Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33689 del 08/05/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 33689 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: IASILLO ADRIANO

SENTENZA
Sul ricorso proposto dall’Avvocato Carlo Ravasio, quale difensore di Zonni
Giampiero (n. il 13.04.1958), avverso la sentenza della Corte di Appello di
Milano — IV Sezione penale – in data 21.06.2013.
Sentita la relazione della causa fatta, in pubblica udienza, dal Consigliere
Adriano lasillo.
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, dottor Carmine
Stabile, il quale ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
Udito l’Avvocato Vittorio Poli — difensore della P.C. Lamorgese Nicola — il
quale si associa alla richiesta del P.G. e deposita nota spese e conclusioni
alle quali si riporta.

P

Data Udienza: 08/05/2014

OSSERVA:
Con sentenza del 31.10.2011, il Tribunale di Milano dichiarò Zonni
Giampiero responsabile del reato di truffa aggravata e — con le attenuanti
generiche equivalenti alla contestata aggravante – lo condannò alla pena di
mesi 10 di reclusione ed € 150,00 di multa.
di Milano, con sentenza de 21.06.2013, in riforma dell’impugnata sentenza
applicò allo Zonni il beneficio della non menzione della condanna. Confermò,
nel resto, la decisione di primo grado.
Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo la
mancanza e illogicità della motivazione. In particolare ricostruisce tutto il fatto
denunziando

“l’erronea interpretazione e valutazione delle risultanze

processualr

che se correttamente valutate avrebbero dovuto portare

all’assoluzione del ricorrente.
Il difensore di Zonni Giampiero conclude, quindi, per l’annullamento
dell’impugnata sentenza.
motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 606, comma 1, cod.
proc. pen., perché propone censure attinenti al merito della decisione
impugnata, congruamente giustificata.
Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di Cassazione
non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la
migliore possibile ricostruzione dei fatti né deve condividerne la
giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia
compatibile con il senso comune e con “i limiti di una plausibile opinabilità di
apprezzamento”, secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Cass.

Sez. 4 sent. n. 47891 del 28.09.2004 dep. 10.12.2004 rv 230568; Cass. Sez.
5 sent. n. 1004 del 30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745; Cass., Sez. 2 sent.
n. 2436 del 21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).
Inoltre il ricorso è inammissibile anche per violazione dell’art. 591 lettera
c) in relazione all’art. 581 lettera c) cod. proc. pen., perché le doglianze (sono

Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame. La Corte d’appello

le stesse affrontate dalla Corte di appello) sono prive del necessario
contenuto di critica specifica al provvedimento impugnato, le cui valutazioni,
ancorate a precisi dati fattuali trascurati nell’atto di impugnazione, si
palesano peraltro immuni da vizi logici o giuridici. Infatti, la Corte territoriale
ha, in primo luogo, richiamato e fatta propria la condivisa motivazione del
Giudice di primo grado per quanto riguarda il giudizio di colpevolezza
senz’altro valutabili congiuntamente in presenza di una cd. “doppia
conforme”). In proposito si deve osservare che in tema di motivazione della
sentenza di appello, è consentita quella “per relationem”, con riferimento alla
pronuncia di primo grado, nel caso in cui le censure formulate a carico della
sentenza del primo giudice non contengano, come nel caso di specie,
elementi di novità rispetto a quelli già esaminati e disattesi dallo stesso: il
giudice del gravame non è infatti tenuto a riesaminare una questione
formulata genericamente nei motivi di appello che sia stata già risolta dal
giudice di primo grado con argomentazioni corrette ed immuni da vizi logici
(Sez. 6, Sentenza n. 31080 del 14/06/2004 Cc. – dep. 15/07/2004 – Rv.
229299; Sez. 2, Sentenza n. 16716 del 11/02/2005 Ud. – dep. 16/05/2006 Rv. 234409). Ma la Corte di appello non si è limitata ad un semplice richiamo
per relationem della condivisa sentenza di primo grado, ma ha con esaustiva,
logica e non contraddittoria motivazione, affrontato tutte le generiche
questioni poste con l’impugnazione e ha indicato tutti le ragioni dalle quali
desume la piena responsabilità dell’imputato per il reato di cui sopra (si
vedano: le pagine da 3 a 9 dell’impugnata sentenza ove vengono evidenziati
i fatti così come emersi dall’istruttoria dibattimentale e come il Tribunale ha
ricostruito la vicenda; da 12 a 15 dell’impugnata sentenza ove la Corte di
appello evidenzia le prove acquisite che la portano a confermare la sentenza
di primo grado; in particolare le dichiarazioni della P.O. — ritenuto credibile
con motivazione incensurabile — e riscontrate, tra l’altro, dalle dichiarazioni di
Schena e dalla documentazione acquisita).
A fronte di quanto sopra il difensore del ricorrente — come si è già detto
contrappone solo contestazioni, che non tengono conto delle
argomentazioni della Corte territoriale e che si fondono solo su mere
congetture. In particolare non evidenzia alcuna illogicità o contraddizione

a)

dell’imputato per il reato di cui sopra (sentenze di primo e secondo grado,

nella motivazione della Corte territoriale allorchè conferma la decisione del
giudice di primo grado. Si deve osservare, in proposito, che l’illogicità della
motivazione, come vizio denunciabile, deve essere percepibile ictu oculi,
dovendo il sindacato di legittimità essere limitato a rilievi di macroscopica
evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze (che tra l’altro nel caso
di specie non si ravvisano). Inoltre, questa Corte Suprema ha più volte
affermato il principio, condiviso dal Collegio, che sono inammissibili i motivi di

ricorso per Cassazione quando manchi l’indicazione della correlazione tra le
ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’atto di impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del
provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità, che
conduce, ex art. 591, comma primo, lett. c), cod. proc. pen. all’inammissibilità
del ricorso (Si veda fra le tante: Sez. 1, sent. n. 39598 del 30.9.2004 dep. 11.10.2004 – rv 230634).
Si rileva, in proposito, che le valutazioni di merito sono insindacabili nel
giudizio di legittimità, quando il metodo di valutazione sia conforme ai principi
giurisprudenziali e l’argomentare scevro da vizi logici, come nel caso di
specie (Sez. U, Sentenza n. 24 del 24/11/1999 Ud. – dep. 16/12/1999 – Rv.
214794).
Pertanto, uniformandosi ai principi di diritto di cui sopra – che il Collegio
condivide – va dichiarata inammissibile l’impugnazione.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché —
rawisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità — al pagamento a favore della Cassa delle ammende della
somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti. L’imputato deve essere, altresì, condannato alla rifusione delle spese
sostenute per questo grado dalla P.C. Lamorgese Nicola liquidate in Euro
3.500,00 oltre spese generali, IVA e CPA.

P.Q.M.

9

4

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende,
nonché alla rifusione delle spese sostenute per questo grado dalla P.C.
Lamorgese Nicola liquidate in Euro 3.500,00 oltre spese generali, IVA e CPA.

Il Consigliere estensore
Dottor Adriano lasillo

Il Presidente
Dottor Ciro

D

Così deliberato in Roma, 1’08105/2014.

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