Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33777 del 11/03/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 33777 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CASA FILIPPO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VECCHI CLAUDIO N. IL 09/01/1959
FERRETTI DANIELA N. IL 08/09/1964
VECCHI ELENA N. IL 18/02/1984
avverso la sentenza n. 25/2008 TRIBUNALE di REGGIO EMILIA, del
16/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/03/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FILIPPO CASA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. e„,/,..92e_kt Col
che ha concluso per -0
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eet,

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensoreAvv.

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Data Udienza: 11/03/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 2.10.2008, il Giudice di Pace di Scandiano dichiarava FERRETTI
Daniela, VECCHI Elena e VECCHI Claudio responsabili dei reati di ingiuria loro rispettivamente
ascritti e, concesse a tutti gli imputati le circostanze attenuanti generiche, unificati i reati
commessi dalla FERRETTI e da VECCHI Elena sotto il vincolo della continuazione, condannava:
FERRETTI Daniela alla pena di 2.000,00 euro di multa; VECCHI Elena alla pena di 800,00 euro
di multa; VECCHI Claudio alla pena di 250,00 euro di multa.

costituite, da liquidarsi in separata sede, nonché alla rifusione delle spese da costoro
sostenute.
2.

Con sentenza del 25.5.2010, il Tribunale di Reggio Emilia in composizione

monocratica assolveva gli imputati da tutti i reati loro ascritti per insussistenza del fatto.
3. La V Sezione di questa Corte, con decisione del 21.9.2012, annullava con rinvio la
pronuncia di secondo grado.
4. Il Tribunale di Reggio Emilia, con sentenza del 16.5.2013 resa all’esito del giudizio di
rinvio, confermava la decisione di prime cure, condannando gli appellanti alle spese
processuali, nonché al ristoro delle spese sostenute dalle Parti civili costituite.
5. Hanno proposto ricorso per cassazione, tramite il comune difensore, FERRETTI
Daniela, VECCHI Elena e VECCHI Claudio, denunciando, con unico motivo, illogicità della
motivazione ex art. 606 lett. e) c.p.p..
Il Giudice di merito aveva errato sia nel ritenere non compiuto il termine massimo di
prescrizione, sia nell’attribuire valenza e attendibilità alle dichiarazioni delle parti offese.
Sotto il primo profilo, recependo il computo dei periodi di sospensione dei termini
prescrizionali formulato dalla Parte civile, non aveva prestato debita attenzione alla sequela di
rinvii disposti a seguito di richieste provenienti dalla Parte civile medesima, dal P.M. e altre
disposte d’ufficio dal primo Giudice, rinvii in relazione ai quali non poteva operare in danno
dell’imputato la sospensione del termine prescrizionale.
Ove correttamente computato, detto termine sarebbe. maturato per tutti i reati in
contestazione con la conseguente declaratoria di estinzione degli stessi.
Il Giudicante, peraltro, aveva errato soprattutto nel ritenere attendibili, più per atto di
fede che per logica motivazione, le dichiarazioni delle persone offese Montanari Maria e Algeri
Pietro sulla base delle quali aveva pronunciato sentenza confermativa della condanna di primo
grado.
Trascurava di considerare il Tribunale che, in altro procedimento davanti al Giudice di
Pace, scaturito sempre da una querela presentata da Montanari Maria, l’imputata FERRETTI era
stata assolta e gli atti erano stati trasmessi al P.M. perché procedesse per falsa testimonianza
e calunnia nei confronti della Montanari e del di lei marito Algeri Pietro.

1

Condannava, inoltre, gli imputati al risarcimento dei danni in favore delle Parti civili

Era, dunque, errato e illogico il convincimento dell’ultimo Giudice che, basandosi sulle
stesse circostanze che avevano portato all’assoluzione degli imputati nel primo giudizio di
appello, perveniva ad opposta valutazione in termini di colpevolezza degli stessi, ritenendo
ragionevolmente spiegabili “alcune imprecisioni” o dando valore alle tante versioni dei fatti
saputi de relato, dimenticando che sia la Montanari che l’Algeri, mossi da astio familiari e
portatori di interessi quali Parti civili costituite, erano stati già denunciati per calunnia.

1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. Il primo motivo di impugnazione, volto a stigmatizzare il presunto errore in cui
sarebbe incorso il Giudice di merito nel computo del termine prescrizionale, è inammissibile per
intrinseca indeterminatezza (vedi, fra tutte: Sez. 5, Sentenza n. 28011 del 15/02/2013,
Sammarco, Rv. 255568; massime precedenti Conformi: N. 39598 del 2004 Rv. 230634, N.
11933 del 2005 Rv. 231708, N. 19951 del 2008 Rv. 240109, N. 20377 del 2009 Rv. 243838),
in quanto la difesa ricorrente non ha opposto un computo alternativo del termine capace di
dimostrare l’errore contestato, superando la manifesta genericità del proprio assunto.
1.2. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile sotto diverso profilo, in quanto il
ricorrente, dietro lo schermo del vizio di motivazione, ha chiesto la rilettura in fatto del quadro
probatorio e, con esso, il sostanziale riesame nel merito, inammissibile invece in sede
d’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione, allorquando la struttura
razionale della sentenza impugnata abbia – come nella specie – una sua sufficiente coerenza
argomentativa e sia ancorata, nel rispetto delle regole della logica, alle risultanze del quadro
probatorio, indicative univocamente della coscienza e volontà degli imputati di offendere con
espressioni ingiuriose, reiteratamente, in più occasioni, l’onore e il decoro di Montanari Maria,
Algeri Maurizia, Algeri Pietro e Algeri Claudia.
2. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa l’assenza di colpa
nella proposizione dell’impugnazione (Corte Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento di
Euro mille ciascuno alla cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno al versamento della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, 1’11 marzo 2014

DEPOSITATA

CONSIDERATO IN DIRITTO

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