Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33586 del 28/05/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 33586 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GLORIA FABIO N. IL 29/12/1975
avverso la sentenza n. 3564/2011 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 20/03/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO PAOLONI;

Data Udienza: 28/05/2014

R. G. 45602/2013

Con la suindicata sentenza la Corte di Appello di Palermo ha confermato la sentenza
del locale Tribunale, che all’esito di giudizio ordinario ha condannato Fabio Gloria alla pena
di un anno e dieci mesi di reclusione per i reati, unificati da continuazione, di concorso in
resistenza plurima, in lesioni volontarie plurime a pubblico ufficiale e ingiuria aggravata
(reazione violenta tenuta nei confronti di agenti di polizia intervenuti per sedare la
“furibonda” lite in atto durante la quale stava aggredendo la moglie, la suocera e altri loro
familiari; reazione manifestatasi nel rivolgere ingiurie e gravi minacce agli operanti e nel
colpirli, spalleggiato dalla sorella, con ingiustificata violenza, sferrando loro calci e pugni,
produttivi di lesioni a ben cinque agenti di polizia).
l’imputato e due vicini di casa).
Contro la sentenza di appello ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, deducendo
violazione di legge e difetto di motivazione con riferimento: 1) alla ritenuta sussistenza del
reato di cui all’art. 337 c.p., difettandone il dolo, avendo l’imputato agito senza l’intento di
opporsi agli agenti di polizia e nello stato d’animo di particolare agitazione suscitato dalla lite
familiare di cui era protagonista; 2) in subordine alla particolare afflittività della sanzione
inflittagli per ingiustificato diniego delle attenuanti generiche e comunque alla mancata
determinazione della pena in misura prossima al minimo edittale per il più grave reato di
resistenza.
Le proposte doglianze, genericamente espresse (replicanti motivi di censura vagliati
adeguatamente nel giudizio di appello), sono connotate da palese infondatezza e da
indeducibilità argomentativa, avuto riguardo all’esauriente e lineare ricostruzione del
contegno dell’imputato in tutte le sue fasi. La Corte territoriale, all’esito di una completa
riconsiderazione di tutte le emergenze processuali, ha con corretti argomenti evidenziato la
pacifica sussistenza della condotta reattiva integrante i reati ascritti al prevenuto, conclamata
dalle concordi indicazioni dei numerosi agenti operanti e oggettivamente riscontrata dai
referti sanitari di struttura pubblica asseveranti le lesioni provocate dagli atti di violenza
dell’imputato. Le censure afferenti al trattamento sanzionatorio contestato dal ricorrente con
i subordinati motivi di impugnazione, sono indeducibili a fronte della insindacabilità in questa
sede delle coerenti valutazioni espresse dalla Corte territoriale in punto di pena, commisurata
alla particolare violenza e aggressività che hanno scandito l’illecita condotta del ricorrente.
La genetica inammissibilità del ricorso per cassazione, impedendo l’instaurarsi di un
valido rapporto impugnatorio, preclude la possibilità di rilevare di ufficio l’estinzione del reato
per prescrizione sopravvenuta alla sentenza di appello (S.U., 22.11.2000 n. 32, De Luca, rv.
217266; S.U., 22.3.2005 n. 23428, Bracale, rv. 231164; Sez. 3, 8.10.2009 n. 42839,
Imperato, rv. 244999). All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che
stimasi equo determinare in misura di euro 1.000 (mille).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Roma, 28 maggio 2014

Motivi della decisione

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