Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33692 del 28/05/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 33692 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MRAHA ABDELGHANI N. IL 25/01/1979
TORBI SALAH N. IL 01/01/1960
avverso la sentenza n. 2469/2008 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
27/03/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per r
12

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

3

Data Udienza: 28/05/2014

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ricorrono per Cassazione Mraha Abdelghani e Torbi Salah avverso la sentenza della Corte
d’appello di Venezia che il 27 marzo 2013 in riforma della sentenza pronunciata in data 19
dicembre 2002 dal Tribunale di Padova che li aveva condannati per rapina, lesioni e porto di
strumento atto ad offendere, dichiarava non doversi procedere nei loro confronti con riguardo
ai reati di lesioni e porto di arma impropria perché estinti per intervenuta prescrizione e per
l’effetto rideterminava la pena.

1. violazione dell’articolo 526 codice procedura penale comma uno bis in relazione
all’articolo 512 del codice di procedura penale. Sostengono che la corte territoriale nella
motivazione della gravata sentenza ha espressamente negato di dover procedere alla
ricerca di riscontri che invece sono richiesti per tutte le prove acquisite ex articolo 512
codice di procedura penale
2. manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato.
Contesta la mancata valutazione delle deduzioni difensive.
Va preliminarmente rilevato che la doglianza di cui al primo motivo d’impugnazione, attinente
a violazione di legge, non risulta avanzata in appello, avendo l’appellante formulato
esclusivamente doglianze attinenti alla ricostruzione dei fatti, alla qualificazione del reato e al
trattamento sanzionatorio. Il parametro dei poteri di cognizione del giudice di legittimità è
delineato dall’art. 609 c.p.p., comma 1, il quale ribadisce in forma esplicita un principio già
enucleato dal sistema, e cioè la commisurazione della cognizione di detto giudice ai motivi di
ricorso proposti.
Detti motivi – contrassegnati dall’inderogabile “indicazione specifica delle ragioni di diritto e
degli elementi di fatto” che sorreggono ogni atto d’impugnazione (art. 581 c.p.p., comma 1,
lett. c), e art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c) – sono funzionali alla delimitazione dell’oggetto
della decisione impugnata ed all’indicazione delle relative questioni, con modalità specifiche al
ricorso per cassazione.
La disposizione in esame deve infatti essere letta in correlazione con quella dell’art. 606 c.p.p.,
comma 3 nella parte in cui prevede la non deducibilità in cassazione delle questioni non
prospettate nei motivi di appello. Il combinato disposto delle due norme impedisce la
proponibilità in cassazione di qualsiasi questione non prospettata in appello, e costituisce un
rimedio contro il rischio concreto di un annullamento, in sede di cassazione, del provvedimento
impugnato, in relazione ad un punto intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di
appello: in questo caso, infatti è facilmente diagnosticabile in anticipo un inevitabile difetto di
motivazione della relativa sentenza con riguardo al punto dedotto con il ricorso, proprio perché
mai investito della verifica giurisdizionale.
Il secondo motivo di ricorso è destituito di fondamento e va rigettato. Deve rilevarsi che, nella
verifica della consistenza dei rilievi critici mossi dal ricorrente, la sentenza della Corte
i

Lamentano i ricorrenti:

territoriale non può essere valutata isolatamente ma deve essere esaminata in stretta ed
essenziale correlazione con la sentenza di primo grado, sviluppandosi entrambe secondo linee
logiche e giuridiche pienamente concordanti, di talché – sulla base di un consolidato indirizzo
della giurisprudenza di questa Corte – deve ritenersi che la motivazione della prima si saldi con
quella della seconda fino a formare un solo complessivo corpo argomentativo e un tutto unico
e i nscindibile (cfr. Cass., Sez. Un., 4 febbraio 1992, Ballan ed altri e, da ultimo, Sez. 1^, 21
marzo 1997, Greco ed altri;Sez. 1^, 4 aprile 1997, Proietti ed altri). Ciò premesso deve
rilevarsi che il tribunale prima e la corte territoriale poi hanno dato atto che il racconto della

trovato la parte offesa in strada con la testa sanguinante e nei certificati sanitari dell’Ospedale,
ancora nella circostanza che in occasione dell’identificazione la polizia giudiziaria avevano
notato che il Mraha si era affrettata a nascondere i pantaloni sporchi di sangue e che nell’auto
usata dagli imputati era stato trovato un piede di porco .
Le ulteriori argomentazioni esposte nel restante motivo in esame si risolvono in generiche
censure in punto di fatto che tendono unicamente a prospettare una diversa ed alternativa
lettura dei fatti di causa, ma che non possono trovare ingresso in questa sede di legittimità a
fronte di una sentenza, come quella impugnata che appare congruamente e coerentemente
motivata proprio in punto di responsabilità dei ricorrenti.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato e i ricorrenti devono essere condannati al pagamento
delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali
Così deliberato in Roma il 28.5.2014
Il Consigliere estensore
Giovanna VERGA

Il Presidente

e

m PETTI
,

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persona offesa ha trovato conferma nelle ferite constatate dalla polizia giudiziaria che aveva

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