Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33729 del 15/04/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 33729 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PANEPINTO MAURIZIO N. IL 08/08/1975
avverso il decreto n. 92/2012 CORTE APPELLO di PALERMO, del
11/06/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
e 1f;
Co < <_12 Uditi difensor Avv.; ---f--e-e ,• c -e e nz..4-ra k c Data Udienza: 15/04/2014 PANEPPNTO Maurizio, tramite il difensore, ricorre per Cassazione avverso il decreto 11.6.2013 con il quale la Corte d'Appello di Palermo ha disposto la confisca di tutti i suoi beni ex art. 2-ter1. 575/65 La difesa chiede l'annullamento del provvedimento denunciando la violazione dell'art. 125 comma cpp, perché la motivazione sarebbe apparente, siccome fondata essenzialmente su una lettura [travisata] della sentenza c.d. "Castello" della Corte d'Assise di Agrigento riguardante vicende riguardanti il padre dell'odierno ricorrente senza prendere adeguatamente atto che quest'ultimo, nel 1994, ha ricevuto jure hereditatis , parte dei beni poi conferiti nella società (costituita nell'anno 2001) BETON CALCESTRUZZI srl; di qui la difesa inferisce che parte dei beni sarebbero così pervenuti al PANEPINTO Maurizio, in modo legittimo e in epoca antecedente alle condotte illecite che hanno determinato l'adozione di misure di prevenzione personale. RITENUTO IN DIRITTO Il ricorso è fondato e va accolto per le ragioni qui di seguito riportate. L'art. 20 del T.U. delle Misure di prevenzione e antimafia (ribadendo il principio già affermato dall' articolo 2 ter della legge 575/65) dispone che venga disposto il sequestro (ai fini della successiva confisca) dei beni dei quali la persona, nei cui confronti è iniziato il procedimento di prevenzione, risulta poter disporre direttamente o indirettamente, quando : 1) il loro valore risulta sproporzionato al reddito dichiarato o all'attività economica svolta; 2) sulla base di sufficienti indizi si ha motivo di ritenere che gli stessi siano frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego. Nel caso sottoposto all'esame di questa Corte emerge che (secondo l'assunto difensivo peraltro non escluso dalla Corte d'Appello) alcuni dei beni facenti parte del complesso aziendale riconducibile alla CALCESTRUTTI BETON 2000 srl [pag. 4 - punto 2 del decreto 11.6.2013] sarebbero pervenuti all'odierno ricorrente (sottoposto a misura della sorveglianza speciale) jure hereditatis cioè a seguito della morte del padre Ignazio ucciso per fatti di mafia nell'anno 1994. Dalla motivazione del decreto di prevenzione non risulta che PANEPINTO Ignazio [originario proprietario dell'impianto di frantumazione e dell'impianto di calcestruzzo con annessi accessori] sia stato sottoposto a misura di prevenzione, né risulta chiarito se i suddetti beni siano stati ab origine frutto di attività illecite o di reimpiego di proventi illeciti. Di qui è evidente che la decisione non risponde a quanto richiesto dalla norma; la Corte d'Appello si è infatti limitata ad esporre sommariamente le vicende del PANEPINTO Ignazio, senza chiarire: 1) la posizione dell'odierno preposto, rispetto ai fatti che hanno trovato la loro conclusione nel 1994 all'epoca dell'omicidio del padre; 2) se i beni [impianto di frantumazione e annessi fabbricati; impianto di calcestruzzo e annessi accessori] siano effettivamente pervenuti al PANEPINTO Maurizio iure hereditatis e, in particolare se siano di legittima provenienza o frutto di reimpiego di MOTIVI DELLA DECISIONE proventi di illecita attività. La motivazione del decreto, collegata alla esposizione della vicenda personale del PANEPINTO Ignazio, senza dare risposta al dettato dell'art. 20 i^ comma del T.U. d.lvo 6.9.2011 n. 159 (richiamando l'art. 2 tIl elkt legge 575/65) gacatiggnsi traduce in una violazione dell'art. 125 cp , costituendo una motivazione apparente. Analoga censura deve essere formulata con riferimento alla parte della motivazione dedicata alla valutazione delle vicende successive al conferimento degli impianti di frantumazione e di calcestruzzi nel capitale fisso della società CALCESTRUZZI BETON srl. La Corte d'Appello, anche in questo caso, senza prendere in considerazione gli aspetti della "provenienza" dei beni, ha affermato che la gestione della società CALCESTRUZZI BETON Srl è stata effettuata in un'ottica "mafiosa" volta all'affermazione della stessa sul mercato grazie alla forza di intimidazione esercitata dal sodalizio cui è risultato essere aderente il PANEPINTO Maurizio. La Corte d'Appello ha definito la attività della società "impresa mafiosa", perché strumento per il perseguimento di fini delittuosi dell'associazione mafiosa. L'analisi della Corte d'Appello porta a valutare l'impresa CALCESTRUZZI BETON srl nella suo aspetto dinamico -operativo quale strumento di logiche imprenditoriali mafiose. Anche in questo caso la motivazione del decreto che dispone la confisca in un ambito di prevenzione è insoddisfacente ed è apparente, perché non fornisce specifica risposta alle doglianze sollevate dalla difesa e non fornisce la giustificazione del provvedimento di confisca entro i limiti imposti dalla misura di prevenzione applicata; infatti è legittima la confisca, disposta ai sensi dell'art. 2-ter della L. 31 maggio 1965 n. 575 di beni acquisiti dal prevenuto anche prima dell'inizio dell'appartenenza al sodalizio mafioso, quando gli stessi sono il presumibile frutto d'attività illecite o ne costituiscano il reimpiego [Cass. n. 47798/2008; Cass. n. 2558/2009; Cass. n. 35466/2009; Cass. n. 35175/2009; Cass. n. 20906/2009; Cass. n. 4702/2010; Cass. n. 39798/2010; Cass. n. 18327/2011; Cass. n. 27228/2011; Cass. n. 3538/2011; Cass. n. 35240/2013]. Anche su questo versante la motivazione è censurabile perché apparente e come tale resa in violazione del dettato dell'art. 125 cpp. Infatti il giudizio espresso dalla Corte d'Appello vale a giustificare l'adozione di un provvedimento di ablazione ex art. 416 bis VII° comma cp, ma continua a non dare conto di quanto richiesto dalla norma di prevenzione reale. Per le suddette ragioni il decreto va annullato con rinvio alla Corte d'Appello di Palermo perché proceda ad un nuovo esame prendendo in considerazione l'aspetto della legittimità della provenienza dei beni facenti parte del patrimonio sociale della CALCESTRUZZI BETON srl e se essi siano frutto di reinvestimento di beni, proventi, profitti di illecita provenienza, nei limiti previsti dall'art. 20 d.lvo 6.9.2011 n. 159 (già art. 2terl. 575/65), procedendo, sulla base della documentazione acquisita; alla previa individuazione dei singoli cespiti appartenenti al patrimonio della società o in essa conferiti. Annulla il provvedimento impugnato con rinvio alla Corte d'Appello di Palermo Così deciso in Roma il 15.4.2014

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