Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33710 del 30/05/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 33710 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: FIANDANESE FRANCO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

Andrisano Damiano,

nato a

Taranto il 24.9.1982, avverso la sentenza della
Corte di Appello di Lecce – Sezione distaccata di
Taranto, in data 6 giugno 2013, di conferma della
sentenza del Tribunale di Taranto, in data 5 marzo
2012;
Visti gli atti, la sentenza denunziata e il
ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione svolta dal
consigliere dott. Franco Fiandanese;
Udito il pubblico ministero in persona del
sostituto procuratore generale dott.ssa Elisabetta
Cesqui, che ha concluso per l’inammissibilità del

Data Udienza: 30/05/2014

ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Lecce – Sezione distaccata
di Taranto, con sentenza in data 6 giugno 2013,
confermava la condanna alla pena di anni uno mesi

il 5 marzo 2012 dal Tribunale di Taranto nei
confronti di Andrisano Damiano, dichiarato
colpevole del delitto di truffa aggravata e
sostituzione di persona, per essersi
fraudolentemente qualificato come Presta Fabio ed
avere così indotto in errore Balestrieri Giovanni,
rappresentante di società operante nel settore del
commercio di prodotti ortofrutticoli, da cui
effettuava acquisti di merce del valore complessivo
di euro 4.318,12, per la quale era emessa fattura
intestata alla ditta “Seris commercio di prodotti
ortofrutticoli” di Presta Fabio, risultata del
tutto estranea ai fatti.
Propone

ricorso

personalmente,

per

cassazione

deducendo

l’imputato

illogicità

e

contraddittorietà della motivazione.

Il

ricorrente

denuncia

l’inaffidabilità

del

riconoscimento fotografico effettuato da Campo
Sergio, quale soggetto che avrebbe consegnato la

2

sei di reclusione ed euro 800 di multa pronunciata

merce all’Andrisano, riconoscimento avvenuto senza
le garanzie previste dall’art. 213 c.p.p.; censura,
poi, di illogicità la sentenza impugnata che, da un
lato, ritiene, in virtù del suddetto
riconoscimento, raggiunta la prova con riferimento

lato, rileva l’incertezza del Campo nel riconoscere
l’Andrisano ed anche nell’individuare il luogo in
cui si sarebbe consumato il delitto.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I motivi di ricorso sono manifestamente infondati
ovvero non consentiti nel giudizio di legittimità e
devono essere dichiarati inammissibili.
Premesso che è consolidato principio che il giudice
del dibattimento può porre a base del suo
convincimento anche il riconoscimento fotografico,
se pur avvenuto nella fase delle indagini, in
considerazione dei principi della non tassatività
dei mezzi di prova e del libero convincimento del
giudice (Sez. 6, n. 25721 del 18/04/2003, Motta,
Rv. 225574), la sentenza impugnata evidenzia la
“conformità del riconoscimento dibattimentale a
quello eseguito innanzi al personale di P.G. oltre
un anno prima e senza alcuna incertezza” “nei
limiti consentiti dal ricordo sbiadito dal tempo

3

all’identità dell’autore del reato, dall’altro

trascorso”: valutazione corretta dal punto di vista
giuridico e certo non manifestamente illogica né
contraddittoria. Con riferimento, poi, al luogo di
scarico della merce, la Corte di Appello rileva che
le incertezze nell’individuazione di tale luogo da

dimestichezza con i luoghi propria del Campo” e,
soprattutto, evidenzia, che, individuato infine il
detto luogo, “su tale base gli inquirenti
risalirono alla proprietà dell’immobile, facente
capo a tale Ungaro Maria Gentilezza, la quale
riferì di avere concesso in locazione l’immobile
medesimo giusto all’Andrisano” e che “nulla si
legge nel proposto gravame circa le ragioni della
locazione conclusa dal prevenuto con la Ungaro ed
in ordine all’utilizzo di quell’immobile”.
In definitiva, le censure del ricorrente, oltre ad
essere manifestamente infondate, pretendono una non
consentita “rilettura” degli elementi di fatto
posti a fondamento della decisione, la cui
valutazione è, in via esclusiva, riservata al
giudice di merito, senza che possa integrare il
vizio di legittimità la mera prospettazione di una
diversa,

e per il ricorrente più adeguata,

valutazione delle risultanze processuali

4

(per

parte del teste sono giustificate dalla “scarsa

tutte: Sez. Un., 30/4-2/7/1997, n. 6402, Dessimone,
riv. 207944; tra le più recenti: Sez. 4, n. 4842
del 02/12/2003 – 06/02/2004, Elia, Rv. 229369).
Alla inammissibilità del ricorso consegue la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese

valutati i profili di colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità emergenti dal
ricorso, al versamento della somma, che si ritiene
equa, di euro 1000,00 a favore della cassa delle
ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1000,00 alla cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 30 maggio 2014.

processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p.,

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