difettando nel caso in esame sia l’elemento dell’artificio, in quanto il collegamento illecito dei cavi elettrici ad una fonte altrui non può che determinare una illecita appropriazione di un bene altrui; sia l’induzione in errore, di fatto inesistente,
potendosi al più configurare, in astratto, un’ipotesi di peculato, fermo restando,
in ogni caso, l’insussistenza dell’elemento soggettivo (dolo), necessario per la
configurabilità di tale reato, nel senso che l’imputato, trovando il proprio alloggio
di servizio fornito di energia elettrica, ben poteva ritenere che la fornitura fosse
stata attivata da un precedente inquilino e mai dismessa, considerazione questa
che spiegherebbe il ritardo nel procedere alla stipula di un nuovo contratto; 2)
violazione di legge – sostanziale e processuale – e vizio di motivazione, con riferimento alla sicura riferibilità all’imputato dell’artifizio utilizzato per la consumazione del reato di truffa, avendo la Corte territoriale incongruamente svalutato
dei dati in realtà idonei a generare dubbi sulla effettiva responsabilità del Lanza,
avuto riguardo, in particolare, all’esecuzione nel periodo tra il febbraio ed il marzo 2010 di lavori di ristrutturazione dell’alloggio, all’epoca sprovvisto di energia
elettrica ed all’eventualità che lo stesso, prima della sua occupazione da parte
del ricorrente, potesse essere stato occupato saltuariamente da altro militare.

1

periodo aprile-giugno 2010, attraverso artifizi consistiti nell’allacciare i cavi elet-

Considerato in diritto

1. Con i motivi dedotti in ricorso il Lanza, si denuncia l’erronea applicazione
della legge penale e la manifesta illogicità della motivazione, non avendo la Corte
territoriale, adeguatamente verificato, nel caso concreto, la sussistenza degli
elementi costitutivi, oggettivi e soggettivi, del reato di truffa aggravata a lui contestato.
La censura è fondata.

totalmente la decisione di primo grado abbia l’obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando
conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare
la riforma del provvedimento impugnato (Sez. Un, n. 33748 del 12 luglio 2005,
Mannino, Rv. 231679). Ed in tal senso non può dunque ritenersi assolto tale obbligo ove la sentenza d’appello si limiti a sostituire la propria valutazione del
compendio probatorio a quella prospettata dal giudice di primo grado ritenendola
preferibile.

Ciò posto non ritiene questo Collegio che tale specifico obbligo motivazionale
la Corte territoriale sia stato adeguatamente assolto dalla Corte territoriale.
In particolare i giudici di appello pur avendo riconosciuto

nell’incipit della

propria decisione che “l’attività di assicurazione delle fonti di prova” era stata effettuata “in modo palesemente poco scrupoloso”, non hanno poi adeguatamente
tenuto conto di tali pur rilevanti considerazioni preliminari, pervenendo all’affermazione di penale responsabilità del Lanza senza adeguatamente confrontarsi
con le argomentazioni svolte dal primo giudice per pervenire al proscioglimento
dell’imputato.
In particolare la Corte territoriale ha del tutto apoditticamente ritenuto irrilevante la circostanza che nel febbraio-marzo 2010 erano stati eseguiti lavori di
ristrutturazione nei tre alloggi di servizio siti al primo piano della palazzina sede
dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Palinuro e che non risultava individuato con
esattezza il periodo in cui l’imputato aveva preso materiale possesso dell’alloggio, e che neppure risultava determinata con esattezza il quantitativo di energia
elettrica indebitamente utilizzato dall’imputato, non fornendo altresì adeguata e
convincente risposta alle deduzioni difensive secondo cui il Lanza, avendo trovato
il proprio alloggio fornito di energia elettrica ha potuto del tutto plausibilmente
ritenere che tale fornitura fosse stata attivata da un precedente inquilino e mai
dismessa, con la conseguenza che, solo una volta constatato il mancato arrivo di

2

Deve innanzi tutto ribadirsi, in diritto, come il giudice di appello che riformi

una bolletta di pagamento (due mesi) ha materialmente provveduto alla conclusione di un nuovo contratto di somministrazione.
Si impone, pertanto, in applicazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen.,
ed in assenza di possibili ulteriori acquisizioni probatorie, l’annullamento, senza
rinvio, della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

P.Q.M.

Così deciso in Roma, il 24 aprile 2014.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

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