Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33726 del 04/04/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 33726 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CERVADORO MIRELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MESSANA ROBERTINO N. IL 11/11/1977
avverso l’ordinanza n. 9745/2013 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di TORINO, del 24/09/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MIRELLA
CERVADORO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 04/04/2014

Letta la requisitoria del sostituto procuratore generale, dr.Luigi Riello, il
quale ha concluso chiedendo che la Corte di Cassazione dichiari
inammissibile il ricorso e condanni il ricorrente al pagamento delle spese

OSSERVA

Messana Robertino ricorre avverso la sentenza, in data 24.9.2013, del
Tribunale di Torino, con la quale è stata applicata, su richiesta delle parti ai
sensi dell’art.444 c.p.p., la pena di anni due di reclusione ed euro 600,00 di
multa per il reato di rapina di cui al capo a) e la pena di euro 1000 di
ammenda in relazione al reato sub capo b), e chiedendone l’annullamento
deduce l’erronea applicazione dell’art. 129 c.p.p. e il vizio di motivazione in
riferimento alle cause di non punibilità per il capo b) e difetto di motivazione
ex art.606 lett. e) c.p.p. anche in relazione al capo a) in ordine al
bilanciamento delle circostanze.
Rileva il Collegio che il ricorso è, da un lato, privo della specificità
prescritta dall’art. 581, lett. c) in relazione all’art. 591 c.p.p., da ritenersi
addirittura “rafforzata” rispetto ad ipotesi di diversa conclusione del
giudizio, dato che la critica al provvedimento che abbia accolto la domanda
dell’imputato deve impegnarsi a demolire, prima di tutto, proprio quanto
dalla stessa parte richiesto (v.Cass.S.U.sent.n.11493/ 1998, Verga, Rv.211468;
S.U. sent.n.35738/ 2010 Rv.247839) e, dall’altro, manifestamente infondato, in
quanto la sentenza del giudice di merito che applichi la pena su richiesta
delle parti, escludendo che ricorra una delle ipotesi di proscioglimento
previste dall’art. 129 cod. proc. pen., può essere oggetto di controllo di
legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, soltanto se dal testo della
sentenza impugnata appaia evidente la sussistenza di una causa di non
punibilità ex art. 129 cod. proc. pen. (cfr, tra le tante, Cass. Sez.I, Sent.n.
4688/2007 Rv. 236622). In tema di patteggiamento, una volta che l’accord

processuali e di una somma alla cassa delle ammende.

tra le parti sia stato ratificato dal giudice con la sentenza di applicazione
della pena, non è poi consentito, fuori dai casi di palese incongruenza,
censurare il provvedimento in punto di qualificazione giuridica del fatto e di
ricorrenza delle circostanze, neppure sotto il profilo della mancanza di
motivazione, ricorrendo in proposito un dovere di specifica argomentazione
solo per il caso che l’accordo abbia presupposto una modifica
dell’imputazione originaria (cfr. Cass.Sez.VI, sentenza n. 32004/2003 Rv.

228405). L’obbligo di motivazione in ordine all’entità della pena va, poi,
ritenuto assolto da parte del giudice quando egli dia atto di avere
positivamente effettuato la valutazione della correttezza della qualificazione
giuridica del fatto, dell’applicazione e comparazione delle circostanze
prospettate dalle parti e della congruità della pena (Cass. Sez. V, Sent. n.
489/2000 Rv. 215489); la richiesta di applicazione della pena e l’adesione alla
pena proposta dall’altra parte integrano, infatti, un negozio di natura
processuale che, una volta perfezionato con la ratifica del giudice che ne
ha accertato la correttezza, non e’ revocabile unilateralmente, sicché la parte
che vi ha dato origine, o vi ha aderito e che ha così rinunciato a far valere le
proprie difese ed eccezioni, non e’ legittimata, in sede di ricorso per
cassazione, a sostenere tesi concernenti la congruità della pena, in
contrasto con l’impostazione dell’accordo al quale le parti processuali
sono addivenute (Cass. sez III, 27.3.2001, Ciliberti, Rv. 219852).
Non emergendo dal testo della gravata sentenza alcuna palese
incongruenza circa la qualificazione giuridica dei fatti, e risultando invece
che è stata effettuata l’indagine, con esito positivo per la ratifica del patto,
circa la configurabilità dei reati secondo la prospettazione delle parti,
l’applicazione e la comparazione delle circostanze ed il computo della pena e
risultando altresì verificata l’insussistenza di elementi che importino
decisioni ex art. 129 c.p.p, l’obbligo di motivazione è stato assolto.
Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, il ricorrente che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché
2

ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della
somma di millecinquecento euro, così equitativamente fissata in ragione dei
motivi dedotti.
P.Q.M.

spese processuali e della somma di millecinquecento euro alla cassa delle
ammende.
Così

erato in camera di consiglio, il 4.4.2014.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

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