Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3377 del 23/10/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3377 Anno 2015
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Mastroserio Leonardo, nato 1’11 settembre 1974
avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari del 10 ottobre 2013;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Enrico
Delehaye, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata in
punto di pena.

Data Udienza: 23/10/2014

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RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza del 10 ottobre 2013, la Corte d’appello di Bari, decidendo
quale giudice del rinvio limitatamente all’applicabilità della recidiva a seguito della
sentenza di annullamento della Corte di cassazione del 20 marzo 2013, in riforma
della sentenza del Tribunale di Bari – sezione distaccata di Monopoli del 22 settembre
2011 con la quale l’imputato era stato condannato, per detenzione a fini di spaccio di
eroina e per il reato di cui all’art. 9, secondo comma, della legge n. 1423 del 1956, ha

1990 sulla contestata recidiva e ha conseguentemente rideterminato la pena in anni 4
e mesi 2 di reclusione ed euro 10.000,00 di multa (pena base per il reato ex art. 73,
comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990: anni 4 di reclusione ed euro 8000,00 di multa,
aumentata di mesi 2 di reclusione ed euro 2000,00 di multa per la continuazione con il
reato di cui all’art. 9, secondo comma, della legge n. 1423 del 1956).
2. – Con unico motivo di doglianza, l’imputato ha proposto personalmente
ricorso per cassazione avverso la sentenza, deducendo la sostanziale violazione del
divieto della reformatio in peius, perché la pena applicata dalla Corte d’appello
sarebbe, a seguito della modifica dell’art. 73, comma 5, ad opera del decreto-legge n.
146 del 2013, ormai prossima al massimo edittale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è fondato.
La detenzione e lo spaccio di eroina da parte dell’imputato sono state ricondotte
dalla Corte d’appello all’ipotesi di minore gravità di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R.
n. 309 del 1990. Tale fattispecie – che costituisce reato autonomo – è punita, in forza
della più favorevole disciplina attualmente vigente, introdotta dall’art. 1, comma 24-

ter, lettera a), del d.l. n. 36 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 79
del 2014, con le pene massime di quattro anni di reclusione ed euro 10.329,00 di
multa. Nel caso in esame, la Corte d’appello, nella vigenza della precedente disciplina,
ha considerato la fattispecie di cui al richiamato comma 5 quale circostanza
attenuante rispetto alla fattispecie generale di cui all’art. 73, commi 1 e

1-bis, del

d.P.R. n. 309 del 1990; ha ritenuto tale circostanza attenuante prevalente sulla
recidiva; ha espressamente escluso un’analoga prevalenza delle circostanze attenuanti
generiche, a ciò ostando il divieto dell’art. 69, quarto comma, cod. pen.; ha
conseguentemente applicato, con riferimento a tale fattispecie, una pena detentiva
corrispondente al massimo (4 anni di reclusione) e una pena pecuniaria vicina al
massimo (euro 8000,00 di multa), operando poi sulla pena-base l’aumento per la
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ritenuto la prevalenza dell’attenuante di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del

continuazione con il reato satellite di cui all’art. 9, secondo comma, della legge n.
1423 del 1956.
Non vi è dubbio che la pena irrogata dalla Corte d’appello per la fattispecie di
cui al richiamato comma 5 non sia tecnicamente illegale, perché non superiore ai
nuovi massimi edittali. Nondimeno, qualora la pena sia determinata in misura che
risulta prossima ai nuovi limiti massimi edittali, deve ritenersi ragionevolmente
ipotizzabile l’irrogazione di una sanzione ad essa inferiore proprio sulla base di tali

più recente giurisprudenza di questa Corte – secondo cui, in presenza di un
mutamento della cornice edittale, deve farsi luogo ad annullamento della sentenza in
punto di determinazione della pena, qualora dalla motivazione emerga con sufficiente
chiarezza che il giudice ha utilizzato i parametri edittali antecedenti a tale mutamento
e la motivazione stessa non possa, dunque, essere ritenuta adeguata quanto ai nuovi
parametri (ex plurimis, sez. 4, 21 ottobre 2014, n. 47020, rv. 260672; sez. 4, 16
ottobre 2014, n. 47750, rv. 260671). Per contro, per i reati commessi prima della
nuova disciplina che ha trasformato il fatto di lieve entità di cui all’art. 73, comma 5,
del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, da circostanza attenuante in ipotesi autonoma di
reato, la pena inflitta utilizzando i parametri edittali antecedenti alla novella legislativa
non è illegale, quando risulti di poco superiore al minimo edittale (ex multis, sez. 3, 16
maggio 2014, n. 27427, rv. 259395).
E nel caso in esame non osta ad una pronuncia di annullamento sulla pena il
riconoscimento della recidiva, pur ritenuta subvalente rispetto all’ipotesi di cui all’art.
73, comma 5, all’epoca qualificata come circostanza attenuante, da parte della Corte
d’appello. L’aumento di pena per recidiva è, infatti, comunque eliso dalla sua
equivalenza con le circostanze attenuanti generiche, già affermata dalla Corte
d’appello; con la conseguenza che la nuova configurazione dell’ipotesi del richiamato
comma 5 quale reato autonomo non può comportare l’applicazione della recidiva.
4. – Ne deriva che la sentenza impugnata deve essere annullata, limitatamente
alla pena, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Bari, perché proceda ad
una nuova determinazione della stessa facendo applicazione dei principi sopra
enunciati.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla pena, con rinvio ad altra
sezione della Corte d’appello di Bari.
Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2014.

limiti; con la conseguenza che deve farsi richiamo all’orientamento – affermato dalla

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