Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33696 del 28/05/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 33696 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: TADDEI MARGHERITA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Martino Stefano, nato il 28.6.1956
avverso la sentenza n.3346/2012 della Corte d’appello di Napoli, VI sezione
penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Margherita B. Taddei;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Massimo Galli , che ha concluso per il rigetto del ricorso;

1

Data Udienza: 28/05/2014

RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Napoli ,
confermava la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sezione
distaccata di Aversa, in data 5.2.2009 , che aveva condannato Martino
Stefano alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione ed euro 400,00 di
multa per la ricettazione di un assegno bancario .
chiedendo l’annullamento della sentenza e deducendo il vizio della
motivazione in punto di sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, che
non risulta provato nei profili di dolo specifico e che è censurabile perché
omette di considerare gli elementi prospettati con l’appello a favore della tesi
dell’assenza di dolo nell’acquisizione dell’assegno
CONSIDERATO IN DIRITTO
2.11 ricorso è basato su motivi inammissibili.
2.1 Tralasciando i pur rilevanti aspetti di inammissibilità del ricorso in
ragione della genericità dei motivi , meramente reiterativi di quelli dedotti
in appello e per nulla correlati alle argomentazioni svolte nella motivazione
del provvedimento impugnato, il ricorso è manifestamente infondato
perché apertamente in contrasto con il principio giurisprudenziale di
questa Corte, datato e consolidato ,puntualmente richiamato dalla Corte di
merito ,che lo ha posto alla base della sua decisione , secondo il quale la
prova dell’elemento soggettivo della ricettazione può essere raggiunta
anche sulla base dell’omessa o non attendibile indicazione della
provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della
volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala

1.1 Avverso tale sentenza propone ricorso, personalmente, l’imputato

fede (sentenza n.29198 del 2010 Rv. 248265; n.2436 del 1997 rv
207313; n. 25756 del 2008 rv 241458).
2.2 La Corte di merito, con motivazione niente affatto viziata ma logica e
conforme al predetto principio ha proprio ravvisato l’elemento soggettivo
della consapevolezza della provenienza delittuosa nella mancata
indicazione del soggetto da cui proveniva l’assegno.

3. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere

2

Pi

condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di
una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella
sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo
determinare in euro 1.000,00 (mille/00).

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di curo mille alla Cassa delle
ammende.
Così d ciso Roma, il 28 maggio 2013
Il Con

ore

Il Presidente

P.Q.M.

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