Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33542 del 28/05/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 33542 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CASCIARO SALVATORE N. IL 22/09/1984
avverso la sentenza n. 962/2013 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del
21/06/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO PAOLONI;

Data Udienza: 28/05/2014

R. G.

44651 / 2013

Con sentenza di primo grado Salvatore Casciaro è stato riconosciuto colpevole del
reato di evasione dalla misura cautelare degli arresti domiciliari (essendosi indebitamente
allontanato dalla comunità terapeutica ove era sottoposto al regime coercitivo
inframurale) e condannato alla pena, interamente condonata, di otto mesi di reclusione.
Giudicando sul gravame del difensore dell’imputato, la Corte di Appello di Bologna con la
sentenza del 21.6.2013 indicata in epigrafe, confermate le emergenze processuali
dimostrative dell’univoca responsabilità del prevenuto per l’ascritto reato, ha riformato la
decisione del Tribunale, dichiarando il non luogo a procedere nei confronti del Casciaro,
ai sensi dell’art. 649 c.p.p., per essere stato già giudicato in grado di appello con altra
sentenza irrevocabile della stessa Corte territoriale, confermativa della condanna emessa
in primo grado (reato commesso nella stessa data del 4.1.2006).
Avverso detta sentenza di appello ha proposto ricorso il difensore dell’imputato,
che ha dedotto erronea applicazione dell’art. 385 co. 3 c.p. (il prevenuto non aveva
intenzione di sottrarsi alla misura cautelare e ai connessi controlli di p.g.), non avendo i
giudici del gravame fatto buon governo delle risultanze processuali.
Il generico ricorso proposto nell’interesse del Casciaro si prospetta, al di là della
assoluta vaghezza delle delineate censure (distoniche e prive di specificità rispetto alla
decisione impugnata), inammissibile in limine per carenza di interesse all’impugnazione
(art. 568 co. 4 c.p.p.), atteso che l’eventuale annullamento della sentenza della Corte
felsinea giammai vanificherebbe la condanna dell’imputato, già cristallizzata dalla
separata definitiva decisione della Corte di Appello, non impugnata per cassazione, che ha
confermato la sua responsabilità per l’accertato episodio di evasione avvenuto il 4.1.2006
(arg. ex Sez. 4, 21.4.2009 n. 25929, P.G. in proc. Spessot, rv. 244228).
La genetica inammissibilità del ricorso per cassazione, impedendo l’instaurarsi di
un valido rapporto impugnatorio, preclude la possibilità di rilevare di ufficio l’estinzione
del reato per prescrizione sopravvenuta alla sentenza di secondo grado (Cass. S.U.,
22.11.2000 11. 32, De Luca, rv. 217266; Cass. S.U., 22.3.2005 n. 23428, Bracale, rv.
231164; Cass. Sez. 3, 8.10.2009 n. 42839, Imperato, rv. 244999).
All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle
spese processuali e al versamento dell’equa somma di euro 1.000 (mille) in favore della
cassa delle ammende.
P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Roma, 28 maggio 2014
Il consiglieri estensore

Fatto e diritto

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