Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3371 del 22/10/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3371 Anno 2015
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Pennetti Alessandro, nato il 27 ottobre 1958
avverso la sentenza della Corte d’appello di Perugia del 9 ottobre 2012;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale
Pasquale Fimiani, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza
impugnata in riferimento all’aggravante di cui all’art. 80, comma 2, del d.P.R. n. 309
del 1990 e per il rigetto del ricorso nel resto.

i

Data Udienza: 22/10/2014

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza del 9 ottobre 2012, la Corte d’appello di Perugia ha – per
quanto qui rileva – confermato la sentenza del Tribunale di Terni del 7 giugno 2011,
nella parte in cui l’imputato è stato condannato, con l’esclusione della contestata
aggravante di cui all’art. 80 del d.P.R. n. 309 del 1990, per avere ceduto sostanza
stupefacente del tipo cocaina in concorso con altro soggetto giudicato separatamente,
in più occasioni e in esecuzione di un medesimo disegno criminoso (artt. 81, secondo

2. – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per
cassazione, deducendo: 1) la genericità del capo di imputazione, che sarebbe privo di
indicazioni spaziotennporali in relazione ai fatti commessi e della specificazione delle
circostanze nelle quali la cessione dello stupefacente sarebbe avvenuta; 2) la
contraddittorietà e la mancanza della motivazione quanto alle prove, che
consisterebbe in alcuni colloqui oggetto di intercettazioni ambientali relativi a cessioni
di stupefacenti, in mancanza di accertamenti diretti da parte della polizia giudiziaria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile.
3.1. – La prima doglianza – relativa all’asserita genericità dell’imputazione – è
manifestamente infondata. Nell’imputazione si indicano, infatti, tutti gli elementi
essenziali del fatto, quali: i nominativi dell’imputato e del correo, il nominativo del
destinatario delle cessioni, la tipologia dello stupefacente, il luogo e le date delle
cessioni stesse. Nessuna violazione dell’art. 429 c.p.p., che prescrive requisiti del
decreto che dispone il giudizio, si è dunque verificata nel caso di specie.
3.2. – Il secondo motivo – relativo alla motivazione della sentenza impugnata
circa la prova della responsabilità penale – è formulato in modo non specifico. Con
esso non si richiamano infatti, neanche a fini di critica, i passaggi motivazionali della
pronuncia. Quest’ultima risulta, del resto, analiticamente e correttamente
argomentata, perché prende le mosse dalle intercettazioni effettuate, dalle quali
emergono sistematiche cessioni di stupefacenti, che si desumono direttamente dalle
frasi pronunciate dal destinatario delle cessioni, inequivocabilmente riferite alla qualità
dello stupefacente, alla disponibilità del denaro, alla richiesta di un impegno alla
consegna di almeno tre o quattro etti. La Corte d’appello precisa, inoltre, che dalle
stesse intercettazioni risulta che la compravendita avveniva settimanalmente e che il
destinatario aveva più volte chiesto un aumento della quantità che gli veniva fornita.
La sentenza contiene, poi, una puntuale confutazione della versione difensiva, laddove

comma, 110 cod. pen., 73 del d.P.R. n. 309 del 1990).

evidenzia che le osservazioni svolte dalla polizia giudiziaria avevano accertato che
l’imputato era andato a Temi allo scopo di rifornire l’acquirente e che egli si era
sottratto all’accertamento investendo con la macchina il pubblico ufficiale e buttando
via lo stupefacente.
4. – Il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale
e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte

inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente
fissata in euro 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2014.

abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di

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