Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33685 del 08/05/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 33685 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: IASILLO ADRIANO

SENTENZA
Sul ricorso proposto dall’Avvocato Elisabetta d’Errico, quale difensore di
Forni Donatella (n. il 22.01.1952), avverso la sentenza della Corte d’appello
di Bologna, Il Sezione penale, in data 30/01/2013.
Sentita la relazione della causa fatta, in pubblica udienza, dal Consigliere
Adriano lasillo.
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, dottor Carmine
Stabile, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Udito l’Avvocato Gianluca Betti — quale sostituto processuale dell’Avvocato
Giovanni Zauli, difensore di fiducia della Parte Civile D & K Distribution s.p.a.

Data Udienza: 08/05/2014

— che ha concluso associandosi alla richiesta del P.G.; deposita nota spese e
conclusioni alle quali si riporta.
OSSERVA:
Con sentenza del 07.04.2010, il Tribunale di Forlì — Sezione distaccata
di Cesena – dichiarò Forni Donatella responsabile dei reati di commercio di

prodotti con segni falsi e ricettazione e — concesse le attenuanti generiche e
ritenuta la continuazione – la condannò alla pena di anni 1 di reclusione ed €
600,00 di multa.
Avverso tale pronunzia l’imputata propose gravame ma la Corte
d’appello di Bologna, con sentenza del 30.01.2013, confermò la decisione di
primo grado.
Ricorre per Cassazione il difensore dell’imputata deducendo
l’inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 6 del decreto legge n. 74 del
06.06.2012 (convertito in legge 01.08.2012 n. 122) che prevede la
sospensione di tutti i termini processuali sino al 31.12.2012 in relazione al
sisma che ha colpito il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara,
Reggio Emilia e Rovigo. Il difensore della ricorrente rileva che nonostante
l’udienza sia stata tenuta il 30.01.2013 le notifiche sono state effettuate tutte
nel periodo in cui operava la predetta sospensione. Deduce, poi, la
mancanza di motivazione in ordine alla denunciata carenza di interesse della
P.C. perché la società che si è costituita in giudizio ha acquisito la proprietà
del ramo di azienda che produceva gli oggetti falsificati solo dopo la
commissione del reato. Deduce, inoltre, la manifesta illogicità della
motivazione in ordine alla ritenuta contraffazione del marchio. La difesa della
ricorrente rileva che non sussiste il reato di cui all’art. 474 in quanto all’epoca
in cui è stato commesso il reato il marchio non era stato ancora registrato
essendo stata all’epoca solo presentata la domanda di registrazione. Inoltre
rileva che il marchio contraffatto consiste in una bandiera e che per l’art. 10
del D.Igs. 30/2005 (Codice di proprietà industriale) in tali casi esclude la
possibilità di ravvisare una contraffazione. Sul punto la Corte di appello non
ha fornito alcuna risposta. La difesa della ricorrente deduce che non può
ravvisarsi il reato di ricettazione avendo l’imputata dimostrato di aver
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regolarmente acquistato con fatture i prodotti che si ritengono contraffatti;
anche sul punto denunzia l’assenza di motivazione. Si duole infine della
manifesta illogicità della motivazione in ordine alla lamentata eccessività
della pena irrogata.
Il difensore della ricorrente conclude, quindi, per l’annullamento

motivi della decisione

E’ infondata la doglianza relativa alla denunciata violazione di quanto
previsto dal decreto legge n. 74 del 06.06.2012 in ordine alla sospensione
dei termini processuali per le parti o i difensori residenti nei comuni colpiti dal
sisma del 20 e 29 maggio 2012 (Bologna, Modena, Ferrara, Mantova,
Reggio Emilia e Rovigo). Infatti, per quanto riguarda i processi penali il
suddetto decreto legge prevede che siano sospesi i termini previsti dal
codice di procedura penale a pena di inammissibilità o decadenza per lo
svolgimento di attività difensiva e per la proposizione di reclami o
impugnazioni. Nessuna di tali condizioni si è verificata nel caso di specie.
Infatti, nel predetto periodo è stata effettuata unicamente la notifica della
fissazione dell’udienza, udienza che si è svolta, invece, 30 giorni dopo la
scadenza del periodo di sospensione dei termini processuali per le parti o i
difensori residenti nei comuni colpiti dal sisma. Si deve, infine, rilevare che
nessuna doglianza sul punto è stata proposta dal difensore dell’imputata che
ha regolarmente partecipato all’udienza e ha svolto appieno il mandato
difensivo; né, d’altronde, nel ricorso è stata evidenziata alcuna lesione del
diritto di difesa.
Il resto del ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 606, comma 1,
cod. proc. pen., perché propone censure attinenti al merito della decisione
impugnata, congruamente giustificata.
Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione
non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la
migliore possibile ricostruzione dei fatti né deve condividerne la
giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia
compatibile con il senso comune e con “i limiti di una plausibile opinabilità di
apprezzamento”, secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Cass.

P

dell’impugnata sentenza.

