Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33683 del 08/05/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 33683 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: IASILLO ADRIANO

SENTENZA
Sul ricorso proposto dall’Avvocato Aldo Perla, quale difensore di Truzzi
Roberto (n. il 23.10.1960), avverso la sentenza della Corte di Appello di
Bologna — I Sezione penale – in data 14/02/2013.
Sentita la relazione della causa fatta, in pubblica udienza, dal Consigliere
Adriano lasillo.
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, dottor Carmine
Stabile, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Udito l’Avvocato Aldo Perla, difensore di Truzzi Roberto, il quale ha concluso
chiedendo l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 08/05/2014

OSSERVA:
Con sentenza del 01.10.2003, il Tribunale di Parma — Sezione
distaccata di Fidenza – dichiarò Truzzi Roberto responsabile dei reati di
ricettazione (ricettazione di assegni di illecita provenienza; capo A), di
sostituzione di persona (capo B), di falso (capo C) e di truffa aggravata (capo
mesi 2 di reclusione ed € 600,00 di multa.
Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame. La Corte d’appello
di Bologna, con sentenza dell’11/12/2012, in riforma dell’impugnata sentenza
dichiarò estinti, per intervenuta prescrizione, i reati sub B, CeDe per
l’effetto rideterminò la pena in quella di anni 2 di reclusione ed Euro 520,00 di
multa. Confermò, nel resto, la decisione di primo grado.
Ricorre per cassazione l’imputato deducendo la mancanza e illogicità
della motivazione in ordine al diniego dell’attenuante di cui al secondo
comma dell’art. 648 del cod. penale.
Il difensore del ricorrente conclude, quindi, per l’annullamento
dell’impugnata sentenza.

motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.
Infatti, la decisione della Corte di appello di non riconoscere la
sussistenza dell’attenuante di cui al secondo comma dell’articolo 648 del c.p.
è incensurabile. Invero, la Corte territoriale effettua, nel merito, una corretta
valutazione di tutti gli elementi integrativi del fatto reato ed esclude che
sussistano i connotati di marginalità, occasionalità e modestia tipici
dell’attenuante di cui all’articolo 648, Il comma, del cod. penale. La decisione
della Corte di appello è, d’altronde, conforme ai principi più volte affermati,
sul punto, da questa Corte di Cassazione e lo stesso Giudice di merito cita in
proposito il principio di questa Corte a Sezioni Unite secondo il quale in tema
di delitto di ricettazione, ai fini della sussistenza della circostanza attenuante
del danno patrimoniale di speciale tenuità, non rileva solo il valore economico
della cosa ricettata, ma anche il complesso dei danni patrimoniali

D) e — ritenuta la continuazione tra i reati – lo condannò alla pena di anni 2 e

oggettivamente cagionati alla persona offesa dal reato come conseguenza
diretta del fatto illecito e perciò ad esso riconducibili, la cui consistenza va
apprezzata in termini oggettivi e nella globalità degli effetti (fattispecie nella
quale la Corte ha escluso la ricorrenza dell’attenuante in parola nella
ricettazione di un blocchetto di assegni di conto corrente bancario,
successivamente riempiti per un ammontare complessivo di circa quattro
milioni di lire; nel nostro caso l’imputato ha riempito due assegni per un
ammontare complessivo di £ 10.300.000; Sez. U, Sentenza n. 35535 del
12/07/2007 Ud. – dep. 26/09/2007 – Rv. 236914).
Inoltre per quanto riguarda l’attenuante di cui al secondo comma
dell’articolo 648 c.p., si deve ricordare che in tema di ricettazione, ai fini della
configurabilità dell’ipotesi attenuata, non rileva esclusivamente il valore della
cosa ricettata (in proposito la Corte di Appello sottolinea, come detto, che
l’importo degli assegni non è trascurabile), ma si deve avere riguardo anche
agli elementi previsti dall’art. 133 cod. pen., ivi compresi, come nel nostro
caso, le modalità del fatto e la ritenuta gravità dello stesso (Sez. 2, Sentenza
n. 3188 del 08/01/2009 Ud. – dep. 22/01/2009 – Rv. 242667). Inoltre, la
“particolare tenuità”, che attenua il delitto di ricettazione, va desunta da una
complessiva valutazione del fatto, il quale, avendo riguardo sia alle modalità
dell’azione, sia alla personalità dell’imputato, sia al valore economico della
“res” ricettata, deve evidenziare una rilevanza criminosa assolutamente
marginale (nella specie di cui alla massima, questa S.C. ha escluso che
fosse possibile riconoscere tali connotazioni alla ricettazione di un assegno di
importo non trascurabile, anche in considerazione dello specifico “modus
operandi” dell’imputato; Sez. 2, Sentenza n. 32832 del 09/05/2007 Ud. – dep.
13/08/2007 – Rv. 237696; si veda anche Sez. 1, Sentenza n. 13600 del
13/03/2012 Ud. – dep. 12/04/2012 – Rv. 252286).
L’imputato, a tutto ciò, contrappone, dunque, solo generiche
contestazioni in fatto, che non tengono conto delle argomentazioni della
Corte di appello. In particolare non evidenzia alcuna illogicità o
contraddizione nella motivazione della Corte territoriale allorchè conferma la
decisione del Tribunale. In proposito questa Corte Suprema ha più volte
affermato il principio, condiviso dal Collegio, che sono inammissibili i motivi di
ricorso per Cassazione quando manchi l’indicazione della correlazione tra le

Ì

ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’atto di impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del
provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità, che
conduce, ex art. 591, comma primo, lett. c), cod. proc. pen. all’inammissibilità
del ricorso (Si veda fra le tante: Sez. 1, sent. n. 39598 del 30.9.2004 dep. 11.10.2004 – rv 230634). Infine, si deve osservare che l’illogicità della
dovendo il sindacato di legittimità essere limitato a rilievi di macroscopica
evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze (che, tra l’altro, nel
caso di specie non si ravvisano).
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché —
ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità — al pagamento a favore della Cassa delle ammende della
somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.

Così deliberato in Roma, 1’08/05/2014.

o

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Dottor Adriano lasillo

ottor Cir. g

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motivazione, come vizio denunciabile, deve essere percepibile ictu oculi,

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