Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33760 del 25/06/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 33760 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: VERGA GIOVANNA

Data Udienza: 25/06/2014

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VIGLIONE VINCENZO N. IL 15/04/1966
avverso l’ordinanza n. 179/2014 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
24/01/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA;
-lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

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MOTIVI DELLA DECISIONE

Con ordinanza in data 24 gennaio 2014 il Tribunale del riesame di Napoli confermava
l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che
aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere a Viglione Vincenzo per concorso
in rapina pluriaggravata.
Ricorre per Cassazione personalmente l’indagato deducendo violazione di legge vizio della
motivazione. Contesta la sussistenza dell’ipotizzato concorso sostenendo che il provvedimento

dell’unico indagato che è stato arrestato in flagranza di reato
Il difensore dell’indagato presentava memoria con la quale illustrava ulteriormente i motivi di
ricorso.
Il ricorso è inammissibile perché generico e versato in fatto.
Con riguardo alla gravità indiziaria deve rilevarsi che in tema di misure cautelari personali, la
valutazione del peso probatorio degli indizi è compito riservato al giudice di merito e, in sede di
legittimità, tale valutazione può essere contestata unicamente sotto il profilo della sussistenza,
adeguatezza, completezza e logicità della motivazione, mentre sono inammissibili le censure,
che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una
diversa valutazione delle circostanze già esaminate da detto decidente spettando alla corte di
legittimità il solo compito di verificare se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto
delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico
dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli
elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi del diritto che governano
l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Il controllo di logicità, peraltro, deve rimanere
«all’interno» del provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o
diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e
fattuali delle vicende indagate. In altri termini, l’ordinamento non conferisce alla Corte di
Cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate,
ivi compreso lo spessore degli indizi, né alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche
soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure
ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile
del giudice cui è stata chiesta l’applicazione della misura, nonché al tribunale del riesame. Il
controllo di legittimità è, perciò, circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di
verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro
negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1) l’esposizione delle
ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti,
risultanti cioè prima facie dal testo del provvedimento impugnato, ossia la congruità delle
argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento.

1

si basa su una lettura apodittica degli atti processuali e ancora peggio sulle dichiarazioni

Questa Corte ha inoltre avuto modo di chiarire che la nozione di gravi indizi di colpevolezza
non è omologa a quella che serve a qualificare il quadro indiziario idoneo a fondare il giudizio
di colpevolezza finale. Al fine dell’adozione della misura è sufficiente l’emersione di qualunque
elemento probatorio idoneo a fondare «un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità
dell’indagato» in ordine ai reati addebitati. Pertanto, i detti indizi non devono essere valutati
secondo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall’art. 192, comma 2, cod. proc.
peri. (per questa ragione l’art. 273, comma ibis, cod. proc. pen. richiama i commi 3 e 4
dell’art. 192, cod. proc. pen., ma non il comma 2 del medesimo articolo, il quale oltre alla
gravità, richiede la precisione e concordanza degli indizi)( Cass. N. 37878 del 2007 Rv.
237475; N. 36079 del 2012 Rv 253511)
Nel caso in esame il giudice di merito ha dato conto, con motivazione coerente, specifica e
priva di vizi logici degli elementi a carico dell’indagato, a fronte di tale argomentare il il
ricorrente contrappone generiche contestazioni in fatto, con le quali, in realtà, si propone solo
una non consentita – in questa sede di legittimità – diversa lettura degli elementi valutati dai
giudici di merito e senza evidenziare alcuna manifesta illogicità o contraddizione della
motivazione. Inoltre, le censure del ricorrente non tengono conto delle argomentazioni del
Tribunale. In proposito questa Corte Suprema ha più volte affermato il principio, condiviso dal
Collegio, che sono inammissibili i motivi di ricorso per Cassazione quando manchi l’indicazione
della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a
fondamento dell’atto di impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del provvedimento
censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità, che conduce, ex art. 591 c.p.p., comma 1,
lett. c), all’inammissibilità del ricorso (Si veda fra le tante: Sez. 1, sent. n. 39598 rv 230634)
Il ricorso è pertanto inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1000,00 da versare alla Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende. Si provveda a norma dell’art. 94
disp.att. c.p.p.
Così deliberato in Roma il 25.6.2014

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