Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33581 del 28/05/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 33581 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MOGHINA TRAIAN N. IL 22/08/1954
avverso la sentenza n. 3523/2011 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
11/07/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO PAOLONI;

Data Udienza: 28/05/2014

R. G. 45471 /2013

Con l’indicata sentenza la Corte di Appello di Venezia ha confermato la sentenza
del Tribunale di Verona, con cui -all’esito di giudizio abbreviato- l’imputato cittadino
rumeno Traian Moghina è stato riconosciuto colpevole del reato di evasione dal regime
cautelare degli arresti domiciliari (allontanatosi dalla abitazione destinata a sede
esecutiva della misura cautelare domestica perché a suo dire cacciato di casa dal
connazionale proprietario della dimora) e per l’effetto è stato condannato, concessegli le
attenuanti generiche, alla pena di cinque mesi e dieci giorni di reclusione.
Con ricorso personale l’imputato impugna per cassazione la sentenza di appello,
deducendo erronea applicazione dell’art. 385 c.p. e illogicità della motivazione. La Corte
di Appello incongruamente non ha tenuto conto della circostanza (avvalorata dallo stesso
proprietario dell’abitazione) per cui egli avrebbe comunicato l’indisponibilità di una
personale dimora ai carabinieri.
Il ricorso è inammissibile per genericità e indeducibilità dei motivi di censura, che
prospettano un rivalutazione meramente fattuale delle fonti di prova non consentita nel
giudizio di legittimità. Per vero la sentenza impugnata non solo ha evidenziato che il
testimone indicato dal ricorrente ha riferito dello spontaneo allontanamento del
prevenuto dalla sua abitazione, ma ha altresì chiarito come l’imputato abbia fatto
trascorrere un consistente ed ingiustificato lasso di tempo prima di avvertire la p.g. della
mancanza di una stabile dimora (“il prevenuto, anziché allertare immediatamente le forze
dell’ordine, è uscito per [sua]autonoma decisione ed ha girovagato, attendendo diverse ore prima di
chiamare i carabinieri”).
All’inammissibilità dell’impugnazione segue per legge la condanna del ricorrente
alla rifusione delle spese processuali e al versamento di una somma alla cassa delle
ammende, che si ritiene conforme a giustizia determinare in euro 1.000,00 (mille).
P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Roma, 28 maggio 2014

Fatto e diritto

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