Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33679 del 06/05/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 33679 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA

sutricorsi.proposti da:
SIGNORETTA DOMENICO N. IL 14/11/1953
PROIETTI NECCI MASSIMO N. IL 30/01/1968
avverso la sentenza n. 4011/2012 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 18/09/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. S•24.4.,Q, …g •
che ha concluso per iAA u.
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Data Udienza: 06/05/2014

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Bologna ha
confermato – quanto all’affermazione di responsabilità – la sentenza emessa
in data 29 febbraio 2012 dal GUP del Tribunale della stessa città (che aveva
dichiarato DOMENICO SIGNORETTA colpevole dei reati di cui ai capi
A.B.C.D.E.F.G., unificati dal vincolo della continuazione, e MASSIMO PROIETTI
NECCI colpevole dei reati di cui ai capi A.C.D.E., unificati dal vincolo della
continuazione: i capi di imputazione sono dettagliatamente riportati in atti); la

PROIETTI NECCI la diminuente di cui all’art. 116 c.p. in riferimento al reato di
cui al capo A, confermando la valutazione di equivalenza delle circostanze
concorrenti, ma riducendo ugualmente, nel complesso, la pena.
Contro tale provvedimento, gli imputati (entrambi personalmente) hanno
proposto distinti ricorsi per cassazione, deducendo i seguenti motivi, enunciati
nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art.
173, comma 1, disp. att. c.p.p.:
(ricorso SIGNORETTA)

I – inosservanza dell’art. 628, comma 2, c.p. nonché mancanza,
contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione (lamentando la
mancata consumazione della contestata rapina impropria, asseritamente
rimasta allo stadio del mero tentativo);

Il – inosservanza degli artt. 15 e 648-bis c.p., nonché mancanza,
contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione (lamentando il
mancato assorbimento dei reati più gravi contestati sub B. nel più grave reato
di riciclaggio, e comunque la propria estraneità alle ritenute falsificazioni);
(ricorso Proietti Necci):
I – ripropone il primo motivo del ricorso SIGNORETTA;
II – inosservanza degli artt. 61 n. 2 – 69 – 116 c.p., e 597 c.p.p., nonché
mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione
(lamentando la mancata riduzione della pena per il capo A. come effetto del
riconoscimento della diminuente di cui all’art. 116 c.p., e l’incompatibilità tra
la fattispecie di cui all’art. 116 c.p. e la circostanza aggravante di cui all’art.
116 c.p.).

Corte di appello ha ridotto la pena irrogata al SIGNORETTA e riconosciuto al

All’odierna udienza pubblica, è stata verificata la regolarità degli avvisi di
rito; all’esito, la parte presente ha concluso come da epigrafe, e questa Corte
Suprema, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti,
pubblicato mediante lettura in pubblica udienza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Questa Corte Suprema na già chiarito cne è inammissibile, per difetto di
specificità, il ricorso presentato prospettando vizi di motivazione del
provvedimento impugnato, i cui motivi siano enunciati in forma perplessa o
alternativa (Sez. VI, sentenza n. 32227 del 16 luglio 2010, CED Cass. n.
248037: nella fattispecie il ricorrente aveva lamentato la “mancanza e/o
insufficienza e/o illogicità della motivazione” in ordine alla sussistenza dei gravi
indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari posti a fondamento di
un’ordinanza applicativa di misura cautelare personale; Sez. VI, sentenza n.
800 del 6 dicembre 2011 – 12 gennaio 2012, Bidognetti ed altri, CED Cass. n.
251528).
Invero, l’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p. stabilisce che i provvedimenti
sono ricorribili per «mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della
motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato
ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di
gravame».
La disposizione, se letta in combinazione con l’art. 581, comma 1, lett. c),
c.p.p. (a norma del quale è onere del ricorrente

«enunciare i motivi del

ricorso, con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto
che sorreggono ogni richiesta») evidenzia che non può ritenersi consentita
l’enunciazione perplessa ed alternativa dei motivi di ricorso, essendo onere del
ricorrente di specificare con precisione se la deduzione di vizio di motivazione
sia riferita alla mancanza, alla contraddittorietà od alla manifesta illogicità
ovvero a una pluralità di tali vizi, che vanno indicati specificamente in relazione
alle varie parti della motivazione censurata.

