Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33676 del 06/05/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 33676 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAFAGNA GIUSEPPE N. IL 04/03/1964
avverso la sentenza n. 1272/2007 CORTE APPELLO di BARI, del
19/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. a7à
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che ha concluso per

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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

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Data Udienza: 06/05/2014

CAFAGNA Guseppe, personalmente ricorre per Cassazione avverso la sentenza 19.11.2012 con la quale la Corte d’Appello di Bari lo ha condannato
alla pena di anni tre, mesi otto di reclusione e 800,00 E di multa per la violazione [testualmente ndr.] degli artt. 110, 648 cp
Il ricorrente chiede l’annullamento della decisione impugnata deducendo:
§1.) ex art. 606 comma lett. b) cpp violazione dell’art. 533 cp, per essere
stata pronunciata con violazione del principio “al di là di ogni ragionevole
dubbio”
§2.) ex art. 606 I^ comma lett. b) cpp, violazione dei criteri di valutazione
della prova dettati dall’art. 192 cpp
§3.) ex art. 606 I^ comma lett. b) cpp, violazione dell’art. 132 cp
§4.) ex art. 606 P, comma lett. b) cpp, violazione dell’art. 62 bis cp
§5.) ex art. 606 i^ comma let. e) cpp, vizio di motivazione.
In particolare il ricorrente: a) lamenta la violazione dell’art. 533 cpp, siccome numerosi sarebbero i dubbi in ordine alla sua penale responsabilità; b)
denuncia il vizio di motivazione perché la sentenza impugnata avrebbe richiamato i contenuti di quella primo grado qualificando i fatti ascritti come
violazione dell’art. 629 cp; c) sostiene che la sua presenza a bordo del veicolo condotto dal coimputato e il suo successivo coinvolgimento nella ricerca della busta contenente il prezzo pagato dalla persona offesa (per la restituzione dell’autovettura che gli era stata sottratta) sarebbe frutto di mera
presunzione; d) qualifica erroneo il giudizio relativo alla finalità attribuita
agli oggetti rinvenuti nell’autovettura del coimputato, trattandosi comunque
di attrezzi che erano nell’esclusiva disponibilità del medesimo; e) sostiene
che l’esito della comparazione tra la sua voce e quella dell’anonimo che
aveva telefonato alla persona offesa non costituisce prova sicura, posto che
la valutazione dell’esperto dei Carabinieri si è tradotto in un giudizio di
mera compatibilità.
Di qui consegue, secondo la prospettazione del ricorrente il vizio di motivazione della decisione impugnata.
Con riferimento alle circostanze generiche e all’entità della pena, il ricorrente sostiene che la decisione assunta dalla corte d’appello è immotivata e che,
contrariamente a quanto asserito i minimi edittali sono stati ampiamente superati
RITENUTO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato per le seguenti ragioni.
Il primo e il secondo motivo (da esaminarsi congiuntamente) vanno ricondotti alla denuncia del vizio di motivazione, attesa che la violazione degli
artt. 533 cpp e 192 cpp, prospettata dal ricorrente esula dalla fattispecie di
cui all’art. 606 C comma lett. b) cpp e non rientra in quella della lettera c)
della medesima disposizione. Infatti, per quanto riguarda il primo aspetto, le

MOTIVI DELLA DECISIONE

Per le suddette ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il
ricorrente va quindi condannato al pagamento delle spese processuali e della
somma di € 1.000,00, così equitativamente determinata la sanzione amministrativa prevista dall’art. 616 cpp, ravvisandosi gli estremi della responsabilità ivi prevista.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 6.5.2014

norme delle quali è denunciata la violazione sono processuali e non di diritto penale sostanziale; mentre con riferimento al secondo aspetto, l’inosservanza delle suddette disposizioni non è sanzionata da inammissibilità, nullità, inutilizzabilità o decadenza.
Le censure di cui al §1.) e §2.) da ricomprendersi nel quinto motivo sono
generiche, sviluppano semplici considerazioni di fatto, non individuano
nella motivazione vizi specifici, desumibili dal testo del provvedimento impugnato o da altri processuali specificatamente indicati.
Le censure inoltre, esulano dal contenuto della motivazione della decisione
impugnata e la doglianza più strettamente riguardante la prova della ricognizione fonica, si traduce in un apprezzamento di merito, come tale non suscettibile di considerazione in sede di legittimità.
Il terzo e il quarto motivo, che possono essere trattati congiuntamente sono
manifestamente infondati. Anche in questo caso il ricorrente non formula
specifiche doglianze che attestino una violazione di norme di legge, ma
formula lamentele generiche in ordine alla negazione delle attenuanti generiche e all’entità della sanzione irrogata. Circa il primo aspetto va osservato
che la Corte d’Appello ha espressamente manifestato le ragioni poste a base
della decisione di non riconoscere le attenuanti di cui all’art. 62 bis; la Corte
territoriale ha richiamato il vissuto dell’imputato e la sua condotta processuale, valutandole in termini negativi con giudizio non irragionevole e non
sindacabile nel merito. Con riferimento all’ entità della sanzione irrogata, la
motivazione della decisione è adeguata avendo la Corte d’Appello indicato i
parametri di riferimento ai quali ha correlato il giudizio ancorandolo alla
natura e la gravità del reato.
Va infine osservato che l’imputato è stato condannato ad una pena che si
attesta verso i limiti minimi previsti dal legislatore, con la conseguenza che
la motivazione sul punto si pone in termini di adeguatezza e di ragionevolezza che consentono di affermare che la decisione supera ogni censura.

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