Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33592 del 28/05/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 33592 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:’
MORARU NICU N. IL 06/08/1980
avverso la sentenza n. 2555/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del
01/07/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO PAOLONI;

Data Udienza: 28/05/2014

R. G. 45700/2013

Con la suindicata sentenza la Corte di Appello di Milano ha confermato la
sentenza del locale Tribunale, che all’esito di giudizio abbreviato ha condannato il
cittadino rumeno Nicu Moraru alla pena di nove mesi di reclusione per i reati, unificati
da continuazione, resistenza, lesioni volontarie a pubblico ufficiale e danneggiamento
aggravato (violenta reazione produttiva di lesioni in danno di un agente di polizia, con
cui veniva a colluttazione per impedirgli di opporsi al danneggiamento del vetro della
camera di sicurezza della Questura di Milano ove si trovava in stato di fermo di polizia).
Contro la sentenza di appello ha proposto ricorso il difensore dell’imputato,
deducendo violazione di legge e difetto di motivazione con riferimento alla mancata e/o
illogica disamina della decisione, nella parte in cui non avrebbe annullato la sentenza di
primo grado, siccome recante una frase tronca (non completata), insuscettibile di far
comprendere il percorso argomentativo della decisione di colpevolezza assunta dal
Tribunale.
Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza della doglianza.
Alla stessa la Corte di Appello ha già dato appagante e definitiva risposta,
evidenziando come il mancato completamento della frase della prima sentenza sulla
scarsa credibilità della versione difensiva dell’imputato (non avrebbe danneggiato il
vetro della finestra della camera di sicurezza, venendo deliberatamente e senza ragione
assalito dai poliziotti) sia soltanto apparente e non incida comunque (trattandosi al più
di un mero refuso grafico) sul chiaro pensiero espresso dal Tribunale a dimostrazione
della implausibilità della versione dei fatti offerta dal ricorrente. Il ricorrente si limita a
riprodurre lo stesso motivo di appello vagliato dalla Corte distrettuale, senza esporre
alcuna concreta critica all’assunto decisorio.
All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che stimasi
equo determinare in misura di euro 1.000 (mille).
P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Roma, 28 maggio 2014

Motivi della decisione

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