Il principio è stato più recentemente accolto anche da questa sezione, a
parere della quale «È inammissibile, per difetto di specificità, il ricorso nel
quale siano prospettati vizi di motivazione del provvedimento impugnato, i cui
motivi siano enunciati in forma perplessa o alternativa, essendo onere del
ricorrente specificare con precisione se le censure siano riferite alla mancanza,

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I ricorsi sono, nel loro complesso, infondati, e vanno, pertanto, rigettati.

alla contraddittorietà od alla manifesta illogicità ovvero a più di uno tra tali vizi,
che vanno indicati specificamente in relazione alle parti della motivazione
oggetto di gravame>> (Sez. II, sentenza n. 31811 dell’8 maggio 2012, CED
Cass. n. 254329).

1.1. Per tali ragioni le reiterate censure alternative ed indifferenziate dei
ricorrenti di mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione
risultano prive della necessaria specificità, il che rende in parte qua ciascun

2. Il primo motivo dei ricorsi è comunque generico perché meramente
reiterativo del corrispondente motivo di appello e manifestamente infondato.
La Corte di appello, con rilievi esaurienti, logici, non contraddittori, e
pertanto incensurabili in questa sede, con i quali i ricorrenti non si confrontano
con la necessaria specificità, limitandosi a reiterare più o meno
pedissequamente censure già costituenti oggetto di appello, e già
motivatamente ritenute infondate, ha compiutamente ricostruito le vicende de

quibus ed indicato gli elementi posti a fondamento dell’affermazione di
responsabilità, valorizzando, in particolare, in accordo con la sentenza di primo
grado, come è fisiologico in presenza di una doppia conforme affermazione di
responsabilità (f. 6), l’intervenuto impossessamento della refurtiva.
A tali rilievi, i ricorrenti non hanno opposto alcun elemento decisivo di segno
contrario, se non generiche ed improponibili doglianze, fondate su una
personale e congetturale rivisitazione dei fatti di causa, senza documentare
eventuali travisamenti nei modi di rito.

3. Il secondo motivo del ricorso SIGNORETTA è in parte infondato, in
parte non consentito.
Le contestazioni mosse all’imputato e ritenute conclusivamente fondate
dalla Corte di appello identificano il reato presupposto del riciclaggio nel furto
dell’autovettura de qua (f. 6 s.): allo scopo di impedire la successiva
identificazione dell’illecita provenienza della predetta autovettura, fu
necessaria la falsificazione dei documenti di circolazione e delle targhe.
L’ulteriore doglianza non è consentita perché – come agevolmente
verificabile ex actis – non aveva costituito in precedenza oggetto di uno
specifico motivo di appello (cfr. atto di appello, secondo motivo).

4. Il secondo motivo del ricorso PROIETTI NECCI è in parte infondato, in
parte non consentito.

3

ricorso inammissibile.

4.1. Questa Corte Suprema (Sez. un., sentenza n. 33752 del 18 aprile
2013, CED Cass. n. 255660) ha già chiarito che il giudice di appello, dopo
aver escluso una circostanza aggravante o riconosciuto un’ulteriore
circostanza attenuante in accoglimento dei motivi proposti dall’imputato, può,
senza incorrere nel divieto di “reformatio in peius”, confermare la pena
applicata in primo grado, ribadendo il giudizio di equivalenza tra le
circostanze, purchè questo sia accompagnato – come nel caso di specie – da

4.2. I ‘ulteriore doolian7a (riguardante la dedotta incompatibilità tra

le

circostanze di cui agli artt. 116 c.p. e 61 n. 2 c.p.) non è consentita perché come agevolmente verificabile ex actis – non aveva costituito in precedenza
oggetto di uno specifico motivo di appello.

5. Il rigetto totale dei ricorsi comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la
condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, udienza pubblica 6 maggio 2014

Il Consig ere estensore

adeguata motivazione.

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