Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33749 del 28/05/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 33749 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
COSIMINI MARA N. IL 18/12/1978
avverso l’ordinanza n. 1082/2013 TRIB. LIBERTA’ di MESSINA, del
30/01/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA;
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lcthe/sentite le conclusioni del PG Dott. /9 }1, (-012C

Udit i difensor Avv.;

Data Udienza: 28/05/2014

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con ordinanza in data 30 gennaio 2014 il Tribunale del riesame di Messina in parziale
accoglimento dell’appello proposto dal pubblico ministero applicava a Cosimini Mara la misura
del divieto di dimora nel comune di Barcellona Pozzo di Gotto in relazione al reato di
associazione per delinquere contestato al capo A).
Riteneva il collegio che l’indagata coinvolta negli incidenti numero 26 e 44 fosse partecipe

riesame adito ex articolo 309 codice di procedura penale.
Veniva sottolineato come il ruolo svolto dall’ indagata nei falsi sinistri contraddistinti con i
numeri 26 e 44, rispetto ai quali il Pubblico ministero non aveva chiesto alcuna misura, e la cui
partecipazione era stata pacificamente ammessa dal Gip, metteva in evidenza come l’indagata
non fosse coinvolta episodicamente nei reati fine, ma fosse partecipi di informazioni che solo
un sodale poteva conoscere e come la donna fosse pronta a soddisfare le esigenze
dell’avvocato Zarcone fornendo il suo apporto anche per altri falsi sinistri, specificatamente
indicati ed esaminati. Riteneva il collegio sussistente l’esigenza cautelare del pericolo di
reiterazione attesa la non comune spregiudicatezze e inclinazione a delinquere manifestata
dall’indagata e riteneva adeguata la misura del divieto di dimora.

Ricorre per Cassazione l’indagata deducendo che l’ordinanza impugnata è incorsa in:
1. violazione dell’articolo 606 comma 1 lett. e) codice di procedura penale in relazione
all’articolo 24 della carta costituzionale, articoli 178 comma 1 lett. C), 124 comma 1,
125 comma 3, 292 comma 2 lett.0 bis e 407 comma tre codice di procedura penale.
Rileva la ricorrente che nella memoria difensiva depositata nella cancelleria del
Tribunale del riesame aveva richiesto la verifica dell’osservanza dei termini di fase delle
indagini preliminari ai sensi degli articoli 405 e 406 codice di procedura penale. Alla
Cosimini era stata notificata una prima richiesta di proroga del termine che il Gip aveva
concesso ponendo una nuova scadenza in data 16 marzo 2013. Decorso detto termine
nulla era stato ulteriormente notificato inducendo così il difensore a richiedere la verifica
della regolarità formale delle indagini compiute successivamente alla scadenza al fine di
eventuale declaratoria di inutilizzabilità degli atti successivi alla data del 16 marzo
2013. L’avviso di conclusione delle indagini era stato depositato in data 13 febbraio
2004, quasi un anno dopo il termine di scadenza consentito. Allo stato non era dato
conoscere se gli atti di indagine nei confronti dell’indagata rientravano nel periodo
antecedente rispetto al termine finale o fossero successivi. Il tribunale del riesame non
aveva deciso in merito all’eccezione difensiva omettendo la motivazione sul punto;
2. violazione dell’articolo 606 comma 1 lett. C ed E in relazione agli articoli 187 comma
1,191 e 192 comma due del codice di procedura penale. Rileva che la presunta attività
illecita dell’ indagata con riguardo all’incidente numero 26 è stata valutata unicamente
1

dell’associazione la cui esistenza era stata ammessa dal Gip e ribadita dal Tribunale del

sulla base di intercettazione ambientale nella quale il nome di Cosimini Maria non risulta
menzionato;
3. violazione di legge in relazione all’articolo 593 comma uno codice di procedura penale.
Rileva che il pubblico ministero nell’atto di appello aveva richiesto specificatamente
l’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari con la conseguenza che
stante l’applicazione di una diversa misura non vi è stata corrispondenza tra chiesto e
pronunciato. Richiama sul punto Cassazione sezione 3 numero 3443 del 2012
Il primo motivo di ricorso è inammissibile perché generico, considerato che la stessa ricorrente

Con il secondo motivo la ricorrente tende unicamente a prospettare una generica diversa ed
alternativa lettura dei fatti di causa, che non può trovare ingresso in questa sede di legittimità
a fronte di una pronuncia, e che comunque non tiene conto di tutti gli altri elementi indicati,
minimizzando il più ampio contenuto dimostrativo che connota l’ordinanza e riducendolo ai
contenuti di una sola intercettazione senza considerare che dagli atti processuali emerge che il
nominativo della donna è proprio quello di Mara e non Maria.
Con riguardo al terzo motivo deve rilevarsi che a differenza da quanto sostenuto dal ricorrente,
benché il P.M., con l’appello avesse chiesto l’applicazione della misura cautelare della custodia
in carcere, ciò non precludeva, come indicato dalla più recente giurisprudenza di questa Corte
(Sez. 5, Sentenza n. 24139 del 14/03/2012 Rv. 253760), cui il Collegio aderisce, al giudice del
riesame di optare per una diversa misura meno affittiva. Invero il mancato richiamo dell’art.
310 cod. proc. pen., all’art. 309 c.p.p., comma 9, ha il solo scopo di limitare i poteri del
tribunale del riesame, quale giudice di appello, e in linea con tale funzione, alla conferma o
riforma del provvedimento gravato, escluso il potere di annullamento (Cass. 8982/2003). Il
provvedimento può essere pertanto riformato, operando il limite del tantum devolutum
quantum appellatum, in caso di appello del P.M., nel senso del divieto di reformatio in peius
rispetto alle richieste di tale organo, dal momento che la peculiarità del procedimento de
libertate attribuisce al tribunale del riesame, in funzione di giudice di appello, poteri coercitivi e
dispositivi sostanzialmente simili a quelli del giudice procedente (Cass N. 737 del 1993 Rv.
195635, N. 2849 del 1995 Rv. 202562)
Il ricorso deve pertanto essere respinto e la ricorrente deve essere condannata al pagamento
delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Si provveda a
norma dell’art. 28 Reg. Esec.
Così deliberato in Roma il 28.5.2014

anche in questa sede non indica quali sarebbero gli atti colpiti dalla sanzione di inutilizzabilità.

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