Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33704 del 28/05/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 33704 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TIRRI ANTONIO N. IL 14/12/1974
avverso la sentenza n. 10434/2010 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
20/03/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ígivl ‘i cKr” ‘
che ha concluso per ,c9 i yu ,,
1.–,-, –

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 28/05/2014

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con sentenza in data 20 marzo 2013 la Corte d’appello di Napoli confermava la sentenza del
Tribunale di Avellino che 1’11 novembre 2009 aveva condannato Tirri Antonio per ricettazione
di un telefono cellulare .
Ricorre per Cassazione l’imputato deducendo che la sentenza impugnata è incorsa in:
violazione di legge e vizio della motivazione. Lamenta l’insussistenza del dolo di ricettazione e
la mancata realizzazione di un ingiusto profitto. In via subordinata chiede declaratoria di

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, giacché i motivi in esso dedotti sono
manifestamente infondati e ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal
giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare, per di più, non specifici. La mancanza di
specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla
decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo
ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità,
conducente a mente dell’art. 591 cod. proc. pen., comma primo, lett. c), all’inammissibilità.
Sulla manifesta infondatezza deve rilevarsi che i giudici territoriali hanno fatto applicazione dei
principi di diritto affermati costantemente da questo giudice di legittimità secondo cui, ai fini
della configurabilità del delitto di ricettazione, la mancata giustificazione del possesso di una
cosa proveniente da delitto costituisce prova della conoscenza della sua illecita provenienza
(Cass., Sez. 2, 27/10/2010, n. 41423; Cass., Sez. 4, 12/12/2006, n. 4170; Cass., Sez. 2,
07/04/2004, n. 18034) e la prova dell’elemento soggettivo del reato può essere raggiunta
anche sulla base dell’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa
ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente
spiegabile con un acquisto in mala fede (tra le tante: Cass., Sez. 2, 25/05/2010, n. 29198;
Cass., Sez. 2 Sent., 11/06/2008, n. 25756).Con riguardo alla lamentata mancanza dell’ingiusto
profitto deve osservarsi che la corte territoriale ha dato atto che, come indicato dallo stesso
teste della difesa, l’imputato aveva acquistato il telefonino da uno sconosciuto risparmiando sul
prezzo dello stesso.
In tema di ricettazione, l’ipotesi attenuata di cui al secondo comma dell’art. 648 cod. pen. non
costituisce un autonoma previsione incriminatrice ma una circostanza attenuante speciale. Ne
consegue che, ai fini dell’applicazione della prescrizione, deve aversi riguardo alla pena
stabilita per il reato base e non per l’ipotesi attenuata.
Il Tirri è stato ritenuto colpevole di ricettazione commessa nel 2004, la prescrizione, sia con la
vecchia (15 anni) sia con la nuova normativa, più favorevole (10 anni) non si era ancora
verificata alla data della sentenza della Corte d’Appello (20.3.2013).

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/,2

prescrizione del reato .

Il ricorso è pertanto inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1000,00 da versare alla Cassa delle Ammende.
L’inammissibilità del ricorso preclude l’accesso al rapporto di impugnazione ed impedisce la
declaratoria di prescrizione maturata dopo la pronuncia impugnata (Sez. un., 27 giugno 2001,
Cavalera, Cass. Sez. un. 23428/05 Bracale).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deliberato in Roma il 28.5.2014

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