Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33657 del 04/04/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 33657 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CERVADORO MIRELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SCALONE PIERFRANCESCO N. IL 19/04/1969
avverso la sentenza n. 389/2011 CORTE APPELLO di LECCE, del
28/09/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/04/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MIRELLA CERVADORO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha co eluso per

Udito, per la parte civil
Udit i difensor Avv.

vv

Data Udienza: 04/04/2014

Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, nella persona del dr.
Sante Spinaci, il quale ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato
inammissibile,
Udito il difensore dell’imputato, avv.Luciana Francioso, che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

Con sentenza dell’1.10.10, il Tribunale di Brindisi dichiarò Scalone
Pierfrancesco responsabile dei reati di cui agli artt.56, 629 e 582 c.p, e -unificati i
reati sotto il vincolo della continuazione – lo condannò alla pena di anni tre di
reclusione ed € 300,00 di multa.
Avverso tale pronunzia propose gravame l’imputato, e la Corte d’Appello
di Lecce, con sentenza del 28.9.2012, confermava la decisione di primo grado.
Ricorre per cassazione l’imputato, deducendo l’ errata interpretazione
della legge penale ai sensi dell’art.606 lett.b) e c) c.p.p., in quanto dalle
risultanze processuali non è emerso l’elemento oggettivo del reato di estorsione,
“configuratosi come violenza e/ o minaccia tesi a costringere la vittima a fare od
omettere qualcosa e, conseguentemente, tali da tradursi in un atto di
disposizione patrimoniale con conseguente ingiusto profitto. Alcuna minaccia
e/o violenza si evincerebbe da quanto riferito da tutti i testi”, né vi è alcuna
certezza sull’identificazione dell’autore delle richieste economiche effettuate al
fine di favorire l’aggiudicazione del bene oggetto di vendita all’incanto.
Chiede pertanto l’annullamento della sentenza.

i

Motivi della decisione

L’unico motivo di ricorso è manifestamente infondato, e privo della
specificità, prescritta dall’art. 581, lett. c), in relazione all’art 591 lett. c) c.p.p., a
fronte delle motivazioni svolte dal giudice d’appello, che non risultano viziate

da illogicità manifeste. La motivazione della Corte territoriale, che va
necessariamente integrata con quella, conforme nella ricostruzione dei fatti, di
primo grado, si appalesa completa, priva di vizi logici, del tutto aderente alle
premesse fattuali acquisite in atti, compatibile con il senso comune; ciò in
quanto nell’impugnata sentenza i detti giudici hanno proceduto ad una
coerente ricostruzione dei fatti e ad una corretta valutazione dei dati probatori,
con una motivazione fondata su precisi elementi di giudizio, che si snoda
attraverso un iter argomentativo nel quale sono stati enunciati i fatti probatori
ed esplicitato il processo logico posto a sostegno della valutazione effettuata, e
che non consente a questa Corte di legittimità di procedere ad una diversa
lettura dei dati processuali o ad una diversa interpretazione delle prove. Sulla
base delle risultanze processuali logicamente illustrate, la Corte ha quindi
confermato il giudizio di responsabilità dello Scalone per i reati come allo stesso
contestati, correttamente ritenendo, in conformità alla giurisprudenza di questa
Corte (v.Cass.Sez.II, sent.n.774/ 2007), che integra la condotta del reato di
estorsione la pretesa di una somma di danaro, rivolta ad uno dei partecipanti ad
un’asta giudiziaria da parte di altro concorrente come compenso per
l’astensione dalla partecipazione, in quanto la prospettazione dell’esercizio di
un diritto, nella specie di quello di prendere parte alla gara, siccome finalizzato
al conseguimento di un ingiusto profitto, assume in tale ipotesi connotazioni
minacciose.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi
2

profili di colpa (v.Corte Cost. sent.n.186/ 2000), nella determinazione della
causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende
della somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Così delib ato, il 4.4.2014.

P.Q.M.

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