Sez. 4′ sent. n. 47891 del 28.09.2004 dep. 10.12.2004 rv 230568; Cass.
Sez. 5A sent. n. 1004 del 30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745; Cass., Sez.
2A sent. n. 2436 del 21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).
Inoltre il resto del ricorso è inammissibile anche per violazione dell’ad.
591 lettera c) in relazione all’ad. 581 lettera c) cod. proc. pen., perché le
doglianze (sono le stesse affrontate dalla Corte di appello) sono prive del

valutazioni, ancorate a precisi dati fattuali trascurati nell’atto di impugnazione,
si palesano peraltro immuni da vizi logici o giuridici. Infatti la Corte di merito
ha — dopo un corretto richiamo per relationem alla sentenza di primo grado con esaustiva, logica e non contraddittoria motivazione, evidenziato tutte le
ragioni per le quali ritiene: sussistente l’interesse a costituirsi in giudizio della
P.C. D & K Distribution s.p.a. (si vedano le pagine 11 e 12 dell’impugnata
sentenza); sussistente la contraffazione del marchio (si vedano le pagine 12
e 13 dell’impugnata sentenza); valido il ragionamento seguito per quanto
riguarda la registrazione del marchio (si veda pagina 13 dell’impugnata
sentenza, ove viene richiamato anche condiviso principio di questa Corte sul
punto); oggetto di contraffazione anche il marchio di cui ci occupiamo pur
essendo in esso inserita una bandiera (si vedano oltre le pagine 12 e 13
anche la pagina 14 dell’impugnata sentenza); sussistente il reato di
ricettazione (si vedano, tra l’altro, le pagine 14 e 15 dell’impugnata
sentenza); congrua la pena irrogata in primo grado (si vedano le pagine 15 e
16 dell’impugnata sentenza).
Appare quindi evidente che tutte le critiche della ricorrente finiscono per
porsi come valutazioni di merito e, come tali, non esaminabili in questa sede.
Questa Corte ha, infatti, più volte affermato, anche a Sezioni Unite, che
l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un
orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Code di
Cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a
riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della
decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle
argomentazioni di cui il Giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo
convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula,
infatti, dai poteri della Corte di Cassazione quello di una “rilettura” degli

necessario contenuto di critica specifica al provvedimento impugnato, le cui

elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in
via esclusiva, riservata al Giudice di merito, senza che possa integrare il vizio
di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più
adeguata, valutazione delle risultanze processuali”. (Sez. U, Sentenza n.
2110 del 23/11/1995 Ud. – dep. 23/02/1996 – Rv. 203767; Sez. U, Sentenza
n. 16 del 19/06/1996 Cc. – dep. 22/10/1996 Rv. 205621; Sez. U, Sentenza n.
6402 del 30/04/1997 Ud. – dep. 02/07/1997 – Rv. 207945; Sez. 1, Sentenza

n. 2884 del 20/01/2000 Ud. – dep. 09/03/2000 – Rv. 215504; Sez. 1,
Sentenza n. 8738 del 23/01/2003 Ud. – dep. 21/02/2003 – Rv. 223572).
A ciò si aggiunga che l’imputata contrappone, come già rilevato, solo
generiche contestazioni in fatto, che non tengono conto delle argomentazioni
della Corte di appello. In particolare non evidenzia alcuna illogicità o
contraddizione nella motivazione della Corte territoriale allorchè conferma la
decisione del Tribunale. In proposito questa Corte Suprema ha più volte
affermato il principio, condiviso dal Collegio, che sono inammissibili i motivi di
ricorso per Cassazione quando manchi l’indicazione della correlazione tra le
ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’atto di impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del
provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità, che
conduce, ex art. 591, comma primo, lett. c), cod. proc. pen. all’inammissibilità
del ricorso (Si veda fra le tante: Sez. 1, sent. n. 39598 del 30.9.2004 dep. 11.10.2004 – rv 230634). Inoltre, si deve osservare che l’illogicità della
motivazione, come vizio denunciabile, deve essere percepibile ictu oculi,
dovendo il sindacato di legittimità essere limitato a rilievi di macroscopica
evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze (che, tra l’altro, nel
caso di specie non si ravvisano). Si deve, infine, osservare che il principio
dell’oltre il ragionevole dubbio, introdotto nell’art. 533 cod. proc. pen. dalla
legge n. 46 del 2006, non ha mutato la natura del sindacato della Corte di
cassazione sulla motivazione della sentenza e non può, quindi, essere
utilizzato per valorizzare e rendere decisiva la duplicità di ricostruzioni
alternative del medesimo fatto, eventualmente emerse in sede di merito e
segnalate dalla difesa, una volta che tale duplicità sia stata oggetto — come
nel caso di specie – di attenta disamina da parte del giudice dell’appello (Sez.
5, Sentenza n. 10411 del 28101/2013 Ud. – dep. 06/03/2013 – Rv. 254579).

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Pertanto il ricorso deve essere rigettato.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
rigetta il ricorso, l’imputata che lo ha proposto deve essere condannata al
pagamento delle spese del procedimento e alla rifusione di quelle sostenute
per questo grado dalla Parte Civile D & K Distribution s.p.a. liquidate in Euro

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e alla rifusione di quelle sostenute per questo grado dalla Parte
Civile D & K Distribution s.p.a. liquidate in Euro 3.000,00 oltre spese generali
IVA e CPA.

Così deliberato in Roma, 1’08/0512014.

3.000,00 oltre spese generali IVA e CPA.

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